Idee Europa e dintorni
Ma oggi lo spirito di Ventotene è in Ucraina: è lì che bisogna andare
Mentre in Parlamento e sui media l'opposizione alla Meloni difendeva il Manifesto "dell’isola che non c’è più", ci si è dimenticati dell’isola che c’è ancora, fatta di milioni di cittadini e cittadine che hanno come capitale Kyiv e come orizzonte di futuro Bruxelles

Il dibattito virulento andato in scena alla Camera dei Deputati, a seguito dell’intervento della Premier sulla posizione italiana in materia di riarmo europeo, è stato connotato da interventi appassionati e da battute furbesche ma, in definitiva, bisogna dire che l’ascolto complessivo era a dir poco stucchevole.
La presidente ha chiuso la sua ambigua e acrobatica arringa sulla posizione governativa, “equivicina” sia a Trump che alla UE, lanciandosi in una “bestemmia” su un testo considerato unanimemente sacro in Europa, e la reazione è stata quella dei sacerdoti scandalizzati, intervenuti a difendere lo spirito antifascista del Manifesto di Ventotene.
Se quel dibattito fosse avvenuto in una piazza, in un teatro, al cinema, non ci sarebbe stato proprio nulla da obiettare, sarebbe stato interessante. Ma sentire due ore e più di battute e risposte sullo scritto di Spinelli e Rossi, alla Camera dei deputati, mentre Odessa brucia e Gaza torna ad essere violentemente bombardata, e mentre Trump è impegnato a dirigere un gioco evidentemente sporco sulle due terre violentate, è stato davvero da far male allo stomaco, da far piangere, per la lontananza tra dibattito e realtà. Se fossi stato Iryna, quella donna mite che ha partecipato in strada alla liberazione di Kyiv di febbraio ‘22 e che pochi giorni fa ha visto partire suo figlio al fronte, avrei pianto di rabbia per lo stupore.
I parlamentari non avrebbero dovuto difendere, né tantomeno attaccare ovviamente, il sogno federalista europeo che i nostri padri e madri fondatrici scrissero e promulgarono clandestinamente. Avrebbero dovuto difendere il sogno europeo che oggi vive e per cui ancora si muore e si lotta a Kyiv, in Georgia, in Serbia; avrebbero dovuto dire con chiarezza dove oggi vive quel Manifesto nel momento in cui un nostro alleato storico, Israele, riprende a bombardare una popolazione civile, a massacrare bambini, per uccidere una decina di terroristi alla volta.
In più di due ore si è gridato allo scandalo per la profanazione del testo, senza dire una parola chiara sull’incarnazione stessa di quel sogno.
E, mentre nell’Ucraina cadevano 67 missili lanciati da Mosca, a Montecitorio cadevano strali ed invettive inutili, che nulla dicevano di concreto sulla sacralità vigente del sogno europeista degli ucraini e di cosa l’Italia dovrebbe fare a riguardo. Mentre si difendeva l’isola che non c’è più, ci si è dimenticati dell’isola che c’è ancora, fatta di milioni di cittadini e cittadine che hanno come capitale Kyiv e come orizzonte di futuro Bruxelles.
“E quando superando l’orizzonte del Vecchio continente, si abbraccino in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere che la Federazione Europea è l’unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo”, fu scritto dai confinati di Ventotene.
Oggi, se c’è un’isola che ci crede, si chiama Ucraina, e la delegazione del Pd, che si è giustamente sentita oltraggiata dalla bestemmia di Meloni, “questa non è la mia Europa”, non dovrà rivolgere la sua attenzione al santuario pontino per riparare al torto subito, ma al santuario di un popolo che ancora lotta per quella idea di Federazione, porto sicuro dalle tirannie. È lì che oggi vive Ventotene. È lì che bisogna andare se si vuol rispondere alla premier.
Il “Sogno” di Benigni è stato recitato in maniera magistrale nel posto giusto, a teatro, per infiammare il cuore di milioni di europei che forse sono ignari sia del progresso civile a cui quel Manifesto ci ha legato, sia di tutta la storia successiva di Schuman, Monnet, De Gasperi, dell’Erasmus, che ci ha portati ad essere oggi quello che siamo. I nostri politici in parlamento invece, in quello stesso giorno, sembravano essere stati trasportati sulla luna.
“La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia (…) ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale (…) e quelli che vedranno come compito centro un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari”, dicevano ancora a Ventotene.
E, mentre la comunità internazionale viene vilipesa da nuove guerre che non ne rispettano il diritto, le forze popolari andrebbero oggi sostenute con ancora più vigore di ieri.
Foto: Pexels
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