Idee Fisco & Terzo settore

Finalmente il Social bonus: ecco come funziona e come utilizzarlo

La misura consente di fruire di un credito d'imposta a favore di persone fisiche, enti non commerciali o società che abbiano effettuato erogazioni liberali destinate ad interventi di recupero di beni pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie e assegnati ad Enti del Terzo Settore (Ets). L'approfondimento a firma del presidente di Fondazione Terzjus

di Luigi Bobba

Il 4 settembre scorso è arrivata una buona notizia: con decreto del direttore del Terzo settore del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (Mlps) Alessandro Lombardi, sono stati approvati i primi cinque progetti che prevedono l’utilizzo del Social bonus. Una misura introdotta all’art. 81 del Codice del Terzo Settore (Cts) che è rimasta a lungo inapplicata finché non è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, nel luglio 2022, il decreto n. 89 attuativo della stessa.

Perché è una buona notizia?  Con l’individuazione dei primi cinque progetti finalmente si avvia un percorso di formalizzazione dello strumento del Social bonus. Una misura (e chi scrive lo sa per certo, essendo stato nel 2017 Sottosegretario al Mps con delega al Terzo settore) che nasce come strumento promozionale in analogia alla pregressa e maggiormente nota disposizione dell’Art bonus, per il recupero e la valorizzazione di beni pubblici architettonici, culturali e ambientali. Il Social bonus, infatti, consente di fruire di un credito d’imposta a favore di persone fisiche, enti non commerciali o società che abbiano effettuato erogazioni liberali destinate ad interventi di recupero di beni pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie e assegnati ad Enti del Terzo Settore (Ets). In particolare, le persone fisiche possono contare su un credito di imposta pari al 65% del valore della erogazione liberale; mentre per quelle giuridiche è del 50%.

Quale è stata la ratio iniziale della misura? La finalità a cui si è ispirato il legislatore – poi tradotta nell’art.81 del Cts – eè duplice: da un lato, sostenere concretamente il Terzo settore nella realizzazione di attività di interesse generale; dall’altro, restituire alla collettività beni immobili pubblici inutilizzati o beni immobili o mobili confiscati alla criminalità organizzata. Dunque, tali immobili pubblici – attraverso le disposizioni e le risorse contenute in questa norma – possono essere ristrutturati e valorizzati per essere destinati ad attività di interesse generale svolte esclusivamente dagli Ets in modalità non commerciale; è bene rammentare che si tratta di un patrimonio ingente che ammonta per i soli beni confiscati ai poteri malavitosi a più di 6mila immobili. 

A quali soggetti, le amministrazioni pubbliche possono dare in comodato o in concessione questi beni?  La legge e i successivi provvedimenti parlano chiaro: solo gli Ets – escluse le imprese sociali in forma societaria – possono essere – in forma singola o associata – i beneficiari di tale assegnazione. Dunque una associazione di promozione sociale (Aps) o un’organizzazione di volontariato (Odv) o altro Ets può ricevere da un’amministrazione pubblica un immobile di tale natura onde poter presentare al Mlps un progetto di recupero e valorizzazione dello stesso. Interessante notare che tra i cinque progetti già approvati ci sono quasi tutte le tipologie di Ets: due Odv, una fondazione, una cooperativa sociale, una società di mutuo soccorso. 

Cosa deve fare un Ets nel momento in cui ha avuto un immobile pubblico in concessione? Deve presentare al Mlps – su un apposito portale – il progetto di ristrutturazione e valorizzazione del bene, specificando in modo puntuale sia la natura degli interventi previsti, sia le attività di interesse generale che si andranno a svolgere. Le finestre temporali per presentare i progetti sono tre: entro il 15 gennaio, entro il 15 maggio ed entro il 15 settembre di ogni anno. Quindi la prossima sarà il 15 gennaio 2025. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – mediante un’apposita commissione – decide sui progetti presentati non con una procedura comparativa ma unicamente valutando se sussistano tutti i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge. Ed è esattamente quello che è accaduto con il decreto direttoriale del 4 settembre scorso.

Ottenuta l’approvazione, l’Ets proponente può iniziare ad attivare la raccolta fondi sia tra le persone fisiche – normali cittadini – sia rivolgendosi ad enti non commerciali o imprese al fine di avere a disposizione le risorse necessarie per avviare e completare l’intervento sull’immobile.  I donatori – persone fisiche e giuridiche – possono vedere riconosciuto il credito di imposta a loro spettante in tre annualità, a partire dall’anno stesso in cui hanno effettuato la erogazione liberale con questa specifica finalità. Dunque una doppia facilitazione – tre anni contro i 10 anni di molte altre detrazioni fiscali e immediata fruibilità del credito di imposta – che dovrebbe incoraggiare a donare coloro che vogliono sostenere un progetto di tale natura.  Tale robusto credito di imposta non e’ cumulabile con altre detrazioni/deduzioni previste dallo stesso CTS e che hanno come beneficiari gli ETS. 

A questo punto cosa dovrà fare l’Ets? Sarà tenuto ad esporre, sia sul portale del Mlps che sul proprio sito, un aggiornamento trimestrale delle somme raccolte con le erogazioni liberali nonché un rendiconto delle spese dell’intervento che sono state coperte con le donazioni.

Il range delle spese rendicontabili è piuttosto ampio: si va dalla progettazione alla manutenzione ordinaria e straordinaria; dalla sistemazione statica della struttura agli apparati tecnologici e alle attrezzature; fino ad arrivare alle spese di funzionamento del bene (utenze, pulizie, tributi, ecc). A conclusione dei lavori, l’Ets è tenuto a trasmettere al Ministero un rendiconto generale accompagnato dal certificato di collaudo dell’immobile stesso. L’ente è altresì vincolato ad esporre sul proprio sito l’insieme delle somme raccolte e come sono state impiegate. L’ufficio regionale del Registro unico nazionale del Terzo Settore (Runts) competente per territorio avrà il compito di verificare che l’intervento sia effettivamente finalizzato a supportare le attività di interesse generale indicate dall’Ets nel progetto originario. Questa misura così innovativa potrebbe altresì prestarsi per attivare delle procedure di amministrazione condivisa mediante gli istituti della coprogrammazione e della coprogettazione, valorizzando così al meglio risorse pubbliche e quelle del terzo settore. 

Ora che il treno è partito con i primi cinque vagoni, c’è da augurarsi che tanti altri Ets vogliano agganciarsi alla motrice principale. E’ un vero peccato che le risorse disposte nella legge originaria per coprire il costo del credito di imposta sulle donazioni finalizzate, sia andato perduto per un valore complessivo – dal 2019 ad oggi – per più di 150 milioni; è anche sperabile che il legislatore provveda ad includere tra i possibili proponenti anche le imprese sociali in forma di società e che nell’immobile si possano svolgere anche attività diverse di natura commerciale.

La Fondazione Terzjus sta predisponendo un insieme di iniziative informative, formative e di accompagnamento destinate agli Ets che intendono avvalersi di questa opportunità per poter offrire alla propria comunità servizi e interventi volti sia alla promozione del bene comune, sia a generare maggiore equità ed inclusione.

Foto/Archivio VITA: Beteyà Digital Farm: Ii percorso didattico, promosso dall’associazione Don Bosco 2000 a Villarosa, in Sicilia, su un bene confiscato

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive