Diritt&Salute

Il 20% dei pazienti oncologici, pur idonei, non inviati alle sperimentazioni cliniche

Presentata una survey di Elma, condotta su oncologi e pazienti con tumore al seno e al polmone, secondo cui la distanza dai centri altamente specializzati è tra le ragioni del mancato invio del paziente al trial clinico, nonostante i requisiti idonei al suo reclutamento. Un'opportunità mancata, una diseguaglianza da quantificare e colmare

di Nicla Panciera

Avere accesso ai centri specialistici, godendo delle soluzioni diagnostiche e terapeutiche più adeguate alla propria condizione, e poter essere reclutati in uno studio clinico, potenzialmente ricevendo farmaci innovativi molto costosi, ancora non in commercio perché oggetto della sperimentazione, sono fattori decisivi per la prognosi, in particolare nel caso di malattia oncologica. Tuttavia, molti elementi di varia natura influenzano il godimento di questi che vengono ormai considerati diritti di un paziente. Tra questi vi è anche il luogo di residenza. Infatti, per chi vive in una grande città, dove ci sono ospedali, Ircss e università, con oncologi specializzati, strutture ad alto volume con molte sperimentazioni cliniche in corso, le cose sono più facili. Gli altri sono spesso costretti a spostarsi. Non a torto, tanto che è uno degli obiettivi della Mission on cancer europea, che entro il 2030 il 90% dei pazienti che ne hanno i requisiti abbiano accesso a un comprehensive cancer center, centro oncologico integrato altamente specializzato.

La distanza conta

La distanza dei pazienti dal centro, laddove è in corso una sperimentazione clinica per la quale sarebbero idonei, è un importante ostacolo all’accesso. Lo mostra una survey indipendente e senza sponsor condotta su 208 oncologi e 216 pazienti con tumore al seno e al polmone al terzo e quarto stadio da Elma Research in collaborazione con le associazioni di pazienti Walce, Abrcadabra, EuropaDonna e La Lampada di Aladino. Le due considerate sono tra le patologie oncologiche più frequenti: nel 2022, quello al seno è stato il tumore più diagnosticato, con 55.700 casi, mentre quello al polmone è stato il secondo più frequente negli uomini (15 per cento) e il terzo nelle donne (12 per cento), con 43.900 nuove diagnosi. Il tumore al polmone è invece al primo posto quanto al numero di decessi e il seno è al quinto posto.

I ricercatori hanno composto un indice di accessibilità, sulla base dell’incidenza della malattia, della distanza dal centro e della presenza di trial clinici. Ne è emerso che l’oncologo, solo il 21% dei rispondenti alla survey operava in un Irccs, non invia il 20% dei pazienti pur idonei alla sperimentazione se questa è in corso in una città lontana. La percentuale di non arruolamento è del 16 per cento nelle zone ad alta accessibilità, al 23 per cento in quelle a bassa. Gli oncologi rispondenti alla survey riportano l’impatto economico e organizzativo dello spostamento (il 65%) e la distanza dal centro (36%) come ragione della propria decisione di non inviare il paziente al trial. Evidentemente, la partecipazione a uno studio andrebbe sempre discussa con il paziente, che dovrebbe avere l’opportunità di valutarla tra le possibili opzioni terapeutiche e che, comprensibilmente e compatibilmente con il proprio stato di salute e di disponibilità economica, deciderà il meglio per sé. Nonostante le difficoltà dello spostamento riportate anche nella survey: 32% economiche, 27% organizzative, 24% emotive, 17% per la rinuncia ad altri impegni. Dalla ricerca emerge anche la bassa conoscenza dell’esistenza dei trial clinici da parte dei pazienti (1 su 3), in particolare di chi vive nelle aree a bassa accessibilità.

Perché i trial clinici sono un’opportunità

«Per alcuni pazienti gli studi clinici rappresentano l’unica opzione terapeutica e di possibilità di un miglioramento delle condizioni di salute e della qualità di vita», spiega Luca Mazzarella, direttore del Laboratorio di oncologia traslazionale dell’Istituto europeo di oncologia Ieo di Milano. Le sperimentazioni cliniche sono cambiate nel tempo tanto da essere ormai considerate alla stregua di un diritto del paziente e costituiscono al contempo una fonte di risparmio per il sistema sanitario, trattandosi di potenziali farmaci molto costosi.  «I trial clinici hanno mutato il loro ruolo nella società e nell’assistenza. Un tempo, in oncologia, erano studi con agenti la cui efficacia era difficile da dimostrare, i tassi di risposta erano bassi e i farmaci avevano un costo sostenuto e un tempo di introduzione piuttosto basso. Nel tempo questo è cambiato. Oggi i farmaci sono complessi, le metodologie dei trail sono molto sofisticate, siamo in grado di individuare molecole efficaci e la negoziazione del prezzo ha allungato i tempi. Tutto questo contribuisce a rendere le sperimentazioni un’opportunità di cura che può cambiare la prognosi di pazienti con malattie gravi in campo oncologico. Gli istituti in grado di condurre tali sperimentazioni non sono distribuiti in modo omogeneo e questo crea delle diseguaglianze».

Non dimenticare i trasporti

«Dai dati che emergono da questa indagine, risulta chiaro che per migliorare l’accessibilità agli studi dobbiamo concentrarci sui concetti di “impatto dello spostamento” e “disponibilità di trasporto agevole”, lavorando sulla qualità dei servizi e la loro rispondenza rispetto ai bisogni degli utenti, che in quanto fragili hanno necessità specifiche» ha detto Gabriele Grea, docente di economia e gestione della mobilità urbana e di smart city presso l’Università Bocconi di Milano e presidente di Redmint impresa sociale che si occupa anche di  mobilità sostenibile.

Come favorire l’accesso?

Per favorire l’accesso alle sperimentazioni cliniche al maggior numero di coloro che rispondono ai requisiti di reclutamento e abbattere le attuali disuguaglianze legate alla residenza, andrebbero fornite dettagliate informazioni sui trial in corso agli oncologi che operano sul territorio, e anche i pazienti stessi, e andrebbe posta attenzione agli aspetti logistici come i trasporti verso i centri specialistici e anche la permanenza in caso di cure prolungate, tutti aspetti legati all’importante questione della disomogeneità territoriali tra e all’interno delle Regioni quanto a centri specialistici e sperimentazioni in corso.

Foto di Erol Ahmed su Unsplash


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