Perché siamo in piazza
Il senso del 25 Aprile? È l’impegno a costruire un mondo diverso, in pace
A 80 anni dalla Liberazione, pace è la parola che più ritorna in questo 25 Aprile. «I partigiani lottarono per costruire un mondo migliore», spiega il presidente dell’Arci Walter Massa. Per Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli, «l'impegno per la dignità e l'inclusione è nostra responsabilità ogni giorno»

Ottant’anni di storia e il desiderio di guardare oltre. Oltre le polemiche politiche e oltre il rischio di tradurre in rituale retorico un anniversario importante. Nei giorni del lutto per la morte del Papa, è “pace” la parola che ritorna nelle reti Arci e Acli alla vigilia di questo 25 Aprile. Il motivo più evidente è un numero contenuto nell’edizione 2024 del Global Peace Index: 56 come le guerre nel mondo, mai così tante dalla fine della Seconda guerra mondiale.
L’Arci per continuare a immaginare un mondo migliore
Che cosa ci dice il 25 Aprile oggi, a ottant’anni dalla Liberazione? Per Walter Massa, presidente nazionale dell’Arci, «ha a che fare con le nostre radici e la nostra storia, per ciò che la Resistenza e la Costituzione rappresentano nell’agire quotidiano dell’associazione. Il vero tratto distintivo per l’Arci è che l’antifascismo non è qualcosa da rievocare o celebrare una volta l’anno ma ci contraddistingue nella vita di tutti i giorni». Un messaggio che suona ancora più forte nella campagna che in questi giorni sta attraversando l’Italia: insieme al progetto di arte pubblica femminista e indipendente Cheap, Arci occupa i muri di 40 città con una serie di manifesti che ripercorrono 80 anni di mobilitazioni e resistenze. Immagini d’archivio messe a disposizione da fotografi e non solo (ne abbiamo scritto qui).

«Antifascismo», continua Massa, «è un modo di intendere il mondo per cambiarlo, deve essere utile per la vita delle persone, dalla lotta alla discriminazione all’impegno per il pianeta. I partigiani non lottavano soltanto per scacciare l’invasore, lo si può leggere nei diari dei condannati a morte, ma per costruire un mondo migliore. Un mondo in pace». La controprova, aggiunge, «è nell’articolo 11 della nostra Costituzione: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Questo ottantesimo ricorre in un momento tragico, la morte di Papa Francesco, un pontefice che è stato capace di parlare con forza ai temi che da sempre ci stanno a cuore: la giustizia sociale, l’accoglienza, la pace, la dignità delle persone, la cura dell’ambiente e il contrasto alle disuguaglianze».
Antifascismo è un modo di intendere il mondo per cambiarlo, deve essere utile per la vita delle persone, dalla lotta alla discriminazione all’impegno per il pianeta. I partigiani non lottavano soltanto per scacciare l’invasore, lo si può leggere nei diari dei condannati a morte, ma per costruire un mondo migliore. Un mondo in pace
Walter Massa, presidente Arci
La rete capillare dei circoli ha cucito un fitto programma di iniziative, Notti della Liberazione, che mette al centro la memoria, l’attivismo giovanile e la lotta per i diritti. «I nostri circoli e il nostro mondo in generale sentono il 25 Aprile come una festa che riguarda da vicino le libertà ma anche un altro concetto: l’essere rifugio. Per 364 giorni l’anno siamo luoghi di rifugio per le persone che si sentono discriminate, sole, abbandonate. Per questo ci piace definirla una giornata delle liberazioni: il richiamo storico è in grado di farsi ponte per unire il passato con il futuro».
Sono rimasti pochissimi i testimoni diretti del ‘45. «Nessuno dei partigiani con cui ho avuto modo di parlare e confrontarmi si è mai vantato della lotta militare. Nessuno si è mai definito o sentito un eroe. Tutti ci spronavano a batterci per la pace, sempre, in ogni luogo. L’insegnamento più grande, che ci deve spingere ad andare avanti, è la capacità di immaginare un mondo diverso».
Pace, lavoro e dignità: le tre parole delle Acli
La domanda è la stessa per il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia. «Ottant’anni sono tanti, sì, ma continuano a essere troppo pochi se ci siamo scordati alcune fondamenta della Liberazione». Il riferimento è nitido al tema della pace: «Persone hanno combattuto affinché nessuno dovesse più combattere. La sintesi, bellissima, è racchiusa nella nostra Costituzione».

Anche per Manfredonia il pensiero va a Papa Francesco, al suo ultimo messaggio rivolto ai fedeli nella domenica di Pasqua: “Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui”. «In questa frase è racchiuso molto del nostro vivere civile. Per cosa abbiamo combattuto? Per la libertà di espressione e di pensiero, per l’inclusione e l’uguaglianza».
Ci siamo scordati le fondamenta della Liberazione: persone che hanno combattuto affinché nessuno dovesse più combattere
Emiliano Manfredonia, presidente Acli
A quale parola sarà associato il 25 Aprile delle Acli? «La nostra parola è dignità (Pace, lavoro e dignità è il titolo di un calendario di eventi per celebrare la Liberazione e il Primo Maggio con un’attenzione particolare alla pace, nda). Significa che questa democrazia deve lavorare per includere tutti: i migranti, gli emarginati, gli esclusi. Tutti devono avere un’opportunità, un volto e un nome. I venti di guerra e lo scenario internazionale oggi rallentano il viaggio: per questo è importante fare memoria di quello che è stato e di quello che sarebbe potuto essere. Per fare nostri i principi e i valori, bisogna ricostruirli con responsabilità ogni giorno. Associazioni come la nostra sono qui, pur nelle fatiche quotidiane, a ricordare l’impegno per dare a chiunque possibilità di partecipazione, protagonismo e attivismo sociale».
In apertura, alcuni dei manifesti affissi a Bologna per la campagna dell’Arci con il progetto di arte pubblica femminista e indipendente Cheap. La fotografia è di Giulia Rosco per Cheap
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