Idee Narrazioni
Così imparo da mio figlio a disarmare le parole
A volte non ci pensiamo, noi giornalisti. Associamo delle parole, iniziamo ad usare delle frasi che entrano nel linguaggio comune, senza darci troppo peso. È quando arrivano le domande dei bambini che dobbiamo farci per forza caso

La tv è accesa su un programma di informazione. Gli ospiti parlano, l’argomento è La guerra dei dazi, scritto in alto. È l’ora di cena, si siede a tavola. Non mi chiede di cambiare canale, come fa spesso, per vedere i cartoni animati. Rimane a leggere quel titolo e ad ascoltare cosa dicono le persone. Mi guarda con gli occhi a punto interrogativo: «Mamma, ma cosa sono i dazi?».
Ha 9 anni, è particolarmente curioso in questo periodo. Provo a spiegarglielo, in modo semplice. Ma dopo le prime parole, mi interrompe. «Ma perché c’è scritto “guerra dei dazi”? Cosa c’entra? Avevo paura ci fosse un’altra guerra. Non l’avrei sopportato». Lui che un anno e mezzo fa, dopo l’attacco di Hamas ad Israele del 7 ottobre 2023, mi chiese: «Un’altra guerra? Ma allora quella in Ucraina è finita?». È cresciuto a “pane e Gianni Rodari” e «Ci sono cose da non fare mai né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra». E se la guerra non deve esistere, due guerre contemporaneamente proprio non sono accettabili (oltre alle tante altre che ci sono…).
Come dargli torto? “Guerra dei dazi” è uno dei tanti modi di dire, che entrano nel linguaggio mediatico e ci restano. “Versare in un mare di sangue”, “tirare per la giacchetta”, poi gli evergreen “coperta troppo corta” e “mal di pancia”, così amati dai politici e non solo.
Un po’ di giorni fa mi ha chiesto: «Cos’è un raptus di follia?». Si parlava di una ragazza uccisa. Le parole sono importanti, in alcuni casi lo sono ancora di più. Forse abbiamo perso l’abitudine di fare a noi stessi le domande che ci fanno i bambini, prima di parlare e prima di scrivere. Forse non diamo la giusta importanza al peso di ogni parola che usiamo, per fretta, per mancanza di spazio, per semplificazione. «Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire», scriveva Alda Merini.
«Voi sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani». Facciamo tesoro delle parole di papa Francesco, che si è rivolto così di recente, mentre era ricoverato in ospedale, a tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare. «Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità», ha scritto il Papa in una lettera inviata al Corriere della Sera lo scorso 14 marzo. Disarmiamole queste parole, per disarmare le menti e la Terra. Facciamolo per noi e per chi la abiterà domani.
Foto di Sven Brandsma su Unsplash
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