Formazione
Il bene comune come ridargli senso nelletà degli egoismi?
E' lidea più strapazzata del nostro tempo, dominato dal primato del privato. Eppure senza unidea condivisa di bene comune è difficile immaginare qualsiasi modello sociale durevole
di Paolo Manzo
e-esistenti e Sopra-viventi. Sono queste le due categorie in cui Raffaele K. Salinari, presidente di Terre des Hommes International nonché portavoce del Cini – il Coordinamento italiano dei network internazionali – e quindi uno che in fatto di cooperazione sa il fatto suo, ha suddiviso il mondo nel suo ultimo libro, Re-esistenza contro Sopra-vivenza (Edizioni Punto Rosso – Carta, 162 pagine, 8 euro). I Re-esistenti sono i ?buoni?, nati per creare quello che Salinari definisce «l?Evento Unico della liberazione» e per far nascere un sistema-mondo di relazioni che si riconosca nel «rispetto del destino di tutti». I Sopra-viventi sono i ?cattivi?, che perseguono il dominio, creando un sistema nel quale alcune espressioni di vita, letteralmente sopra-vivono sulle altre. Paradossalmente, tuttavia, Salinari si rivolge, per indurlo a una riflessione profonda, a chi è consapevole di essere a cavallo tra queste due concezioni opposte dell?essere, non a chi si crede re-esistente duro e puro. L?intervista muove dalla visione particolare che propone, assai diversa dalla vulgata corrente, del ?bene comune?. Medico-chirurgo 52enne che ha imparato a riflettere grazie alle tante culture indigene che gli hanno ampliato mente e orizzonti, per Salinari «quella della non mercificazione è una visione riduttiva del bene comune che potrebbe reintrodurre con nuove definizioni una visione ideologica, tardo-socialista». Una cosa negativa e da evitare insomma, ma che detta da uno che scrive su il manifesto e pubblica per Punto Rosso, dovrebbe far riflettere chi fa parte del ?movimento?.
Vita: Scusi, ma allora cos?è il bene comune?
Raffaele K. Salinari: La vera innovazione è che non è il ?bene comune acqua?, ad esempio, che appartiene all?umanità, ma è l?umanità che appartiene al ?bene comune acqua?. Bisogna rovesciare la prospettiva.
Vita: Ma questo rovesciamento ha molti punti di contatto con l?idea che il cristianesimo ha di Dio?
Salinari: E non a caso il mio libro pone al centro della riflessione il tema della spiritualità, parlando della necessità di aver presente la lotta politica per un altro ?mondo possibile?, della consapevolezza che siamo immersi in un principio che tutto attraversa e che noi, come umanità e come natura, siamo accomunati dalla stessa origine, dalla stessa ?scintilla? da cui procede tutto il vivente. Non c?è differenza tra natura fuori e dentro di noi, da cui anche la mia idea del bene comune. Ciò che rende la mia riflessione diversa, non dalle concezioni di base del cristianesimo ma dal cristianesimo istituzionale, è l?istituzionalizzazione di una gerarchia all?interno della Chiesa che pretende di sequestrare la consapevolezza di una medesima appartenenza – di cose, persone e natura – a un unico principio e di verticalizzarla. Lì c?è un punto di radicale differenza.
Vita: Nella sua visione il bene comune può essere oggetto della proprietà di qualcuno?
Salinari: No, né del privato né del pubblico, che deve lasciarne la gestione alla comunità. Si deve andare oltre: il bene è comune nel momento in cui chi vive di esso ne ha la consapevolezza e si auto-organizza affinché esso rimanga tale. Un esempio è dato dalle comunità boliviane, che hanno combattuto sia le multinazionali che la nazionalizzazione del ?bene comune acqua?. Le comunità boliviane sono contro sia il superpotere statuale – ordinatore e gerarchizzante – che quello che io definisco il bioliberismo, che vuole espropriare il bene comune, rendendolo oggetto di compravendita.
Vita: Qual è la soluzione?
Salinari: C?è una terza via da percorrere per un ?altro mondo possibile? ed è quella di fondere in un?unità nuova, una sorta di ?metit-azione?, la spiritualità consapevole dell?appartenenza comune a quello che io chiamo la scintilla vitale – cioè la configurazione energetica che esprime tutto – e all?azione politica conseguente. Non l?una prima dell?altra o viceversa. Se non fondiamo i due piani non riusciamo a sostanziare una via radicalmente diversa rispetto al passato. L?insurrezione è tale se a farla sono umani consapevoli, sennò rischiamo di rifare gli stessi errori di chi ci ha preceduto ma non ha creato nessun mondo nuovo.
Vita: Dove origina la sua riflessione sul bene comune?
Salinari: Dai popoli indigeni che, da sempre, coltivano un?idea di bene comune come quella che ho cercato di tradurre in una definizione. Se guardiamo la vita e la spiritualità di quei popoli troviamo questa concezione dell?umanità che appartiene al bene comune, indisponibile sia al privato sia al pubblico. Le comunità indigene ci dicono: non è l?umanità che è in grado o dev?essere messa in grado di interloquire col bene comune ma dev?essere il nostro spirito e la nostra spiritualità a condurci a un uso, anzi a un?interlocuzione corretta, col bene comune. Che ci parla e noi parliamo con lui, perché siamo la stessa cosa. La mia definizione origina da dieci anni d?Africa, un anno d?America latina tra gli ex tagliatori di teste del Rio Negro e dal Nepal, dove ho interloquito con alcuni maestri spirituali.
Vita: E dove oggi queste ?visioni del mondo? stanno diventando pratica politica. Quindi il suo non è solo un discorso teorico e filosofico…
Salinari: Certo, perché oggi queste sono le pratiche politiche che stanno sconvolgendo positivamente Asia, Africa e America latina: se pensiamo alle lotte di resistenza in Asia contro le grandi dighe o alle battaglie per l?acqua dei contadini di El Alto in Bolivia, percepiamo che questi continenti stanno promuovendo un nuovo modello di globalizzazione perché trovano le loro radici politiche in questo rapporto con la propria spiritualità e con la concezione del bene comune che le ho spiegato. è da lì che noi occidentali dobbiamo ripartire, traendone la giusta ispirazione, altrimenti avremo sempre una visione eurocentrica, nordcentrica, e cercheremo d?insegnare agli altri quello che già sanno.
Vita: Il ?movimento? è intervenuto a livello politico più per proporre stili di vita che una riflessione sulla ragione vera della vita. Il suo libro potrebbe dargli nuova linfa, se questo sarà capace di coglierla?
Salinari: Per costruire l??altro mondo possibile? abbiamo bisogno di una nuova visione assolutamente ancorata a una riflessione sul senso ultimo dell?esistenza e della politica. La domanda di fondo è: «Perché faccio politica? A cosa mi serve?». Penso che una risposta fondamentale sia: «Faccio politica perché voglio che la vita nel suo complesso vada avanti, continui il suo corso». Io ?umanità? sono solo una delle oggettivazioni possibili della vita, e mi rendo conto che la nozione di bene comune di cui sopra mi mette in interlocuzione con la parte che sto bistrattando, ossia la natura, ma anche con una parte di me che ho abbandonato e, quindi, mi permette di far chiarezza sul senso della vita, su quello a cui servo io e a cui serve la mia politica. O noi ancoriamo il nostro agire, i nostri stili di vita, all?interno di una concezione completa, che implica anche la parte spirituale e del senso ultimo a cui questo agire nuovo si rifà, o rimaniamo a metà del percorso. E se ciò accade facciamo il gioco di chi vuole cambiare tutto perché niente cambi. Per questo mettere nell?agenda politica dei movimenti una riflessione ultima sul senso della vita e della politica, vuol dire innestare nel vero senso della parola un processo insurrezionale, che parte cioè dal basso, dalle ragioni, per arrivare in alto a riconfigurare un nuovo modello non di sviluppo, ma di civilizzazione.
Vita: La cito: «Una meditazione di massa sulle ragioni ultime della vita e quindi della politica, sarebbe una pratica di liberazione incontrollabile». In pratica?
Salinari: In pratica non credo possa esistere una politica nuova con mezzi vecchi, perché se utilizzeremo vecchi mezzi arriveremo a vecchi fini: abbiamo bisogno d?innovare la nostra pratica politica esattamente come la nostra visione del mondo.
Vita: Nel libro lei parla del «livello di raffinatezza raggiunto dai viventi nella loro lotta di liberazione». Più che dei Sopra-viventi, il discorso sembra voler dare una scossa ai Re-esistenti, in cui possono esser fatti rientrare gran parte del mondo della cooperazione, delle ong e del sociale. A suo avviso quali sono le debolezze e le inadempienze, anche culturali, dei Re-esistenti?
Salinari: La prima riflessione è: nessuno di noi è completamente persona nuova e, quindi, Re-esistente che combina consapevolezza piena e pratica politica innovativa. Ognuno di noi, soprattutto in Occidente, è Sopra-vivente più che Re-esistente: siamo ancora parte costitutiva del sistema che vogliamo abbattere, e lo siamo tanto più quanto meno abbiamo la consapevolezza di farne parte. Non è sufficiente una pratica politica alternativa o innovativa, non è sufficiente far cooperazione allo sviluppo se non si pone al centro della riflessione il senso dell?agire, se non si ricerca un ricongiungimento tra la spiritualità e l?anima del mondo. Persone vecchie, con antiche mentalità, rancori, divisioni, sentimenti, ancorate a ideologie novecentesche, dirigiste o che si ritengono avanguardia di un processo, sono totalmente fuori posto in una visione per un ?altro mondo possibile?. Noi siamo ancora molto Sopra-viventi, ma non ce ne accorgiamo perché crediamo, ritenendoci avanguardia, di essere coloro i quali stanno cambiando il mondo. In realtà il vero cambiamento del pianeta viene da Sud. Il libro è una presa d?atto che noi apparteniamo ancora in gran parte a quel tipo di umanità che crediamo di contestare: la consapevolezza di questa nostra appartenenza, teoricamente, dovrebbe portare a una serie di riflessioni molto più approfondite, anche sul ruolo del movimento sociale europeo, delle ong, dei processi di sviluppo. E dovrebbe portare a una pratica che io chiamo della ?restituzione?, cioè vedere la cooperazione come restituzione di sovranità ai popoli del Sud, restituzione del debito, dei loro processi endogeni senza continuare ad andare a dire ?quello che si deve fare? in un mondo visto da Nord.
Vita: Quindi la sua è una ?sveglia? ai Re-esistenti nostrani, affinché assumano consapevolezza del fatto che sono dei Sopra-viventi?
Salinari: Esattamente.
chi è Salinari
Nato a Zurigo nel 1954, laureato a Milano in medicina e chirurgia, Raffaele Salinari si è poi specializzato in chirurgia di urgenza e pronto soccorso ed ostetricia e ginecologia. Assistente presso l?ospedale Maggiore di Bologna, ha lavorato per oltre 25 anni nel sistema delle Nazioni Unite e in diverse organizzazioni umanitarie in Africa, Asia e America latina. Autore di molti saggi sulle tematiche dello sviluppo, è docente di Diritto della cooperazione nelle università di Bologna, Parma e Urbino. Presidente della Federazione internazionale Terre des Hommes, Salinari è membro del Consiglio internazionale del Forum sociale mondiale.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.