Formazione

Il 60% degli alunni stranieri è nato in Italia

Gli alunni con cittadinanza non italiana sono il 9,2% degli alunni iscritti alle nostre scuole, sarebbero teoricamente 14 per ogni scuola. Il 60% di essi è nato in Italia, percentuale che sale all'85% nella scuola dell’Infanzia. Romania, Albania e Marocco i primi paesi di origine. Il 5% delle classi ha una percentuale di alunni stranieri superiore al 30% indicato dal Miur ma contando solo i nati all’estero le classi che sforano il tetto sono solo lo 0,7%

di Sara De Carli

Sono quasi 815.000 le alunne e gli alunni con cittadinanza non italiana presenti nelle classi, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado: il 60% di essi è nato in Italia, arrivando a un picco dell’85,2% nella scuola dell’Infanzia. Sono stati invece 34.048 gli alunni con cittadinanza non italiana entrati per la prima volta nel sistema scolastico italiano, alunni che oltre alle problematiche di inserimento e integrazione formativa e sociale devono confrontarsi con la problematica della conoscenza della lingua italiana: l’incidenza di questo gruppo di studenti risulta più consistente nella scuola secondaria di II grado, per la forte presenza in questo gruppo di studenti di recente immigrazione e di minori non accompagnati arrivati per lo più via mare e quindi distribuiti nelle aree prossime all’approdo.

Gli alunni con cittadinanza non italiana sono il 9,2% del totale della popolazione scolastica e il Miur li definisce «una presenza ormai strutturale e pressoché stabile»: rispetto al precedente anno scolastico le studentesse e gli studenti sono lo 0,1% in più, dopo un biennio di evidente rallentamento della crescita. Spulciando le tabelle storiche del Miur, dieci anni fa, nell’anno scolastico 2005/2006, gli alunni stranieri erano il 4,8% degli alunni e vent’anni fa, nel 1995/96 erano appena lo 0,6%. Circa un quarto di tutti gli alunni stranieri oggi presenti nel nostro Paese si trova in Lombardia: 203.979, laddove la regione assorbe il 15% degli studenti italiani. Viceversa, nelle scuole della regione Campania sono iscritti appena il 2,7% del totale studenti stranieri, a fronte del 12% di studenti italiani che frequentano le scuole di questa regione. La regione in cui però gli studenti stranieri più incidono nel contesto scolastico locale è l’Emilia Romagna dove quasi il 16% degli studenti non ha la cittadinanza italiana.

Si tratta di italiane e italiani di fatto ma “in attesa”, perché privi di una cittadinanza formale: è in questo momento al Senato una legge – che contiamo di approvare al più presto – che riscrive le regole dell'acquisizione della cittadinanza nel nostro Paese

Valeria Fedeli

Quanto alle nazionalità di origine più rappresentate, sono Romania (157.806 alunni), Albania (111.029) e Marocco (102.179), con in crescita quelle asiatiche, in particolare Cina (45.336) e Filippine (26.533). Un piccolo giro del mondo fra le nazionalità vede 2.471 alunni provenienti dagli Stati Uniti, 537 dalla Repubblica Democratica del Congo, 116 dalla Finlandia, 385 dal Giappone, 49 da Haiti e 2 dal Brunei. Complessivamente si contano tra gli studenti stranieri oltre 200 nazionalità e tuttavia quasi il 70% degli studenti stranieri ha la nazionalità riconducibile a soli 10 Paesi.

È questa la fotografia scattata dall’annuale indagine statistica del Ministero dell’Istruzione, dell’Università a della Ricerca sulla presenza delle alunne e degli alunni stranieri nel nostro sistema scolastico (in allegato, i dati sono relativi all’anno scolastico 2015/2016), pubblicata in occasione della terza edizione del Seminario nazionale ‘Costruttori di Ponti’, svoltosi a Reggio Emilia e Gattatico. «Siamo determinati a fare della scuola e dell’università motori dell’integrazione e dell’accoglienza della diversità», ha dichiarato la Ministra Valeria Fedeli nel saluto inviato al seminario. La ministra ha ricordato l'imminente bando che destina 50 milioni di euro di fondi PON affinché le scuole, anche in orario extrascolastico e di concerto con i territori e con le associazioni, possano potenziare le politiche di integrazione, promuovendo la conoscenza del fenomeno migratorio, sviluppando approcci relazionali e interculturali, creando nuove occasioni di socializzazione, ma anche i bandi precedenti, che lavorano sulle competenze linguistiche e di base delle nuove e dei nuovi italiani e strutturano politiche che combattano la dispersione scolastica.

«Il 60% di queste ragazze e di questi ragazzi è nato nel nostro Paese. Si tratta delle cosiddette seconde generazioni, anche se loro amano giustamente definirsi “nuove generazioni italiane”. E in effetti è esattamente quello che sono: bambine e bambini, ragazze e ragazzi nati in Italia che frequentano le lezioni nelle nostre scuole, che studiano la nostra grammatica e parlano la nostra lingua, spesso con le nostre inflessioni dialettali o regionali, che tifano le nostre squadre di calcio, la cui unica "diversità" è essere figlie e figli di genitori rifugiati nel nostro Paese, di donne e uomini che hanno scelto la migrazione per sfuggire spesso alla guerra, alla fame, alla povertà nei loro paesi di origine. Si tratta di italiane e italiani di fatto ma “in attesa”, perché privi di una cittadinanza formale: è in questo momento al Senato una legge – che contiamo di approvare al più presto – che riscrive le regole dell'acquisizione della cittadinanza nel nostro Paese, riconoscendo quella per nascita sul suolo italiano nel caso in cui almeno uno dei genitori di origine straniera abbia il permesso di soggiorno permanente (ius soli temperato), o al termine di un percorso scolastico (ius culturae)», ha affermato la ministra.

Fra i nodi che il rapporto del Miur evidenzia, ci sono «la consistente presenza, in significativo aumento, dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), di cui solo una minoranza frequenta percorsi di istruzione/formazione»: questi ragazzi solo in parte figurano nelle statistiche del MIUR dato che, in buona parte, una volta arrivati, diventano irreperibili. Un’altra problematica riguarda «la domanda potenziale di istruzione che non si manifesta esplicitamente anche per effetto di previsioni normative sull’iscrizione a scuola, che finiscono con l’ostacolare la frequenza scolastica: è questo il caso dei minori che si ricongiungono alle famiglie e chiedono di frequentare la scuola in corso d’anno, ma non sempre possono essere accolti negli istituti scolastici per via della scadenza dei termini previsti per l’iscrizione, oppure dei giovani quindicenni che non hanno frequentato o concluso la scuola secondaria di I grado e potrebbero fruire della formazione presso i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), ma non possono farlo non avendo ancora raggiunto 16 anni, soglia di età minima prevista per la frequenza dei corsi di I livello dei CPIA».

Crescono le presenze alle scuole superiori
Nel 2015/2016 gli studenti stranieri presenti nella scuola secondaria di II grado si approssimano all’incirca a 188.000: le tendenze di lungo periodo indicano che la presenza di studenti stranieri in questo ordine di scuola è, in percentuale, superiore a quello degli altri gradi d’istruzione. Un buon segno, che dice del progressivo elevarsi della scolarizzazione di questi ragazzi: sono sempre più le ragazze e i ragazzi che scelgono di proseguire gli studi dopo il diploma della secondaria di I grado. L’81,1% delle neodiplomate e dei neodiplomati ha optato per i percorsi di scuola secondaria di II grado, l’8,7% per quelli della formazione professionale regionale. «I dati relativi all‘A.S. 2015/2016 mostrano che gli studenti stranieri hanno desiderio e speranza di proseguire gli studi oltre la secondaria di I grado», commenta il report del Miur. Le iscrizioni alle superiori sono agganciate ai risultati, in modo simile agli studenti italiani: gli studenti stranieri che hanno ricevuto votazioni massime, scelgono in grande maggioranza i licei (il 50,3% tra i promossi con 8 e l’85% e oltre tra i promossi con 10 o 10 e lode), anche se nella fascia delle votazioni alte rimane comunque relativamente più elevata, rispetto agli studenti italiani, la quota di studenti stranieri che si rivolge agli istituti tecnici (37,9% per i licenziati con 8; 23,9% per quelli con 9 e 14,0% tra i promossi con 10).

Bocciature
Un modo per valutare l’integrazione nella scuola degli studenti di origine immigrata è quello di analizzare la regolarità del percorso scolastico, ovvero il ritardo con il quale questi studenti frequentano una determinata classe rispetto a quella che sarebbe teoricamente prevista per la loro età. La situazione è andata migliorando negli anni, e tuttavia il confronto tra studenti italiani e studenti stranieri evidenzia comunque che le distanze rimangono notevoli. A livello nazionale, gli studenti italiani in ritardo nella frequenza scolastica è di circa il 10,5% contro il 32,9% degli studenti stranieri. Nei singoli ordini di scuola, la distanza a sfavore degli studenti stranieri nella percentuale dei ritardi è di 11 punti percentuali nella scuola primaria (1,8% contro 13,2%), di 29 punti percentuali nella secondaria di I grado (6,6% contro 35,4%) e di ben 59 punti percentuali nella secondaria di II grado. Il ritardo degli studenti stranieri è spesso conseguente a inserimenti in classi inferiori a quelle a cui alla luce della loro età dovrebbero accedere, a ciò si aggiungono lungo il percorso i ritardi dovuti a bocciature e ripetenze.

Il tetto del 30%
E veniamo al famoso “tetto” e alle “scuole-ghetto”. Per evitare la “concentrazione” eccessiva di alunni stranieri, un fenomeno che – dice la stessa nota del Miur – «viene giustamente considerato non propizio alla creazione di un ambiente d’insegnamento favorevole a una reale integrazione e all’apprendimento. Gli stessi istituti con alta concentrazione di studenti stranieri rischiano la “ghettizzazione” da parte della popolazione nativa». Nonostante la circolare 2/2010 che stabilisce che il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non possa superare di norma il 30% del totale degli iscritti, qualche problema c’è. Il report del Ministero ammette infatti che «per molte scuole è difficile rimanere nei limiti indicati»: guardando le statistiche, in media ciascuna delle oltre 56 mila sedi scolastiche pubbliche e paritarie (intendendo i punti di erogazione del servizio scolastico) dovrebbe accogliere 14 alunni con cittadinanza non italiana, un numero insignificante. La realtà ovviamente è un’altra: a livello nazionale il 20,1% delle scuole non ha alcun studente straniero, il 59% ha una percentuale di alunni stranieri che arriva al massimo al 15%, ma ci sono scuole 11.769 scuole (il 5,5%) dove la quota di studenti stranieri supera il 30% e 602 scuole dove gli stranieri sono più della metà degli studenti. A livello territoriale, la distribuzione delle scuole con una percentuale di studenti stranieri superiore al 30% vede al primo posto la Lombardia con 789 scuole, corrispondenti al 10,5% delle scuole totali e segue, in valore assoluto, l’ Emilia Romagna con 434 scuole pari però al 12,6% del totale.

Rispetto alla concentrazione di alunni stranieri all’interno delle classi, i dati indicano che complessivamente il 5% delle classi ha una percentuale di alunni stranieri superiore al 30% indicato dalla circolare ministeriale ma la stessa nota spiega che «va comunque tenuto conto che all’interno di questi numeri sono inclusi anche gli studenti con cittadinanza non italiana, nati in Italia. In effetti le classi con oltre il 30% di alunni stranieri nati all’estero si riducono allo 0,7% a livello nazionale». Le classi che raggiungono o superano il limite del 30% sono più frequenti nelle regioni, ormai note, ove è maggiore la presenza degli studenti con cittadinanza non italiana, ovvero in Lombardia e in Emilia Romagna dove, nel complesso, il numero di queste classi si avvicina all’11%. La situazione varia, comunque, col grado d’istruzione. Ritornando alle scuole con oltre il 50% di studenti stranieri in totale, è da notare che circa il 20% sono scuole a gestione non statale: si tratta prevalentemente di scuole dell’infanzia.

Foto OZAN KOSE/AFP/Getty Images

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