Idee Ricchi & Poveri
Nel far west delle piattaforme social incomincia lo Squid Game 2?
La deregolamentazione dei social voluta da prima da Elon Musk e ora da Mark Zuckerberg ci consegna ancora di più nelle mani di un gruppo di super ricchi. Ora sta a noi reagire. La strada sarà quella da Hwang Dong-hyuk, regista e sceneggiatore della serie coreana?
Per reagire alle sfide lanciate prima da Elon Musk e ultimamente da Mark Zuckerberg, non bastano le letture dei codici deontologici e delle disposizioni normative vigenti, che i due si accingono bellamente ad ignorare, servirà uno sguardo più ampio sull’eterna lotta tra super-ricchi e gente comune, avremo bisogno di una visione “straniera”.
Lasciamo l’Occidente ed andiamo in Corea.
Non deve essere un caso che abbiano origine coreana sia il film più provocatorio e crudo del momento, “Squid Game 2”, che il filosofo più outsider e critico del neoliberismo globale, Byung-Chung Han. Il primo è campione di visualizzazioni per Netflix, da ovest ad est, il secondo è stato considerato da molti il filosofo più famoso del mondo. C’è una profonda coerenza tra la trama rabbiosa e struggente della serie Tv e la teoria “dell’auto-sfruttamento volontario” del filosofo coreano, che oggi ha cittadinanza tedesca.
Nella visione di Hwang Dong-hyuk, regista e sceneggiatore della serie di successo, i super ricchi del mondo sono un gruppo parvuscolo di anonimi guardoni che per combattere la noia sono disposti a tutto, anche ad assistere divertiti alla lotta per la sopravvivenza di poveri uomini e donne sottoposti a giochi infantili che diventano trappole fratricide. In parte, questa crudeltà già accadeva ai tempi dell’Impero Romano (negli spettacoli sanguinolenti che andavano in scena al Colosseo), ma con una differenza: nel racconto contemporaneo, quello spettacolo spietato non deve essere accessibile a nessun’altra classe sociale, il “popolo” non ha accesso alla visione di insieme, può solo essere personaggio della scena, vittima e carnefice al tempo stesso.
Il film segue la falsariga del verismo italiano, accompagnando noi spettatori a solidarizzare con gli ultimi, e proprio come accade nel Vangelo, i ricchi Epuloni restano anonimi nel corso della trama filmica, mentre i Lazzari acquisiscono identità, hanno storia, hanno nome. Tanto che il protagonista, Seong, il più debole tra i deboli, molto simile ai personaggi di Verga, diventa nello scorrere degli episodi un eroe drammatico, come mastro ‘Ntoni ne “I Malavoglia”.
Più o meno negli stessi anni in cui andava in proiezione mondo visiva la prima stagione di Squid Game, viene pubblicata in Europa una miscellanea di diversi interventi di Byung-Chung, che in Italia porta ad un titolo assai funesto “Perché oggi non è possibile una rivoluzione”, edito da Nottetempo.
Il filosofo coreano-tedesco è molto netto sulle manipolazioni che sono in corso contro gli ultimi della terra: «Il neoliberismo ha modellato, a partire dall’operaio oppresso, un libero imprenditore-un imprenditore di se stesso. Oggi, ciascuno è un operaio che si sfrutta da solo, un dipendente di se stesso. Ciascuno è al contempo servo e padrone, per cui la lotta di classe si è trasformata in una lotta interiore”.
E ancora: «Il potere disciplinare che con grande dispendio di energie costringe le persone in un corsetto di comandamenti e divieti è, a ben vedere, inefficiente. Molto più efficace, invece, la tecnica di potere che fa sì che le persone si sottomettano volontariamente».
Sono “auto-sfruttamento volontario”, per l’autore, tutti quei lavori basati su ordini di servizio e ricompense visibili sulle app aziendali, che vengono distribuiti sulla base di un modello di gamificazione pari ai video-giochi. Il rider sceglie di lavorare per un algoritmo che lo controlla e lo invoglia subdolamente a fare più consegne, anche a rischio della propria incolumità fisica; l’autista di Uber assomiglia ad un avatar di Sincity che deve affrontare le vie di una città per conquistare più punti, mance e bonus premi; il commesso di un supermercato viene premiato se si lascia monitorare per ogni passo che fa nel grande magazzino e via dicendo.
E così si arriva a Squid Game 2. Finita la lotta interiore e fisica di Seong, il desiderio ultimo che resta in colui che ha conosciuto la violenza del sistema è di ribellarsi, di far fuori i ricchi Epuloni perché la smettano per sempre di uccidere altri poveri Lazzari. Un desiderio che si scontra sorprendentemente con la libertà degli stessi ultimi che invece scelgono volontariamente di essere pedine del gioco. In Squid Game 2 i Lazzari votano “liberamente”, chiedono di continuare a giocare con le regole crudeli e feroci che hanno imparato a conoscere.
Non sappiamo come finirà la rivoluzione degli ultimi (non solo per dovere di non spoilerare ma anche perché la seconda stagione termina a giugno), ma sappiamo cosa è successo nel frattempo nella più subdola forma di gamificazione dei nostri tempi, l’arena dei social in cui tutti ci incontriamo liberamente.
Se nell’estate 2024 Musk e Zuckerberg fingevano di sfidarsi fisicamente in una lotta senza esclusione di colpi, davanti a milioni di telecamere che avrebbero dovuto riprendere il loro grottesco agone in una gabbia, nel 2025 hanno gettato le maschere. Con la vittoria di Trump i due si alleano e si allineano: niente più filtri sui loro social e palese desiderio di entrare anche nel mondo dell’informazione. I social saranno d’ora in poi la notte dello Squid Game, quel momento tragico in cui gli ultimi, gli utenti che scelgono di essere nelle piattaforme, si fanno guerra da soli senza fact-checking. nè responsabilità di moderazione da parte delle proprietà private dei social. Si salvi chi può.
Oggi viviamo in un feudalesimo digitale. (…) i feudatari digitali, per esempio Facebook, ci danno la terra e ci dicono: è gratis per voi, ora aratela. E noi ariamo all’impazzata. Alla fine, passano i proprietari e prendono il raccolto
Byung-Chul Han
Byung-Chul Han: «Oggi viviamo in un feudalesimo digitale. (…) i feudatari digitali, per esempio Facebook, ci danno la terra e ci dicono: è gratis per voi, ora aratela. E noi ariamo all’impazzata. Alla fine, passano i proprietari e prendono il raccolto. In questo modo l’intera comunicazione viene sfruttata e sorvegliata. Un sistema efficientissimo che non incontra proteste, poiché sfrutta la libertà stessa». Da oggi i feudatari digitali dichiarano apertamente che non solo siamo liberi di continuare a lavorare gratis per loro senza neanche accorgercene, ma che essi non ci difenderanno più neanche dalle aggressioni delle fake news e dalle minacce, dagli insulti. Tutti contro tutti.
Siamo di fronte all’invito al cannibalismo, per il momento solo digitale.
Se la notizia di Facebook senza filtri verrà confermata, nei prossimi mesi starà a noi persone comuni scegliere cosa fare di fronte alla sfida lanciata da Zuckeberg: si può oscillare tra un’azione tipo “occupy Facebook”, scaltra e coordinata, come tenta Seong, oppure un’“exit”, che funziona ed ha effetti solo se avviene di massa.
Oggi siamo tutti Seong nei giochi che stanno organizzando sopra le nostre teste e, come Seong, potremo vincere solo se non perderemo di vista l’umanità che ci lega.
Foto La Presse: La Bambola di Young-hee per promuovere la serie Netflix Squid Game Stagione 2 a Gwanghwamun Square a Seul
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