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Generazione 20 parole, senza alfabeto per i sentimenti

La frattura tra il pensare e il sentire, con la conseguente priorità data nei percorsi formativi alle competenze logiche ha portato a due conseguenze: abbiamo perso le parole per dire i sentimenti e abbiamo perso la capacità di ascoltare le emozioni nostre e degli altri. Ecco alcune tracce per ricostruire un lessico dei sentimenti

di Vanna Iori

teenager sulla panchina

Di fronte all’inquietudine di questo tempo, sempre più persone avvertono una certa difficoltà nel prendersi cura del proprio benessere mentale. Le crisi, soprattutto tra i più giovani, si verificano quando i pensieri, i sentimenti o i comportamenti impediscono loro di prendersi cura di se stessi e degli altri in un reciproco scambio fondato sulla consapevolezza della parola e dell’ascolto. Quali, allora, le soluzioni per riuscire a stare dentro la babele del lessico della vita emotiva dei giovani d’oggi senza esserne sopraffatti e quali gli strumenti per comprendere il tumulto interiore? Come coltivare l’intelligenza del lessico che appare sempre più soffocato nella banalità omologante, imparare a conoscere se stessi e stringere nuovi patti educativi ridando senso pieno alle giovani esistenze?

Si dovrebbe ripartire dall’ascolto e dalla parola. Ricostruendo un lessico dei sentimenti e consegnando una nuova dignità alla relazione emotiva. 

L’ascolto di sé

Una prima importante risposta può essere individuata nell’educazione all’ascolto di sé che è una pratica desueta e ha bisogno del silenzio, indispensabile per dare voce alle tonalità emotive, per sentirsi, cioè saper conoscere, elaborare ed esprimere il proprio mondo interiore. L’educazione ai sentimenti si configura, quindi, primariamente come un accompagnamento a coltivare la propria interiorità e l’ascolto di sé. 

L’educazione ai sentimenti si configura primariamente come un accompagnamento a coltivare la propria interiorità e l’ascolto di sé

Nella fretta che incalza i nostri ritmi di vita, nella smania di consumare immediatamente molteplici esperienze, diventa difficile avere il tempo necessario per metabolizzare le emozioni, passando così da un’esperienza emotiva a un’altra, senza elaborare i vissuti dolorosi e tristi né assaporare la ricchezza dei vissuti positivi per tradurli in energia vitale. 

L’ascolto dell’altro

Oltre alla mancanza di ascolto della propria dimensione interiore, manca anche l’ascolto degli altri, la capacità di comprendere le loro espressioni verbali e non verbali. Per esempio, davanti alla rabbia che si manifesta nella violenza, nel bullismo, nell’aggressività urbana, gli adulti sono turbati, ma privi di risposte.

In famiglia, come a scuola, mancano talora anche le occasioni per parlare, manca spesso il tempo di ascoltare. Anche la rabbia è un’energia che, incanalata correttamente, anziché tradursi in aggressività e violenza, può diventare una risorsa per ottenere la riparazione di un’ingiustizia o per fare rispettare i diritti. Ma gli adulti sono essi stessi sprovvisti di competenze.

In famiglia, come a scuola, mancano talora anche le occasioni per parlare, manca spesso il tempo di ascoltare

La frattura tra ragione e sentimento, spirituale e materiale, provoca difficoltà nella crescita e lascia oggi i ragazzi interiormente divisi, disorientati tra i messaggi contrastanti da parte della società che, da un lato, sembra incentivare la ragione, il distacco, il controllo, e persino l’indifferenza, il cinismo davanti alle esistenze degli altri ed alle sofferenze; dall’altro lato propone un “culto delle emozioni” artificialmente procurate attraverso l’uso di alcool e sostanze, l’adrenalina a tutti i costi, lo sballo. 

Un alfabeto perso

La frattura tra il pensare e il sentire ha prodotto disorientamento esistenziale. Attraverso l’intelligenza emotiva è possibile conoscere le cause delle proprie emozioni, identificarle, valutare le conseguenze negative, controllarle. L’autoconsapevolezza e l’empatia sono abilità che possono essere educate e devono entrare nei contesti educativi, lavorando nelle scuole per rafforzare e diffondere le competenze emotive.

A causa dell’ “incuria” educativa degli adulti nei confronti della vita emotiva, i figli e gli allievi possono perdere gli alfabeti attraverso cui leggere i sentimenti propri e quelli altrui.

Occorre ricominciare dall’ascolto. È quindi determinante la formazione degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e dei genitori ad essere capaci di ascolto delle esperienze che ogni alunno porta con sé. Un’autentica relazione educativa richiede capacità di esperire vissuti veri e profondi, di sapere ascoltarli e nominarli.

La parola

Il secondo grande elemento è infatti la parola. Dove non c’è silenzio non c’è neppure parola, e non può esserci ascolto. La parola ha bisogno del silenzio per potere risuonare del suo senso. L’esperienza dell’ascolto è sempre più “inattuale” nella civiltà dei rumori, delle parole assertive, sguaiate, allusive, invadenti, penetranti, ma anche banalizzate, impoverite ed omologate, inessenziali, opache, ripetitive. La chiacchiera vuota travolge il linguaggio dei sentimenti. La parola che si articola secondo la modalità della banalità convenzionale non consente di conoscere l’altro. Per ridare dignità ai sentimenti occorre prendersi cura delle parole: non solo delle parole che spiegano, ma anche delle parole che parlano il linguaggio dell’empatia, della condivisione, della solidarietà, della cura. 

Per ridare dignità ai sentimenti occorre prendersi cura delle parole: non solo delle parole che spiegano, ma anche delle parole che parlano il linguaggio dell’empatia, della condivisione, della solidarietà, della cura

Generazione 20 parole 

Quelle parole sono forse in grado di colmare quel vuoto interiore che i giovani non riescono a riempire tramite il lessico (la cosiddetta “generazione 20 parole”), codificate negli slang dei cellulari, di twitter, di facebook, di instagram ecc.

L’ascolto dell’altro e del suo farsi parola ha bisogno del silenzio per lasciar emergere l’alterità che man mano si svela, suscitando stupore e meraviglia della sua unicità. Imparare a nominare i sentimenti e le emozioni apre alla consapevolezza emotiva e alla possibilità di comprendere i sentimenti, interrogandoci sul significato di ciò che proviamo, per comprendere ciò che provano gli altri.

La difficoltà di trovare un lessico, e quindi di accettare e usare le nostre emozioni, deriva dal ruolo prevalente, e spesso esclusivo, assegnato alle competenze logiche e intellettive nei precorsi formativi

La difficoltà di trovare un lessico, e quindi di accettare e usare le nostre emozioni, deriva dal ruolo prevalente, e spesso esclusivo, assegnato alle competenze logiche e intellettive nei precorsi formativi. Un utile esercizio che può essere fatto in classe con gli studenti, riguarda la possibilità di imparare ad ascoltare e nominare i sentimenti e le emozioni, per poterne riconoscere la presenza nelle relazioni con gli altri, a scuola e non solo.

Ridare cittadinanza alle emozioni è allora una decisiva scelta per poter esercitare realmente l’empatia, allenando lo sguardo a rintracciare i vissuti dei ragazzi che incontriamo nei luoghi dell’educare.

Foto di Craig Adderley, Pexels

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