Salute

Il baby hospice è pronto,ma per 3 anni resta chiuso Dall’inaugurazione sono passati 236 giorni. Ma ora qualche spiraglio si apre.La reponsabile: «Entro due mesi cominceremo a lavorare » di Sara De Carli

Il caso L'incredibile vicenda del primo centro pediatrico in Italia

di Redazione

Per avere la promessa che l’hospice pediatrico di Padova aprirà le porte, ci sono voluti 236 giorni. La follia è che il conteggio è partito il giorno dell’inaugurazione ufficiale dell’hospice stesso, avvenuta il 19 settembre 2007. E che la Casa dei bambini è pronta fin dal 2005, inclusi i macchinari per garantire la terapia intensiva ai cinque bambini potenzialmente ospiti del primo e unico hospice pediatrico di tutta Italia. «L’8 maggio l’azienda ospedaliera ha promesso che l’hospice aprirà entro un mese, al massimo due», dice con sollievo Franca Benini, responsabile del Servizio di cure palliative nel bambino a Padova.
Il ritardo con cui aprirà questo centro di avanguardia è dovuto ufficialmente alla carenza di infermieri da destinarvi («ne servono sei in tutto», chiarisce la Benini, «ora ci hanno garantito che arriveranno»), anche se all’origine c’è un problema culturale «per cui la gestione del bambino inguaribile non è una priorità né dei medici né dell’organizzazione sanitaria. La gestione di questi bambini è estremamente complessa, ma l’esperienza della rete regionale funziona, qui in Veneto lo stiamo dimostrando: la soluzione migliore per il bambino è stare a casa sua, non in un reparto di terapia intensiva come spesso accade. Se c’è una rete di sostegno è possibile farlo, e costa anche meno: 250 euro contro una cifra due o tre volte superiore per il ricovero in ospedale». Di hospice pediatrici in tutta Italia ne basterebbero una ventina, uno ogni 3 milioni di minorenni (per gli adulti ne servono 0,60 ogni 10mila). Diversi i numeri, ma soprattutto la filosofia: gli hospice pediatrici devono essere una soluzione temporanea.
Il 20 aprile la Conferenza Stato-Regioni ha approvato un documento ad hoc: ogni Regione dovrà attivare una rete di cure palliative pediatriche, destinandovi il 20% delle risorse disponibili per le cure palliative tout court, creando un centro di riferimento con personale specificamente formato e, se necessario, un centro residenziale dedicato. La rete è già prevista dal Progetto Bambino, un protocollo d’intesa sottoscritto nel settembre 2007 fra la Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio onlus e il ministero della Salute, ma esiste solo in Veneto. «È fondamentale aver ribadito che il bambino deve essere accolto in una residenza ad hoc», sottolinea la Benini. «Stava prendendo piede l’altra linea, che metterebbe i bambini negli hospice degli adulti. Un’assurdità, perché abbiamo uno specialista pediatrico per tutto, tranne che per accompagnare un bambino alla morte».

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