Mondo
Idlib,1 milione di sfollati e oltre 300 vittime in due mesi. Ci interessa?
Dieci scuole bombardate nel nordovest del Paese in una sola giornata. 25 bambini rimasti uccisi mentre erano sui loro banchi. Per loro nessun domani. Nati sotto il fragore delle bombe, sono spirati nell’indifferenza del mondo, avvolti da quello stesso, assordante rumore. Oggi continuiamo ad informarvi su tutto, ma vi chiediamo di guardare a quanto sta succedendo in Siria
di Asmae Dachan
Dieci scuole bombardate nel nordovest della Siria in una sola giornata, 25 bambini rimasti uccisi mentre erano sui loro banchi. Le loro vite spezzate in quello che dovrebbe essere un tempio del sapere, un luogo dove impegnarsi a scrivere, giorno dopo giorno, la parola futuro. Per loro, invece, nessun domani. Nati sotto il fragore delle bombe, sono spirati nell’indifferenza del mondo, avvolti da quello stesso, assordante rumore.
È una di quelle notizie che si fa fatica persino a scrivere e che, allo stesso tempo, ci obbliga a uscire dal seminato della pura cronaca e ci interroga come giornalisti, ma prima ancora come donne e uomini, sulla pagina drammatica e intrisa di sangue che stiamo consegnando alla storia. Tra qualche anno, quando questa storia verrà letta, che risposta si potrà dare a chi chiederà dove fosse il resto del mondo mentre si consumava la tragedia siriana? Nessuno potrà dire che non sapeva. Bisognerà raccontare che il governo siriano e il suo alleato russo, dopo nove anni di guerra, hanno scatenato l’offensiva su Idlib, provocando 1 milione di sfollati e oltre 300 vittime in due mesi, distruggendo ospedali, scuole e abitazioni, perché in quel fazzoletto di terra, nascosti in mezzo a 3 milioni di civili, c’erano combattenti ribelli e terroristi? Cosa ne è della Quarta Convenzione di Ginevra, secondo cui la punizione collettiva è un crimine di guerra? L’articolo 33 non stabilisce forse che “Nessuna persona protetta può essere punita per una trasgressione che non ha personalmente commesso”? I bambini, i civili, gli sfollati, non sono persone protette?
Le Nazioni Unite, dopo l’ennesima mortificazione al Consiglio di Sicurezza, dove lo scorso 20 dicembre la Russia e la Cina hanno posto il veto a una risoluzione per la Siria, e dove la Russia, pochi giorni fa, ha detto di no a una proposta per il cessate il fuoco, temono ora un nuovo bagno di sangue nel nordovest del Paese. In quella zona ci sono, infatti, centinaia di tendopoli per sfollati interni, e ora che le azioni militari si stanno intensificando nella zona, queste famiglie sono in condizioni di grande vulnerabilità.
Nel panorama internazionale l’unica voce che si è levata con forza per chiedere la fine dello sterminio a Idlib è quella di Papa Francesco, che da Bari ha lanciato un nuovo accorato appello. Karen Pierce, ambasciatrice della Gran Bretagna alle Nazioni Unite, ha dichiarato che in Siria la Russia sta mostrando “mancanza di umanità”, perché consapevole e indifferente al fatto che oltre la metà del milione di nuovi sfollati a Idlib sono bambini. Ora quattordici ministri degli Esteri hanno firmato un appello per chiedere di fermare la strage di civili a Idlib. Sono i capi delle diplomazie di Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Estonia, Belgio, Lituania, Spagna, Portogallo, Polonia, Svezia, Danimarca, Finlandia e Irlanda.
I media siriani, intanto, annunciano in pompa magna la riapertura dell’aeroporto di Aleppo e la partenza dei primi voli per Damasco. Sarebbe una bella notizia se si stesse parlando di un Paese dove è cessato il fragore delle armi e tutti i criminali di guerra fossero stati consegnati al tribunale dell’Aia, ma stiamo parlando di quella stessa Siria dove ci sono bambini che muoiono assiderati e bombardati (dal loro stesso governo) all’interno delle scuole. I siriani non provano odio gli uni per gli altri e nessun siriano è davvero indifferente di fronte alla morte di un bambino; questa farsa dei siriani indifferenti di fronte alla tragedia dei loro connazionali e ansiosi di prendere un aereo non aiuta nessuno. Non è questa la strada per la pace e la riconciliazione. I morti non si mettono sotto il tappeto, né si mandano nel dimenticatoio. Siamo nell’era della comunicazione che buca la censura. Il resto del mondo vede le bombe, le vittime, i profughi, gli sfollati, le macerie e vede allo stesso tempo un governo che su quelle macerie si siede e canta vittoria. Vede, come se stesse assistendo a un film, aspettando i titoli di coda. Anche questo è un concetto difficile da scrivere.
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