Idee Lavoro sociale

Operatori sociali, perché dobbiamo tornare a coltivare l’autorità

Assistenti sociali, medici, professori: continuano gli episodi di aggressioni a operatori pubblici. Serve un recupero di autorità e autorevolezza, che passa dal migliorare le esperienze soggettive dei cittadini con gli operatori del welfare. Un percorso però che non può essere sostenuto solamente dal singolo professionista

di Francesco Crisafulli

Un articolo sulla cronaca locale diffonde rapidamente la notizia nella comunità professionale bolognese del servizio sociale: venerdì 2 agosto, all’ora di pranzo, un cittadino italiano ha raggiunto in un bar un operatore sociale e, rivolgendogli frasi con le quali collegava fatti del passato relativi ai suoi figli, lo accoltellava 8-9 volte all’addome e alle braccia. Soccorso dai sanitari e ricoverato d’urgenza, il collega è adesso fuori pericolo. L’autore del tentato omicidio è stato poco dopo rintracciato e fermato dalle forze dell’ordine, che lo hanno arrestato. Le indagini in corso non consentono giudizi sommari, anche se la dinamica e la premeditazione sono talmente evidenti da lasciare pochi dubbi sulla verità che sarà ricostruita dagli inquirenti. Questo episodio poteva avere un epilogo ben più grave e siamo tutti sollevati dall’aver ascoltato, dopo pochi giorni, un breve audio whatsapp nel quale il collega è riuscito a trasmettere lo “scampato pericolo”.

È difficile per tutti noi trovare ragioni di un fatto così grave, che ripesca episodi risalenti a 8 o 9 anni prima. Quello che rimane al nostro mondo professionale è una ferita aperta che difficilmente sarà sanata, perché la notizia si mette in coda a fatti analoghi – non certo solo dell’ambito locale – che insieme pongono alcuni interrogativi. 

Quale è l’immagine che la società sta attribuendo agli operatori del servizio pubblico sociali, sanitari, della scuola? Al di là dei fatti criminosi che riguardano probabilmente processi individuali distorsivi della mente, in quale ambiente culturale e sociale questi pensieri maturano? È possibile recuperare un profilo di operatore pubblico del welfare che non sia travolto dal qualunquismo e da questo generale atteggiamento aggressivo diffuso?

Operatori del servizio pubblico, i soliti sospetti?

La cultura del sospetto e del pregiudizio verso le operatrici e gli operatori del servizio pubblico sta assumendo tratti preoccupanti. Leggiamo sempre più spesso nella cronaca nazionale di persone che accedono nei Pronto Soccorso e che, insofferenti e snervate per l’attesa o per presunte ingiustizie ricevute, si scagliano verbalmente e fisicamente contro gli operatori sanitari; la cronaca riporta inoltre di professori che vengono picchiati da alunni o da genitori scontenti delle valutazioni scolastiche; utenti dei servizi sociali intimano alle operatrici e agli operatori, l’erogazione di prestazioni “dovute”. Questi fatti si susseguono in un ambiente sociale nel quale la cultura della competizione, del risarcimento, della sopraffazione e del pregiudizio di sommarietà e incompetenza professionale, altrui riferita, si alimenta costantemente. Se ripenso ad alcuni ambienti sportivi non agonistici che ho frequentato come padre, mi tornano in mente genitori onnipresenti ad allenamenti e partite che incitano i propri figli alla competizione fino a suggerire comportamenti aggressivi o scagliarsi in modo furioso verso scelte arbitrali o delle allenatrici/allenatori. Ricordo alcuni incontri condominiali che ho frequentato e la conflittualità crescente che non faceva sconti a conoscenti e ad amministratori presunti “colpevoli e approfittatori”. E ancora mi domando: sarà questo fenomeno del micro ambiente che contagia il macro, o viceversa?

I comportamenti sociali, come ci ricorda la letteratura, sono tutte quelle azioni che compiamo in relazione agli altri, influenzate dalle norme sociali, dalle aspettative culturali e dalle dinamiche di gruppo. I fattori che influenzano i comportamenti sociali sono la cultura, i ruoli sociali, i gruppi sociali, le norme sociali, la personalità ed infine la situazione. I comportamenti sociali esercitano un’influenza profonda e costante sulle società: sono come i mattoni che costruiscono l’edificio sociale, plasmando le sue forme, le sue funzioni e la sua evoluzione nel tempo. Sono il risultato di una continua interazione tra individuo e contesto sociale, e allo stesso tempo sono in grado di plasmare e trasformare la società stessa. Allo stesso modo le società esercitano una profonda influenza sui comportamenti sociali dei loro membri. In realtà, si tratta di un rapporto di reciproca influenza: i comportamenti plasmano la società e, a loro volta, sono plasmati da essa. (comportamenti sociali e reciproca influenza individuo-società by Gemini)

Le ragioni di un’aggressività crescente

Il fenomeno di aggressività crescente che investe anche i nostri ambiti professionali di lavoro è sicuramente contagiato da alcuni fenomeni sociali e due sono per me particolarmente pungenti: i conflitti bellici che abbiamo a qualche migliaia di chilometri da casa nostra (mi riferisco in particolare, per la dinamica con la quale si sono sviluppati, a quello russo-ucraino e israelo-palestinese) ed il linguaggio utilizzato e oramai sdoganato, sui social media e su certi talk show in occasione di eventi “popolari” come le campagne elettorali, gli eventi sportivi, i fatti di cronaca. Metto insieme argomenti così diversi tra loro (forse con un azzardo) perché accomunati, nell’esperienza soggettiva, da un profondo senso di inquietudine e di amarezza che lasciano dentro. I conflitti bellici per l’incomunicabilità tra le persone, il leaderismo sfrontato di alcuni governanti e la coda di rancore eterno che queste vicende lasceranno nei popoli; il linguaggio verboso, irrispettoso, sovente “fake” che ormai dilaga sui social network ​​– arricchito con l’utilizzo di termini e affermazioni sproporzionate – su molti dei fatti che ci circondano (social network divenuti per molti l’unica fonte di informazione fruibile). Alcuni giornalisti non sono esenti dal fenomeno, perdendo di vista l’empowerment negativo che possono alimentare con certi titoli o contenuti avvolti dal pregiudizio e proposti come semplice racconto dei fatti.

Ancora un input dalla letteratura: un operatore del servizio pubblico è una figura professionale che lavora al servizio della collettività, svolgendo attività di interesse generale. Il suo ruolo è cruciale per il funzionamento efficiente di una società, in quanto fornisce servizi essenziali ai cittadini. La motivazione a servire la comunità e a migliorare la qualità della vita dei cittadini; il senso del dovere e la consapevolezza delle proprie responsabilità, l’impegno a svolgere il proprio lavoro con professionalità e competenza; l’imparzialità e quindi l’agire senza favoritismi o discriminazioni; la disponibilità al dialogo con i cittadini e le altre istituzioni; l’aggiornamento continuo sulle novità del proprio settore, sono le caratteristiche principali del profilo di un operatore del servizio pubblico. I fattori che influenzano l’immagine degli operatori del servizio pubblico sono almeno tre: i media che svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare l’opinione pubblica sugli operatori del servizio pubblico; le esperienze dirette delle persone con gli operatori che influenzano in modo significativo la loro immagine; il contesto storico e culturale, i cambiamenti sociali, politici ed economici che possono influenzare la percezione della pubblica amministrazione (by Gemini).

La crisi di autorità e autorevolezza

Nella mia esperienza professionale, posso testimoniare un ingente lavoro degli Enti per i quali ho lavorato (Ausl di Bologna, Comune di Bologna) nei principi e nei valori richiamati poc’anzi: il servizio alla comunità, la qualità della vita dei cittadini, il senso del dovere, imparzialità, professionalità e competenza. Un costante percorso delle organizzazioni nel miglioramento continuo, sostenuto da programmi di aggiornamento, di formazione, di opportunità di crescita professionale. Fattori positivi e necessari per un professionista che tuttavia non sono sufficienti per arginare i fenomeni che stiamo commentando.

Se manca la fiducia nei professionisti del welfare si rinforzerà, fino all’esasperazione, la “professione difensiva”.

Autorità e autorevolezza sono due concetti in crisi oggi nei servizi di welfare. Intendiamoci, nessuno pretende di mantenere posizioni indiscutibili o rendite di posizione. Comportamenti scorretti di operatori pubblici, devono essere sanzionati e prevenuti nelle forme previste dalla legge e dai codici di comportamento. La comunità dei professionisti sanitari e socio sanitari, riflette da tempo sugli effetti della legge n. 24/2017, conosciuta anche come Legge Gelli-Bianco che ridefinisce i confini della responsabilità del sanitario, operando un bilanciamento tra diritti in capo ai sanitari e al paziente. Anche nel campo dei servizi sociali il tema della responsabilità professionale è centrale nelle policy della Pubblica amministrazione. Inoltre per tutti il Codice civile ricorda che la responsabilità non può essere esentata nei casi di dolo o colpa grave. C’è da aggiungere tutto il lavoro sull’etica e la deontologia che le professioni sociali, sanitarie e socio sanitarie, svolgono da tempo fin dalla formazione di base del professionista ed in seguito nella formazione continua obbligatoria per tutto l’arco della carriera professionale.

Autorevolezza e autorità non sono concetti che possono essere sostenuti solamente dal singolo professionista: senza un generale movimento sociale, politico e culturale che restituisca un valore al servizio pubblico, non riusciremo a recuperare quella immagine condivisa alla quale i cittadini possano attribuire fiducia

Quello che si intende proporre è che autorevolezza e autorità non sono concetti che possono essere sostenuti solamente dal singolo professionista: senza un generale movimento sociale, politico e culturale che restituisca un valore al servizio pubblico, non riusciremo a recuperare quella immagine condivisa alla quale i cittadini possano attribuire fiducia. E se manca la fiducia nei professionisti del welfare si rinforzerà, fino all’esasperazione, la “professione difensiva”, volta in primis a preservare se stessi da possibili conseguenze del proprio agire e solo in seconda battuta a risolvere problemi sociali e socio-sanitari delle persone in difficoltà.

Sarà sufficiente un recupero di autorevolezza e autorità per evitare fatti criminosi come quello recente di Bologna? Migliorando le esperienze soggettive dei cittadini nel contatto con gli operatori del welfare, potrà cambiare l’immagine dei servizi? Forse non saranno elementi sufficienti, ma è certo che una comunità che dà fiducia ed investe negli operatori del servizio pubblico, sarà di contrasto a fenomeni distorsivi che maturano e si potenziano in un ambiente nel quale aggressività, recriminazione e prepotenza, troppo spesso, la fanno da padrone oggi.

Foto di Joseph Corl, Unsplash


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