Idee La politica del teppismo
Il tradimento del chierico Vance
L'autore di "Elegia americana" sambrava poter esser un elemento di equilibrio in un'amministrazione di ultras. Invece è stato protagonista del pestaggio morale di Zelensky alla Casa Bianca, dopo aver fatto il bullo con i capi di stato europei a Monaco e averci provato anche col britannico Starmer. La laurea a Yale che richiama l'invettiva di Ceronetti

«Un idiota», «nocivo», un possibile «Hitler dell’America»: questi erano i giudizi che il vice di Donald Trump, J.D. Vance, dava del presidente. I primi due li andava ripetendo senza grande imbarazzo, il secondo si dice che lo dicesse in privato ma non s’è mai premunito di smentire. Giudizi non nel secolo scorso, quando faceva il marine in Iraq, ma del 2016.
Stiamo parlando del 40enne già senatore dell’Ohio, il celebrato autore di Elegia americana, il romanzo, poi film, che esalta l’America dei forgotten men, i bianchi poveri, dimenticati appunto, per i quali non c’è, né ci sarà mai, un’affirmative action, l’azione positiva per qualificare i neri, o semplicemente, un’attenzione del wokismo a stelle e strisce.
Venerdì scorso Vance è entrato nella storia: davanti alla stampa di mezzo mondo, nello Studio Ovale della Casa Bianca, s’è comportato da bullo col presidente di uno stato che ha ricordato dolorosamente, nei giorni scorsi, i tre anni di invasione russa, quasi il 20% di territorio occupato, 80mila morti.
L’insolenza del reporter amico
Le scene del lungo alterco fra i due padroni di casa e il presidente Vladimir Zelensky mostrano lo scrittore ridere scomposto quando un giornalista, di quelli che ora sono stanziali alla Casa Bianca dopo lo sfratto di Associated Press, ha apostrofato l’ucraino per via della sua mise di guerra.
Riguardatelo, il forgotten man, come ride di gusto, mentre il tizio dalla faccia gonfia, Brian Gleen che scrive per Real America Voice, chiede conto del dress code di uno che, da tre anni, sa di poter morire o di finire in una galera siberiana. Riascoltatelo mentre gli rinfaccia di andare a caccia di coscritti da inviare al fronte – stranamente in coincidenza dei profili putiniani che, sui social, rilanciano le immagini degli arruolamenti forzati ucraini.
È lui, Vance, che dà la stura alle minacce del Commander in chief, Trump, il quale ordina la pace al suo ospite, gli rinfaccia le “migliaia di caduti”, mentre poche ore prima gli aveva estorto un’ampia fornitura di terre rare, praticamente una concessione a distanza, senza sporcarsi con le miniere, per ripagare gli aiuti finanziari e militari concessi dall’amministrazione di Joe Biden (la disinvoltura con cui i nuovi vertici degli Stati Uniti passano dal sangue agli affari, dalla pace ai programmi immobiliari è sempre più sorprendente, come dimostra il video sulla “Riviera di Gaza”, affidato all’Ai).
Free speech e interessi. In conflitto
J.D., d’altra parte aveva fatto il bullo, qualche giorno fa, anche a Monaco, davanti a una platea di capi di Stato e ministri europei, attaccandoli sulla “libertà di parola” che a suo dire sarebbe compromessa nel Vecchio Continente.
E lo stesso aveva fatto col premier britannico Keir Starmer in visita, anche lui costretto a reagire all’improntitudine dell’elegiaco vicepresidente. Anche in questo caso, il tema sollevato da una domanda di una giornalista (di Fox), Trump ha dato subito la parola a Vance, che ha ripetuto il mantra: chiunque neghi la libertà di espressione danneggia gli Stati Uniti, perché danneggia «le compagnie tecnologiche e, per estensione, i cittadini americani».
Di nuovo, nero su bianco, gli interessi. Anzi, il conflitto di interessi, visto che un ministro di quell’amministrazione, Elon Musk, è il proprietario di una delle più grandi di queste compagnie, e considerato che lo stesso Vance è stato ampiamente finanziato dal fondatore di PayPal e ceo di Palantir, Peter Thiel, che secondo Forbes gli ha donato 15 milioni di dollari.
Ci ha pensato Starmer a mettere in riga lo sfacciato romanziere, rispondendo che «la libertà di espressione è da tanto tempo presente nel Regno Unito e ne siamo molto fieri», di fatto ricordando che la democrazia, di cui proprio Trump e Vance dimostrano di voler fare strame, l’hanno inventata loro.
La “malavita laureata” di Ceronetti
Vance, che per le trascorse critiche a Trump, per il suo profilo di letterato, per i suoi studi filosofici e poi in legge a Yale, pareva poter essere l’elemento equilibratore di un gruppo che, Musk-docet, fa dell’eccesso la propria cifra politica – vedi la segretaria agli Interni, Kristi Noem, che annuncia trionfale le deportazioni dei clandestini in favore di telecamera, il Kennedy antivaccinista alla Salute – Vance che, dicevamo, pareva poter equilibrare un’amministrazione che ogni giorno oscilla fra Arancia meccanica e L’aereo più pazzo del mondo, e governa la prima nazione della Terra, Vance dimostra di essere completamente a suo agio in cotanta compagnia.
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Torna in mente l’espressione che usava spesso, da queste colonne, Gino Girolomoni, contadino, pioniere del biologico, ambientalista senza riserve, avendola mutuata dal suo amico Guido Ceronetti: «Malavita laureata».
Era una presa d’atto, sconfortata, che talvolta l’aver frequentato i luoghi dell’alta formazione e del sapere non garantiva poi della rettitudine di cammino.
E forse quelli che hanno contestato ieri Vance nel Vermont, dove s’era recato per una sciata, accogliendolo con cartelli con su scritto “traditore”, non sapevano di citare, quasi un secolo dopo, Julien Benda che, nel 1927, appunto del “tradimento dei chierici” scriveva: quello degli intellettuali resisi complici dei peggiori nazionalismi.
Foto di Sean Kilpatrick/The Canadian Press via AP/LaPresse.
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