Idee Economia

Ecco perché il capitale vale sempre di più e il lavoro sempre di meno

Per evitare fallimenti che potrebbero compromettere il tenore di vita occidentale, il patrimonio deve aumentare di valore, non può perderlo. Questo spiega il trasferimento di valore dal lavoro al capitale, la contrazione dei salari, il blocco dell'ascensore sociale, la polarizzazione della ricchezza e l'aumento delle disuguaglianze

di Simone Cerlini

“There’s class warfare, all right, but it’s my class, the rich class, that’s making war, and we’re winning.” — Warren Buffet, N.Y. Times, 26 novembre 2006

Recentemente, un imprenditore fondatore di un fondo di investimento ha delineato la situazione macroeconomica attuale con pochi illuminanti concetti. Ha spiegato che siamo seduti su una montagna di debiti. Il valore degli asset è gonfiato dal debito, e ogni implosione di una bolla, come il crollo di Lehman Brothers, causa crisi a catena. Ogni bene fonda il suo valore su altri beni e sul debito, per cui, per evitare fallimenti che potrebbero compromettere l’occupazione e il tenore di vita occidentale, il patrimonio deve aumentare di valore, non può perderlo. Le istituzioni economiche lavorano per far crescere i patrimoni, anche a scapito del lavoro, come dimostrano Piketty, Milanovic, Atkinson e Savage. Chi possiede capitale ha vinto, perché un crollo generale distruggerebbe l’intero sistema. Detta così, è lampante: una verità sotto ai nostri occhi. Molto ben celata.

Il capitale economico, relazionale e culturale si converte facilmente, permettendo a chi lo detiene di mantenere il potere e giustificare lo sfruttamento con l’ideologia del merito e della supremazia culturale. Questo spiega il trasferimento di valore dal lavoro al capitale, la contrazione dei salari, il blocco dell’ascensore sociale, la polarizzazione della ricchezza e l’aumento delle disuguaglianze.

“Capitalism is a hierarchical structure that gives owners of inherited or accumulated wealth institutional power over wage earners.” — Nancy Folbre, 2021

Il problema delle élite è che vogliono stravincere. Il capitale ha operato per dividere il blocco del lavoro per nazionalità, cittadinanza, etnia, religione, colore della pelle, genere e scelta sessuale. Il capitale non ha colore né cittadinanza: Marina Berlusconi pur essendo donna può legittimamente negoziare con Zang Kangyang, pur essendo cinese, e questo potrebbe benissimo trascorrere una serata al Parco dei Principi al fianco di Nasser Al-Khelifi, pur essendo musulmano, e nessuno si stupirebbe di vedere quest’ultimo a cena con Marc Jacobs, pur essendo, lo stilista, ebreo e gay. Un osservatore esterno vedrebbe chiaramente che un piccolo imprenditore tunisino ha gli stessi interessi di un commerciante veneto, così come un bracciante agricolo indiano ha gli stessi interessi di un addetto alle pulizie lombardo. La guerra tra poveri serve a evitare la guerra ai ricchi, che detengono il capitale e si guardano bene dal condividerlo.

Dare alle masse un nemico fittizio per distrarle dal vero nemico è rischioso e le élite non hanno imparato dalla storia del Novecento. L’antidoto al fascismo non è dividere, ma unire, attraverso la consapevolezza che chi vive di stipendio o del proprio lavoro ha interessi comuni, indipendentemente da sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, di titoli di laurea o dottorato, di gusti cinematografici o di letture, dell’abilità nel pianoforte o nella padronanza dell’accento british.

Sarebbe meglio concedere rapidamente la cittadinanza a chi lavora con noi, invece che attrarre capitalisti stranieri con la flat tax riservata ai ricchi (istituita con Legge di Bilancio 2017, Governo Gentiloni). Meglio ridurre il carico fiscale sulla piccola e media impresa invece che sul capital gain. Meglio allargare la possibilità di accedere alla formazione superiore e terziaria, più che rendere “prioritaria” la valutazione del dottorato tra i titoli rilevanti nei concorsi pubblici (legge 5 marzo 2020 n°12, Governo Conte). Meglio abolire i privilegi, che l’Impôt de Solidarité sur la Fortune, altrimenti, caro Macron, e cara Europa, le conseguenze potrebbero essere inaspettate. 

Foto di Pixabay

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