Idee Tecnologie

Perché alla Chiesa interessa l’intelligenza artificiale

Il fine della tecnologia non è la tecnologia, è migliorare la vita delle persone. La tecnologia è uno strumento che ha lo scopo di servire l'essere umano, non viceversa. La Chiesa di Francesco ci ricorda questa semplice, intuitiva, evidente e fondamentale differenza tra strumento e scopo

di Antonio Palmieri

«Le nuove tecnologie interessano la Chiesa perché la Chiesa, fedele al Vangelo, custodisce le persone. Altrimenti cosa ci sta a fare al mondo?». Con queste parole don Andrea Ciucci, coordinatore della sede centrale della Pontificia accademia per la vita e segretario generale della Fondazione vaticana RenAIssance per l’etica dell’intelligenza artificiale, ha iniziato a rispondere alle domande della giornalista e conduttrice di Tv2000 Monica Mondo, all’inizio di “Intelligenza artificiale ed etica. Perché è una questione che ci riguarda tutti”, uno dei tre panel della XII edizione di Tecnologia Solidale, lo scorso 13 dicembre.

Con le sue parole don Ciucci ha di fatto sintetizzato le motivazioni che hanno spinto papa Francesco a dedicare a “Intelligenza artificiale e pace” il 57esimo messaggio per la giornata mondiale della Pace del primo gennaio di quest’anno.

L’interesse della Chiesa per l’intelligenza artificiale non è un omaggio alla moda tecnologica del 2023 e di questo inizio 2024. Nel libro “Anima digitale. La Chiesa alla prova dell’Intelligenza Artificiale” (Tau Editrice, 2022), Giovanni Tridente, comunicatore e docente di giornalismo d’opinione alla Pontificia Università della Santa Croce, ha mostrato come la Chiesa abbia da sempre seguito con interesse le tecnologie e abbia costantemente preso posizione per il loro retto uso. Un uso finalizzato a promuovere la dignità umana, a proteggere i diritti dei più deboli, a costruire una società più giusta ed equa, a promuovere la pace e la riconciliazione. 

Così è anche per quel che riguarda l’intelligenza artificiale. Infatti risale al 28 febbraio 2020 la firma della Call for an AI Ethics, accordo promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita in materia di etica, diritti ed educazione, con l’obiettivo di promuovere un approccio moralmente responsabile alla progettazione, allo sviluppo e all’implementazione dell’intelligenza artificiale. Quattro anni fa questo accordo fu sottoscritto in Città del Vaticano da Microsoft, Ibm, Fao e governo italiano. L’anno successivo, il 28 febbraio 2021, papa Francesco ne ribadì l’importanza con questo tweet: “Ricorre oggi un anno dalla firma della #RomeCall per l’intelligenza artificiale e mi auguro che sempre più gli uomini di buona volontà cooperino per la promozione del bene comune, la protezione degli ultimi e lo sviluppo di un’algoretica condivisa”.


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Poco più di un anno fa, il 10 gennaio 2023 questa richiesta è stato ribadita con la seconda Rome Call, aggiungendo ai precedenti sottoscrittori dell’accordo le firme del Forum per la Pace di Abu Dhabi (Emirati Arabi) e della Commissione per il dialogo interreligioso del Gran Rabbinato di Israele. In quella sede le tre religioni abramitiche hanno formulato la richiesta congiunta per un’algoretica che guidi la progettazione dell’intelligenza artificiale.

Le parole chiave, quindi, rimangono due: responsabilità e consapevolezza. A esse si richiama la conclusione del messaggio di inizio anno del Papa: «Spero che questa riflessione incoraggi a far sì che i progressi nello sviluppo di forme di intelligenza artificiale servano, in ultima analisi, la causa della fraternità umana e della pace. Non è responsabilità di pochi, ma dell’intera famiglia umana. La pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli. La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana. Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico».

La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana

Papa Francesco

Come scrive papa Francesco, questa “preghiera all’inizio del nuovo anno” ci riguarda tutti, perché l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle nostre vite sarà sempre più rilevante. «Noi – ha detto il filosofo del digitale Cosimo Accoto – stiamo costruendo una società che in certa misura è “sovrumana”. Per esempio, chi decide oggi il vero e il falso nel nostro mondo? Non è l’umano, è una macchina. Pensate al vostro sistema di posta elettronica. Chi decide e separa le email vere da quelle false? Non è il nostro occhio, non è la nostra intelligenza, è la macchina che butta nello spam quelle email che ritiene essere false e tiene quelle vere. Chi è che protegge gli account bancari e blocca gli accessi inautentici? La complessità che stiamo introducendo in questo mondo richiede che noi ci facciamo la domanda: queste macchine, che ora parlano come noi, ci possono aiutare? E quanto vi è di dannoso o di buono dentro tutto questo? Dobbiamo tornare a domandarci il senso delle cose: è giusto o ingiusto? È vero, è falso? Che cosa è vero e cosa è falso? Che cosa è giusto e ingiusto? Dobbiamo tornare a farci queste domande, avendo magari dei fari, e qui il magistero della Chiesa può aiutarci, ma tutti noi dobbiamo tornare a interrogarci nuovamente sul senso».

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Interrogarci nuovamente sul senso, vale come buon proposito per tutto questo anno che è appena iniziato. Vale per l’intelligenza artificiale, vale come invito ad applicare la nostra intelligenza, cioè la capacità di leggere dentro gli avvenimenti della nostra vita, personale e sociale. Vale per comprendere che la Chiesa si occupa e si pre-occupa dell’impatto delle tecnologie perché, come ha detto ancora don Andrea Ciucci, «il problema è custodire la vita delle persone e il pianeta che abitiamo. Da qui l’interesse per l’intelligenza artificiale. Le nuove tecnologie stanno segnando in maniera significativa la vita delle persone di questo pianeta, e quindi dobbiamo occuparcene».  

Quindi, nei confronti delle Rome Call 2020 e 2023 e del messaggio per la pace di inizio 2024, ci sono due possibilità. Fare finta di niente, ritenendo questi appelli un atto dovuto del tutto privo di incidenza su una realtà che è la nuova frontiera dell’innovazione tecnologica e rispetto alla quale gli over the top tecnologici hanno da tempo in corso una competizione a suon di miliardi di dollari. Oppure li si può prendere sul serio, perché ci ricordano una verità fondamentale: l’intelligenza artificiale è costruita da esseri umani, con tutto quello che ne deriva in termini di contenuti e di responsabilità, a partire dal fatto che non tutto quello che è tecnicamente fattibile è umanamente accettabile. 

Possiamo considerare questa attenzione della Chiesa una “predica inutile”, un esercizio di retorica o un espediente propagandistico. Oppure possiamo laicamente, vale a dire usando la nostra ragione, interrogarci sulla direzione indicata dal Papa e, ultimo esempio, riflettere su quanto da lui scritto nell’esortazione apostolica “Laudate Deum” dello scorso ottobre: «L’intelligenza artificiale e i recenti sviluppi tecnologici si basano sull’idea di un essere umano senza limiti, le cui capacità e possibilità si potrebbero estendere all’infinito grazie alla tecnologia. Così, il paradigma tecnocratico si nutre mostruosamente di sé stesso».  

Estendere le nostre capacità è un bene. Farlo confondendo lo strumento con il fine, no. Il fine della tecnologia non è la tecnologia, è migliorare la vita delle persone. La tecnologia è uno strumento che ha lo scopo di servire l’essere umano, non viceversa. La Chiesa ci ricorda questa semplice, intuitiva, evidente e fondamentale differenza tra strumento e scopo e mette le cose nel loro giusto ordine. Il tutto mentre da un lato risuonano gli inviti a non porre limiti e freni allo sviluppo della tecnologia, nel segno di un progressismo tecnologico che mette la tecnologia sopra ogni cosa. Dall’altro si temono le conseguenze di un uso scriteriato dell’intelligenza artificiale. Invece la Chiesa ci richiama al criterio fondamentale: mettere l’essere umano al centro. 

In questo modo si esce della solita diatriba tra “apocalittici e integrati” per citare il titolo del saggio di Umberto Eco a proposito della distinzione tra chi vedeva la cultura di massa come un pericolo e chi invece come un fenomeno positivo e si entra in un atteggiamento capace di apprezzare le straordinarie potenzialità che la tecnologia ci offre. Si tratta di scegliere, o ogni livello e in base alle responsabilità che ciascuno di noi ha, se stare dalla parte di una crescita della tecnologia che sia responsabile oppure no. Questo dilemma vale per Sam Altman così come per l’ultimo dei programmatori o degli utilizzatori dei software di intelligenza artificiale. Il rischio è che la crescente potenza di cambiare il mondo si trasformi in una onnipotenza tecnologica che porti con sé la decrescente conoscenza di ciò che vale davvero. 

La crescita tecnologica impetuosa di questo nostro secolo ha bisogno di essere accompagnata e riequilibrata da un equivalente sviluppo della responsabilità, della consapevolezza e della coscienza di noi esseri umani.

Foto di Markus Spiske/Pexels

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