Idee Diritti
Salute mentale: se il dolore delle parole dei malati diventa marketing
A volte i libri di psicologi e psichiatri contengono citazioni di quello che hanno detto loro i pazienti. Frasi virgolettate in modo malcelato sparse in articoli, conferenze, libri e podcast senza aver mai ricevuto un consenso esplicito dai loro pazienti. E ora è arrivata anche la videoterapia digitale
«La paziente (mi diceva) che mangiava per non morire che si uccideva mangiando». Un’altra spiegava «so che mi fa soffrire, ma non riesco a lasciarlo» e poi «mi sento come se stessi vivendo la vita di qualcun altro», «continuo a sognare serpenti, ma non capisco perché», «ogni volta che parlo con qualcuno, mi sento come se non fossi qui», «mia madre diceva che era per il mio bene, ma io mi sentivo morire», «non riesco a vedere un futuro per me. È tutto buio».
A volte i libri di psicologi e psichiatri contengono citazioni di quello che hanno detto loro i pazienti. Frasi virgolettate in modo malcelato sparse in articoli, conferenze, libri e podcast senza aver mai ricevuto un consenso esplicito dai loro pazienti (la famosa privacy). È il dolore venduto dalla psicologia (e della psichiatria). Il roveto che brucia di fronte a cui togliersi i calzari, l’intimità delle persone, anziché essere custodita diventa ragione di profitto. C’è il diritto di cronaca, la libertà di manifestazione del pensiero, l’interesse pubblico relativo alla ricaduta positiva che ne possono trarre i lettori. Tuttavia, questo va contemperato con le conseguenze che possono esserci sul paziente, sulle modalità narrative che diffondono dettagli tali da rendere identificabile la persona o quanto meno che la persona si identifichi nel racconto.
In riferimento a questo aspetto l’Autorità garante della privacy ha rilevato, in più occasioni, che, anche quando la persona non viene individuata nominativamente, la diffusione di informazioni dettagliate che la riguardano può comunque renderla riconoscibile, in particolare nella cerchia delle relazioni sociali degli interessati. Pertanto, il Garante rileva la manifesta illiceità del trattamento.
Se si prende in considerazione il codice deontologico della professione all’art. 24 si specifica che «lo psicologo opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato». E che «lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto, non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale» (art. 11). Inoltre, «nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti» (art. 25). Ma mal ne incolse. Con la crescita della solitudine e dell’isolamento, con il venir meno delle reti sociali, di figure di ascolto come i sacerdoti è esplosa la necessità di confidarsi con gli psicologi (cresciuti in modo impetuoso) e qui c’è una prima sconfitta perché questo ascolto si paga e nonostante la dimensione empatica di molti si capisce che questo «patire dentro» è solo tuo perché appena smetti di pagare arriva la dispatia (il gelo emotivo). Ma questo potremmo dire è una delle evoluzioni del mercato capitalistico dove anche le relazioni hanno un prezzo ed “è così e non si discute”.
Tuttavia, anche nell’economia di mercato esistono regole e diritti (per gli psicologi ci sarebbe in aggiunta il codice deontologico) per cui in sintesi si può affermare che quello che il paziente rivela allo psicologo dovrebbe rigorosamente rimanere tra di loro. Invece, ritrovi le tue parole, il tuo dolore, le tue emozioni sparse per il web e in più su questo tesoro che hai dato da custodire si fa lucro.
«Sento che la mia vita non ha senso, come se stessi fluttuando nel vuoto», «ogni volta che mi chiedono come sto, non so cosa rispondere, perché non so più cosa significa stare bene», «il mio cuore si frantuma ogni giorno, come se fossi solo un vetro fragile che cade», «non so se provo più paura di morire o di vivere in questa solitudine per sempre», «la tristezza è una coperta pesante che non riesco a togliere, anche quando voglio respirare», «quando la paura arriva, è come un’onda che mi travolge e mi lascia senza respiro», «mi sembra di stare al margine di un precipizio, incapace di muovermi o di chiamare aiuto», «provo un senso di vuoto, come se nulla di ciò che faccio avesse importanza», «mi sento spezzato, come se la vita non fosse altro che un mosaico di pezzi che non si incastrano», «non so più cosa significhi amare. È come se ogni volta che ci provo, qualcosa dentro di me si spezzasse», «provo rabbia perché non riesco mai a essere visto, nemmeno quando grido».
Infine, è arrivata la videoterapia e qui c’è il terzo passaggio il dolore viene dato alle piattaforme che lo trasformano in marketing digitale. Nessuna sentenza, nessuna coscienza, I need hype (and dollar).
LIBRI PRESI IN ESAME DALL’AUTORE DELL’ARTICOLO
- Fritz P. (1980). La terapia gestaltica parola per parola. Astrolabio.
- Sedgwick D. (2016). The wounded healer: Countertransference from a Jungian perspective. Routledge.
- Bollas C. (2021). Three characters: narcissist, borderline, manic depressive. Phoenix Publishing House.
- Miller A. (1979). The drama of the gifted child and the psychoanalyst’s narcissistic disturbance. The International
- Journal of Psycho-analysis, 60, 47.
- Dimaggio G. (2020). Un attimo prima di cadere. Raffello Cortina.
- Garante della privacy, se i dettagli consentono l’identificazione 16 febbraio 2009 [doc. web n. 1590076].
- Carrère E. (2019). Vite che non sono la mia, Adelphi.
- Sechehaye M. (1980). Diario di una schizofrenica. Giunti.
- Yalom I. D. (2008). Staring at the sun: Overcoming the terror of death. The Humanistic Psychologist, 36(3-4), 283-297.
- Mullis K. B., & Cicerone, P. E. (2003). Ballando nudi nel campo della mente: le idee (e le avventure) del più eccentrico
- tra gli scienziati moderni. Baldini & Castoldi.
- LeDoux J. E., & Coyaud, S. (2003). Il cervello emotivo: alle origini delle emozioni. Baldini Castoldi Dalai.
- Yalom I. D. (2011). La cura Schopenhauer. Neri Pozza Editore.
Foto: Pexels/Eleanor Jane
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