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Così Cassa Depositi e Prestiti è diventa l’azionista di maggioranza dell’innovazione sociale

Come leggere questo fenomeno? Da una parte come una sorta di rilancio in grande stile dello “Stato innovatore”. Dall'altra occorre rilevare che ormai esiste una terza gamba dello sviluppo, che se non si configura come un “deep state” poco ci manca

di Flaviano Zandonai

Cassa Depositi e Prestiti è ormai l’azionista di riferimento dell’innovazione nel nostro Paese. Non solo di quella tecnologica, ma anche di quella sociale (posto che la distinzione abbia ancora senso). Secondo il rapporto sul venture capital curato Italian Tech Alliance, Cdp è stato l’investitore più attivo nel corso del 2022 con 57 operazioni (il secondo in classifica si è fermato a 36 e il terzo a 24). Invece è di qualche settimana fa la notizia rilanciata da Vita sull’avvio di una Esg community che da una più stretta collaborazione tra Cdp con imprese, spesso di origine o ancora di proprietà pubblica, e fondazioni, sia bancarie che corporate, si aspetta di incrementare l’impatto di progettualità e politiche che vedono spesso il Terzo settore come beneficiario e soggetto attuatore.

Cdp è stato l’investitore più attivo nel corso del 2022 con 57 operazioni (il secondo in classifica si è fermato a 36 e il terzo a 24)

Flaviano Zandonai

Alla lista si potrebbero aggiungere anche altre iniziative, come ad esempio la seconda call dell’acceleratore Personae dedicato a startup nel campo del welfare sostenuto sempre da Cdp, per definire un quadro di sviluppo che è, al tempo stesso, rilevante e inedito. In particolare la convergenza tra tecnocrazie pubbliche e filantropiche rappresenta una modalità sempre più ricercata per progettare e gestire politiche di innovazione. Basti pensare alle iniziative di contrasto alla povertà e educativa e, più di recente, al programma di mitigazione dei rischi legati alla trasformazione digitale.

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Come leggere questo fenomeno? Da una parte come una sorta di rilancio in grande stile dello “Stato innovatore” attraverso una modalità che allarga anche a soggetti privati il compito non solo di cofinanziare ma anche di definire le sfide socioambientali alle quali è sempre più urgente rispondere.

D’altro canto questo stesso assetto potrebbe essere interpretato come un’opzione ormai sempre più consistente e per certi versi obbligata per chi vuole fare innovazione sociale coltivando relazioni – di advocacy, progettuali e financo politiche – non solo ai “tavoli” della politica territoriale e neanche solo attraverso il confronto diretto con i bisogni e le aspirazioni di cittadini e comunità “sul terreno”.

C’è ormai una terza gamba dello sviluppo, rilevante anche in termini culturali visto che soprattutto le fondazioni finanziano un vasto ecosistema di conoscenza e consulenza, che se non si configura come un deep state poco ci manca. Solo che in questo caso a differenza delle versioni tradizionali magari infarcite da letture complottiste, questo Stato profondo che agisce nel retropalco della politica e dei processi sociali non si limita a fare da garante rispetto al funzionamento degli affari correnti in particolare in tempi complessi come quelli attuali. Si candida piuttosto ad attore di innovazione. Un’opportunità e, va detto, un’ambivalenza in più per un Terzo settore che gioca la sua “terzietà” proprio per saper stare nel mezzo a dinamiche sociali dalle quali passano nuovi assetti di potere.

Foto di apertura: la sede centrale della Cassa Depositi e prestitit in via Goito a Roma- Foto Cdp

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