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Idomeni: bombe sonore e lacrimogeni sulle tende dei profughi

Lacrimogeni e bombe sonore sui 12mila profughi di Idomeni, tra cui moltissimi bambini. Così la polizia greca ha sedato una protesta nel campo al confine con la Macedonia, che il governo intende sgomberare entro la fine di maggio. Vietato l’accesso a diverse ONG e volontari indipendenti la tensione rimane altissima

di Ottavia Spaggiari

“Un crimine contro l’umanità”, è uno dei commenti che si legge sul gruppo Facebook utilizzato dai volontari indipendenti di Idomeni, descrivendo la carica della polizia che mercoledì ha utilizzato bombe sonore e lanciato lacrimogeni sulle tende del campo profughi nel nord della Grecia, dove dopo la chiusura della frontiera macedone sono bloccate tra le 10mila e le 12mila persone, di cui il 40% bambini. “Gli scontri sono stati il risultato delle restrizioni crescenti nell’accesso al campo,” spiega Gabriele Casini, portavoce di Save the Children a Idomeni.

In previsione del piano del governo greco di sgomberare il campo entro la fine di maggio infatti, la polizia ha vietato l’accesso ai gruppi di volontari indipendenti, limitando l’ingresso al campo solo alle ONG registrate con il Ministero della Difesa. “Save the Children, la Croce Rossa e Medici senza Frontiere possono ancora entrare, ma l’accesso è vietato a chiunque non abbia un permesso da Atene, tra questi la maggior parte dei volontari indipendenti.” Continua Gabriele Casini. “La polizia ha bloccato l’accesso alle associazioni e moltissime persone non hanno ricevuto il pane. Questo ha fatto scattare una protesta. Alcuni profughi hanno iniziato a spingere un vagone del treno ed è scoppiato lo scontro. La polizia ha lanciato lacrimogeni e bombe sonore sulle tende, una cosa inaccettabile. Tra i profughi vi sono moltissimi bambini e donne incinte, che hanno già subito traumi gravissimi.” La maggior parte delle persone a Idomeni infatti proviene da Siria, Iraq e Afghanistan, e fugge da guerre, violenze e fame.

Impedire l’accesso al campo significa rendere quello che è già un inferno, un luogo ancora più invivibile e costringere così le persone ad andarsene. Secondo il piano del governo, i profughi accampati a Idomeni dovrebbero essere trasferiti nei 34 campi ufficiali gestiti dall’esercito greco in collaborazione con UNHCR entro la fine del mese.

“Le persone sono molto diffidenti nei confronti dei campi gestiti dal governo.” Continua Gabriele Casini. “Non si fidano delle condizioni (noi stessi avevamo raccontato qui come molti campi non rispettassero ancora gli standard igienico-sanitari minimi n.d.r.), inoltre essendo zone militari, la stampa non ha accesso a questi campi, per questo le persone hanno paura che andarsene di qui significhi essere dimenticati. Rimane poi la speranza che la frontiera riapra. Ogni giorno ci sono voci nuove riguardo a questo, intere famiglie si preparano per ripartire, rimanendo poi costrette a disfare i bagagli.” Save the Children conferma che il numero delle persone nel campo stia effettivamente calando di settimana in settimana, “molti però non lasciano Idomeni per i campi del governo. Il rischio, soprattutto per donne e bambini è quello di affidarsi alle persone sbagliate, cadere nelle mani di trafficanti. ll problema è che queste persone non hanno scelta.” Il sistema di richiesta d’asilo tramite prenotazione via skype di un colloquio, come avevamo raccontato, si è rivelato fallimentare, bloccando di fatto tutte le richieste di asilo, di ricollocamento e di ricongiungimento familiare e costringendo le persone a rimanere a dormire sotto la pioggia e il sole cocente. Il governo greco in collaborazione con UNHCR ha in programma per le prossime settimane l’avvio di un nuovo programma di pre-registrazione di persona.

Idomeni è una zona di frontiera, per questo è di interesse militare e l’area è stata chiusa ai volontari indipendenti adducendo questa ragione,” spiega Casini. “Per ora non vi sono militari, ma solo polizia. Vedremo se ci sarà una transizione ad una militarizzazione del campo nelle prossime settimane. Al momento la situazione è ritornata sotto controllo, se così si può dire, in realtà nell’aria vi è ancora molta tensione. Le persone aspettano da mesi, sono disperate." Può bastare davvero poco insomma perchè la situazione peggiori ancora.

Qui i nostri consigli su come offrire il proprio aiuto.

BULENT KILIC/AFP/Getty Images

N.d.r. La foto di copertina ritrae gli scontri del 10 aprile scorso, qui per vedere alcune testimonianze degli scontri di mercoledì.

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