Idee Quale Europa?

Se l’Italia diventa il tallone d’Achille della politica Ue sull’Ucraina

Il voto del nuovo Europarlamento sulla risoluzione a sostegno di Kiev, rivela il disallineamento degli italiani Verdi, Sinistra e Cinquestelle nei confronti delle loro stesse famiglie politiche europee

di Paolo Bergamaschi

Ventisette Paesi Membri con ventisette governi e, soprattutto, ventisette opinioni pubbliche distinte, separate in camere pressoché stagne al limite dell’incomunicabilità. Questo è l’ineludibile dato di cui tenere conto quando si parla del processo di integrazione europeo. Per tanto che ci si sforzi, che si investa energia e buona volontà esistono barriere quasi insormontabili, siano esse linguistiche, storiche, geografiche, geopolitiche, culturali e sociali che ostacolano ogni ulteriore approfondimento relegando a un romantico miraggio l’obiettivo, se non di un’Europa federale, almeno di un’Europa in grado di incidere sul palcoscenico globale.

Eppure tanto è stato fatto ma tanto, tantissimo resterebbe ancora da fare. I sovranisti hanno spesso buon gioco nel rimarcare le differenze lucrando sulle divergenze per provocare le contrapposizioni sulle quali costruire la propria fortuna elettorale. L’Unione europea si trova a metà di un guado, è una creatura ibrida dal punto di vista istituzionale che rischia di essere travolta dalla corrente del turbolento corso degli eventi se non è capace di mettersi in salvo sull’altra sponda prendendo finalmente in mano il suo futuro.

La questione migratoria è una priorità assoluta per l’Italia e gli altri paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo. Raramente, però, buca i media dei Paesi dell’Europa settentrionale guadagnando al massimo, di tanto in tanto, i titoli di coda. Altrettanto si può dire, per analogia ma al contrario, della guerra in Ucraina per quanto riguarda il nostro Paese. Dal 2014, anno dell’inizio del conflitto, al 2022, quando è scattata l’invasione delle truppe di Mosca, poco o nulla si trova nei nostri notiziari a eccezione dell’annessione russa della Crimea. A 3mila chilometri di distanza la crisi appariva qualcosa di molto lontano che, in fin dei conti, non ci toccava non comprendendone la drammaticità e la posta in gioco. Non così, ovviamente, nelle tre repubbliche baltiche, in Polonia e nei Paesi scandinavi che fin dall’inizio si sono sentiti direttamente coinvolti avvertendo l’impellente minaccia del regime cleptocratico-mafioso al potere a Mosca.

Esiste un evidente problema di percezione che condiziona pesantemente la costruzione di una politica estera e di sicurezza comune europea coerente e efficace. Come è noto, peraltro, per le decisioni in materia di affari esteri vige la regola dell’unanimità che garantisce ai singoli Paesi Membri il diritto di veto incatenando l’Ue a un ruolo di secondo piano sulla scena mondiale, diritto molto utilizzato, ultimamente, dall’Ungheria. L’appello nominale del primo voto del nuovo Europarlamento sul sostegno all’Ucraina rispecchia fedelmente l’approccio trasversale di compiaciuta indulgenza dell’opinione pubblica italiana nei confronti della Russia, opinione pubblica tradizionalmente ricettiva e sensibile, purtroppo, alla narrativa di Vladimir Putin. Anche se la risoluzione approvata presenta passaggi discutibili è singolare constatare come i sovranisti e le forze della sinistra italiana abbiano trovato un punto di incontro nell’opporsi al testo. Ma se i primi, cioè gli eurodeputati leghisti, l’hanno fatto in sintonia con il proprio gruppo, quello dei Patrioti per l’Europa, i secondi, Verdi, Sinistra e Cinquestelle, l’hanno fatto in dissonanza con i rispettivi raggruppamenti. I Verdi italiani sono stati gli unici della formazione cui appartengono a votare contro; dei sedici voti contrari del gruppo The Left, che comprende Sinistra italiana e Cinquestelle, ben dieci provengono da eurodeputati del nostro Paese.

Compromesso, condivisione e comprensione reciproca sono i cardini della casa comune europea; se manca anche uno solo di questi tre principi crolla tutto riportandoci agli anni bui della nostra storia. L’ex primo ministro estone Kaja Kallas è stata designata a ricoprire l’incarico di Alto Rappresentante  per la Politica Estera e di Sicurezza Comune. A lei spetterà il compito di gestire, in prima persona, la crisi ucraina. Proviene da un Paese di frontiera che ha subito cinquant’anni di occupazione sovietica. Porta con sé la memoria di una madre deportata in Siberia con la famiglia all’età di sei mesi. Storia comune a tanti in Lettonia, Estonia e Lituania. Chissà se in Italia avremo la sensibilità di condividere quella memoria o se siamo destinati a rimanere un’anomalia in Europa.   

Foto La Presse: il leader dei Cinquestelle, Giuseppe Conte


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