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Il 7 luglio la maglietta rossa per chiedere la fine della strage nel Mediterraneo

Da Amnesty International a Cittadinanza Attiva sono decine le associazioni che hanno aderito alla mobilitazione del 7 luglio, ideata da Libera insieme ad Arci, Legambiente e Anpi per chiedere ai governi di portare solidarietà e sicurezza nel Mediterraneo

di Ottavia Spaggiari

Saranno le magliette rosse il simbolo della mobilitazione del 7 luglio per chiedere al governo italiano e agli stati membri di rispettare il diritto internazionale, garantire un sistema di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, riformare il sistema di Dublino e offrire un’alternativa sicura a chi cerca di raggiungere l’Europa via mare. All’iniziativa lanciata da Arci, Legambiente e Anpi, hanno aderito decine di organizzazioni, tra cui Cittadinanza Attiva e Amnesty International.

Dopo la chiusura dei porti alle navi delle Ong e la campagna di ostruzionismo portata avanti dai governi europei, condannata sia dal Consiglio d'Europa che dal Parlamento europeo, nessuna nave umanitaria si trova attualmente nelle acque internazionali al largo della Libia. Un’assenza tragica. Sono almeno 679 le vittime annegate dal 1 di giugno, una cifra che, purtroppo, è da considerare per difetto, poiché comprende solo il numero di perdite che si è riusciti a registrare.
Secondo una stima dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) tra il 1 giugno e il 2 luglio di quest’anno circa una persona su dieci partita dalla Libia ha perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare.

Appena la scorsa settimana, su una spiaggia a est di Tripoli sono stati recuperati i corpi di tre bambini. Indossavano tutine rosse, il colore utilizzato più spesso dai genitori per vestire i propri figli prima di una traversata, per essere meglio riconoscibili tra le onde. Rossa era anche la maglietta del piccolo Aylan Kurdi, il bimbo di tre anni annegato insieme al fratellino Galip, di 5 anni e alla mamma, tre anni fa, mentre la famiglia, in fuga da Kobane, cercava di raggiungere l’isola di Kos. La foto del corpo senza vita di Aylan aveva fatto il giro del mondo, contribuendo a un’enorme mobilitazione collettiva. Migliaia di persone avevano fatto donazioni alle organizzazioni impegnate nell’assistenza ai profughi, decidendo addirittura di partire per la Grecia e impegnarsi in prima persona come volontari. A tre anni di distanza, le persone continuano a morire in mare, ma la narrazione del fenomeno è cambiata completamente.

«Muoiono, questi bambini, mentre l’Europa gioca allo scaricabarile con il problema dell’immigrazione – cioè con la vita di migliaia di persone – e per non affrontarlo in modo politicamente degno arriva a colpevolizzare chi presta soccorsi o chi auspica un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà», spiegano in un comunicato gli organizzatori dell’iniziativa. «Bisogna contrastare questa emorragia di umanità, questo cinismo dilagante alimentato dagli imprenditori della paura. L’Europa moderna non è questa. L’Europa moderna è libertà, uguaglianza, fraternità. Fermiamoci allora un giorno, sabato 7 luglio, e indossiamo tutti una maglietta, un indumento rosso, come quei bambini».

Amnesty International ricorda che «Al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno non è stata concordata nessuna misura decisiva rispetto alle gravissime violazioni dei diritti umani che migranti e rifugiati subiscono in Libia. Non un piano condiviso sugli sbarchi, la riforma del sistema di Dublino, le operazioni di ricerca e soccorso in mare. Contro queste politiche migratorie che espongono bambini, donne e uomini a pericoli mortali e a gravissime violazioni dei loro diritti, recuperiamo il filo rosso della solidarietà per chiedere un sistema di gestione dell’immigrazione equo, efficiente e compassionevole».
Per aderire all’iniziativa si può indossare una maglietta rossa, farsi una foto e pubblicarla sui social con l’hashtag #magliettarossa.

In meno di un mese questa è la terza mobilitazione popolare per chiedere di mettere fine ai respingimenti e ristabilire operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. A giugno decine di manifestazioni erano state organizzate in tutta Italia per chiedere la riapertura dei porti e in centinaia avevano scritto alla Guardia Costiera Italiana per chiedere che continuasse a coprire un ruolo centrale nelle operazioni umanitarie, dopo la nota in cui invitava le Ong a rivolgersi a Tripoli per il supporto nei soccorsi in mare.

Foto: Francesco Malavolta

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