Idee Educazione & Scuola
Il lavoro educativo tra nuove fragilità e dignità professionale
Più selezione e più formazione: se vogliamo ridare dignità ai docenti dobbiamo ripartire da qui. Da queste premesse infatti derivano maggiori retribuzioni e (finalmente) la possibilità di parlare di carriera anche per gli insegnanti
di Vanna Iori

L’educazione è un diritto essenziale e il fondamento di una società giusta e inclusiva. Si tratta del primo atto di responsabilità che lo Stato assume nei confronti dei più giovani e dovrebbe essere una priorità strategica per un Paese che desidera crescere e misurarsi in un mondo che si trasforma rapidamente e in cui sono richieste competenze sempre più articolate.
L’educazione e la formazione si fondano sulla competenza professionale del personale educativo e docente: oggi, purtroppo, in un quadro di grande incertezza e difficoltà del sistema di istruzione nazionale, assistiamo ad una diminuzione del rispetto e della dignità di queste figure professionali, nonostante il loro impegno di ogni giorno. Eppure si tratta di persone alle quali va riconosciuta la nostra stima e la nostra gratitudine poiché sanno reggere l’intero sistema senza godere dei giusti riconoscimenti formali, della stima che meritano, sia sul piano salariale che su quello dei diritti e delle tutele. Purtroppo, oggi -come per il personale sanitario e tutte le professioni di cura delle persone- assistiamo persino ad aggressioni contro i docenti che minano ulteriormente il loro ruolo sociale, intaccando poi le motivazioni al lavoro educativo e inducendoli spesso ad abbandonare le istituzioni educative.
Se davvero vogliamo restituire il ruolo sociale al personale educativo e docente è indispensabile formarlo al meglio, selezionare con procedure corrette e conferire retribuzioni adeguate. Questo significa impegnarsi per una ridefinizione delle funzioni e del lavoro del docente, delle competenze specifiche, unitamente al riconoscimento economico adeguato. Tutto ciò richiede quindi precondizioni necessarie: formazione professionale adeguata (sul piano docimologico e pedagogico), selezione rigorosa parallela alla ridefinizione individuale e collettiva del ruolo dei docenti come formatori della persona e guide per lo sviluppo educativo, civico, e culturale dei cittadini.
Più autonomia alle scuole
Questi princìpi chiamano in causa anche il tema centrale dell’organizzazione scolastica che deve cominciare a vivere un’autonomia vera che consenta di progettare in relazione ai contesti sociali e alle specifiche esigenze educative, assegnando un ruolo centrale ai docenti nella progettazione didattica e alleviando gli impegni burocratici a cui sono, spesso, riduttivamente sottoposti. Dobbiamo cioè partire dalla formazione iniziale che deve essere un’occasione anche per comprendere la propria scelta professionale al fine di rispondere adeguatamente al proprio benessere lavorativo e alle situazioni relazionali. Queste condizioni comportano anche una riflessione sulle retribuzioni che sono tra le più basse nei Paesi Ocse, secondo il rapporto Education at a Glance 2024 dove l’Italia continua a investire meno rispetto alla media internazionale nel settore dell’istruzione. Il rapporto ha evidenziato che lo stipendio medio dei docenti italiani è fermo a 31.950 euro nel 2019, scendendo poi a 31.320 euro nel 2023, mentre in Paesi come la Germania i compensi continuano a crescere. I docenti italiani di scuola media con 15 anni di servizio (che rappresentano con buona approssimazione la condizione media dell’intera categoria) percepiscono il 13,1% in meno rispetto ai francesi, il 29% % in meno rispetto agli spagnoli, per chiudere con tedeschi e olandesi che guadagnano più del doppio degli italiani. Ai docenti occorre motivazione, passione, empatia, professionalità, padronanza disciplinare, pedagogica, didattica, psicologica, gestionale, capacità di innovare e aggiornare; ma cosa ricevono in cambio? Come garantiamo il benessere organizzativo, la valorizzazione e la professionalizzazione, un adeguato e corretto sistema di valutazione?
Percorsi di carriera
Credo sia necessario, in questo senso, cominciare a riflettere seriamente sui percorsi di carriera nelle scuole, sulla possibilità di sviluppare progetti, su un sistema di formazione, selezione e valutazione adeguato e, contestualmente, ragionare su una differente organizzazione scolastica, immaginando modelli plurali e flessibili che realizzino una autonomia condivisa con la comunità educante. In questo senso, va affermato con forza il diritto universale alla formazione continua e alla certificazione della qualità delle competenze perché docenti ed educatori sono anche ricercatori della conoscenza. Dobbiamo migliorare l’attività didattica, dare più strumenti e più motivazione al corpo docente perché la scuola è al centro quando parliamo di dare vita a un paese davvero democratico. Se, come crediamo, la scuola è il fulcro di un processo di miglioramento ed emancipazione, è necessario cambiare il paradigma e farne un laboratorio autonomo di formazione culturale, di crescita e di maturazione critica dei nostri giovani fondato sul contributo della classe docente.
Il principale ruolo educativo nella scuola è quello di sostenerla, arricchirla e trasformarla, aggiungendo alla sua originaria e tradizionale fisionomia di luogo di istruzione quella irrinunciabile di luogo di educazione, offrendo risposte efficaci alle emergenze educative, affiancando studenti e genitori nella bellezza delle relazioni educative. Risorse e risultati significativi nascono dal raccordo che renda la scuola luogo d’incontro delle diverse storie, provenienze sociali e familiari, delle diverse modalità, dove è possibile promuovere forme di contrasto al disagio e di promozione del benessere. L’ambiente scolastico deve perciò essere ambiente di vita, garantire strategie pedagogiche finalizzate alla crescita personale e sociale, al progetto di sé, al futuro nell’educazione del singolo alunno e di tutta la comunità educante in cui la scuola ha un ruolo centrale.
Foto di Felicia Buitenwerf su Unsplash
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