Idee Crisi di Governo
Francia, la democrazia incapace di ascoltare la voce dei fragili
La caduta del Governo Barnier riguarda anche le ragioni strutturali della crisi della rappresentanza politica nelle democrazie occidentali. Dobbiamo tornare all'ascolto attivo nei riguardi di coloro che in Paesi formalmente decisamente democratici scelgono di votare per Trump in Usa o per Marine Le Pen in Francia o per Meloni in Italia o per l'estrema destra populista in Germania e Austria. L'ascolto attivo richiede che invece di discutere se è vero o falso quello che queste persone credono, se hanno ragione o torto nelle decisioni di voto, si risalga ai motivi e preoccupazioni che giustificano secondo loro questo voto
La caduta prima ancora di partire del Governo Barnier può essere letta su due scenari.
Il primo riguarda i risvolti nell’immediato in Francia, il secondo le ragioni strutturali della crisi della rappresentanza politica nelle democrazie occidentali. Sul primo scenario si è espresso lucidamente un vecchio braccio destro di Mitterrand, Jacques Attali, in una intervista su La Stampa di oggi (5 dicembre). La mozione di censura congiunta dell’estrema destra ed estrema sinistra che ha provocato la caduta del Governo, dimostra che né l’una né l’altra sono in grado da sole di governare ed è scontato che neppure possono governare insieme.
Quindi – sostiene Attali – niente di drammatico, in quanto in questo momento sono escluse le dimissioni di Macron, mentre la via d’uscita è che anche in Francia come nella maggior parte dei Paesi europei, è necessario che i socialisti prendano le distanze da Mélenchon e contribuiscano a costituire un Governo di centro sinistra. Questo è quel che Macron cercherà di fare. Staremo a vedere. Macron come ha già fatto con lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale in giugno, può questa volta giocare sul fatto che se l’estrema sinistra insiste sulle sue dimissioni a suon di scossoni – rivolte popolari e scioperi generali – il risultato più probabile sarebbe una netta vittoria della estrema destra. Trump insegna.
E appunto lo spettro di Trump sta alla base del secondo e più decisivo scenario. Questo altro scenario per dipanarsi richiede l’adozione di una capacità oggi sempre più rara: l’ascolto attivo nei riguardi di coloro che in Paesi formalmente decisamente democratici scelgono di votare per Trump in Usa o per Marine Le Pen in Francia o per Meloni in Italia o per l’estrema destra populista in Germania e Austria. L’ascolto attivo richiede che invece di discutere se è vero o falso quello che queste persone credono, se hanno ragione o torto nelle decisioni di voto, si risalga ai motivi e preoccupazioni che giustificano secondo loro questo voto. E i motivi sono molto chiari: rispetto a un regime democratico sempre più oligarchico e accentrato, sempre più incapace nell’ascoltare i problemi prioritari della maggioranza dei cittadini e inefficace nel farsene carico, tanto vale optare per un potere altrettanto accentrato e oligarchico, ma che promette di essere efficace.
Lara Trump, la nuora del nuovo presidente che si è occupata della campagna elettorale, al Global Women’s summit di quest’anno, lo ha spiegato senza peli sulla lingua, da vera trionfatrice: la loro ricetta è consistita nel procurarsi le liste di tutti coloro che abitualmente non votano e andare a bussare sistematicamente alle loro porte per dire: “Questa volta facciamo sul serio”. “Vi ascoltiamo, sappiamo che volete garanzie di sicurezza, salari più alti, più posti di lavoro e che siete stanchi delle chiacchiere dei notabili”. “Noi come voi a loro non crediamo più e vi diamo la possibilità di un voto che conta per davvero”. Il linguaggio e le posture anti establishment di Trump, il suo fare da gradasso minaccioso, sono lì ad avvalorare la promessa di cambiamento: è uno che guarda al sodo. Il diritto di parola senza il diritto di essere ascoltati è una finzione, una presa in giro, e allora, se il prezzo perché le condizioni di vita migliorino è una democrazia illiberale, così sia. Questo è il ragionamento che chiunque può ascoltare dalle sempre più numerose testimonianze di coloro uomini e donne, latinos e neri, che hanno votato Trump e che in Francia hanno scelto Le Pen. Anche il fatto che a posteriori trovino il coraggio di dire apertamente cosa pensano, mentre prima delle elezioni, temevano di esprimersi, è significativo della crisi di regime. La gente che vota al populismo di destra vota per il cambiamento. Chi non è d’accordo con questo tipo di cambiamento farà bene a rivolgere lo sguardo alle molte esperienze in atto in questo momento in Francia e nel mondo in cui forme di democrazia qualitativa, di democratizzazione della democrazia, di democrazia deliberativa, sono in grado di garantire ad anziani e giovani una reale moltiplicazione delle opzioni e una autentica dignità. Contro il regime ancora dominante che andava bene due secoli fa.
In foto Michel Barnier/AP Photo/Michel Euler/LaPresse
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