Idee Il futuro che ci aspetta

Come si immaginano i 20enni di oggi fra dieci anni?

Gli immaginari sono immaginari, niente di più e niente di meno, provo qui a trasformare quelli giovanili in notizie, come se annunciassero per tratti sommari il mondo a venire

di Stefano Laffi

Mi capita spesso di navigare negli immaginari delle giovani generazioni, e non solo nei loro. Mi serve per progettare, per capire desideri e paure, per individuare varianti al presente, per aiutare a cambiare le cose – il vero patto tacito che sento di avere con loro. Fra i tanti esercizi che si fanno insieme c’è l’invito al risveglio a 10 anni da adesso, con la fotografia di quel che si vede, descritta in dettaglio, scavalcando i nodi del presente, per vedere ad esempio insieme a presidi e insegnanti com’è una scuola che funzioni, o una biblioteca aperta alla comunità con chi oggi vi lavora. O come sono le vite di ragazzi e ragazze, proiettate verso i 30 anni. Gli immaginari sono immaginari, niente di più e niente di meno, provo qui a trasformare quelli giovanili in notizie, come se annunciassero per tratti sommari il mondo a venire.

La prima notizia è che la casa sarà una casa, all’incirca com’è adesso. Nessuno descrive trasformazioni mirabolanti, arredi innovativi, comandi vocali che muovono ogni cosa o forme abitative particolari, mobili o temporanee. Così come nessuno disegna mezzi particolari di spostamento, cioè immagina una mobilità diversa dall’attuale, nonostante questi siano stati gli anni della rivoluzione dell’elettrico, dei mezzi in sharing, della comparsa di nuovi oggetti come la monoruota e l’overboard. La sensazione è che probabilmente non ce ne sia bisogno, di immaginare qualcosa: veniamo da decenni senza eroi, le rivoluzioni del quotidiano le hanno fatte gli oggetti (e gli staff di ricerca alle spalle) più che le persone, l’economia ha vinto sulla politica, basta aspettare e qualcosa di nuovo arriva, non c’è nemmeno bisogno di desiderarlo. Anzi, l’esplorazione degli immaginari svela quanto questi siano stati cambiamenti senza domanda: nessuno ha mai chiesto di cambiare versione del telefono ogni anno, è il mercato a inventarsi l’obsolescenza, il mondo materiale muta molto più rapidamente di quanto a noi serva, ormai l’abbiamo capito. È singolare, l’universo degli oggetti che aveva scatenato la fantascienza non innesca più quel gioco a inventare le forme e gli usi, c’è quasi una rassegnazione alla trasformazione materiale. E comunque non c’è bisogno di occuparsene o preoccuparsene, arriverà.

La seconda notizia riguarda la natura. Quella c’è, la si vuol vedere fuori dalla finestra, quando ci si sveglia, la si vuole incontrare camminando. È chiaro che in questo caso la dinamica è opposta: un elemento del presente assai più minacciato lo si vuole salvare, l’immaginario corre in soccorso, lo protegge e lo mette in sicurezza. Proprio perché non è scontato, come appare invece la tecnologia, l’immaginazione prova a invertire il corso della storia, e al contempo svela che cosa conta davvero per le nuove generazioni. Intanto è interessante rilevare l’inversione dei significati, la tecnologia è naturale che ci sarà, la natura niente affatto.

La terza notizia riguarda le relazioni. È lì che è in arrivo una rivoluzione, se questo gioco degli immaginari ha potere di annuncio. Alla domanda “chi c’è accanto a te, quando ti svegli?” le risposte frequenti sono “nessuno”, oppure “il mio cane”, “i miei gatti”, anche quando oggi non ci sono o non è immaginabile che vivano altri 10 anni. Intendiamoci, compare anche “mia moglie, mio marito, la mia ragazza, ecc.” ma è raro, cioè è chiaro che l’immaginario non fa della famiglia un punto fermo, una tappa obbligata del proprio futuro. La cosa si capisce meglio esplorando questo tema delle relazioni, perché se un/a compagno/a compare di rado invece amici e amiche ci sono sempre, sembrano loro i veri compagni, le vere compagne. 

Ecco forse la chiave per capire cosa sta succedendo: le nuove generazioni hanno scelto su cosa muovere la loro rivoluzione, fatta non di invenzioni ma di identità e di relazioni nuove. Già lo si vede entrando in una qualunque classe delle scuole superiori, il mondo dicotomico inscritto nello sguardo dell’adulto si infrange in qualcosa di assai più indistinto delle polarità maschio-femmina, gli orientamenti sessuali sono vari e dinamici, qualunque etichetta rischia di essere fuori fuoco. Non c’è un’opposizione all’idea di famiglia, perché le nuove generazioni sono assai poco conflittuali e rivendicative, oltre ad essere spesso molto attaccate alla famiglia di origine, ma verosimilmente cresce la fantasia di una comunità più larga. 

Fra 10 anni ci si sveglia da soli anche se non si è affatto soli, semplicemente si è più liberi di fare quel che si vuole, sin dalla mattina, senza doveri coniugali. L’amore c’è, forse, ma non ci si aggrappa, lo si può incontrare quando si vuole, la convivenza non è un obbligo, l’implicito è che il sesso non implica l’amore, lo si soddisfa anche con altre relazioni, comprese quelle amicali. Quel che è certo è che ci sono amici e amiche, da incontrare una volta finito il lavoro, perché sono loro a garantire il divertimento, la leggerezza, la confidenza, insomma la vacanza da una società percepita come giudicante, performante, diseguale ed escludente. E mentre sfuma quel mondo dicotomico che ha segnato la vita degli adulti declina anche il mito della coppia, perché l’amicizia è gruppale, è plurale, regala altri gradi di libertà rispetto ai vincoli dell’amore. 

Poco importa se andrà davvero così e se non tutti hanno questa visione, come sempre la domanda è “cosa ci stanno dicendo a proposito del presente le generazioni più giovani?”

Foto di Chermiti Mohamed/Pexels

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