Idee Medio Oriente

Cisgiordania, così il governo Netanyahu si “mangia” la terra dei palestinesi

Mentre tutti i riflettori sono puntati sulla Striscia e sul confine fra Israele e Libano, nel disinteresse generale in Cisgiordania si sta consumando i de profundis del diritto internazionale. Dal 7 ottobre sono stati sottratti altri 23 km quadrati di terra (nei 25 anni precedenti erano stati 28). Seicento i morti

di Paolo Bergamaschi

«Il  popolo ebraico non è occupatore della sua terra, né della nostra eterna capitale Gerusalemme, né della nostra eredità ancestrale di Giudea e Samaria» (come Israele chiama la Cisgiordania, ndr), ha affermato Benjamin Netanyahu il 13 luglio scorso, «nessuna decisione menzognera all’Aia distorcerà questa verità storica e, allo stesso modo, può mettere in discussione la legalità degli insediamenti israeliani in tutte le parti della nostra patria». Non poteva essere più eloquente, esplicita e tranciante la reazione del primo ministro israeliano al parere consultivo della Corte di Giustizia Internazionale, il massimo organo deputato all’interpretazione del diritto internazionale, sollecitata da una richiesta dall’Assemblea Generale dell’Onu a esprimere un giudizio sulle conseguenze legali della “prolungata occupazione, insediamento e annessione del territorio palestinese occupato dal 1967” da parte di Israele. 

Il ministro per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir ha usato toni ancora più duri definendo la corte un organismo antisemita fino a chiedere l’annessione a Israele di tutti i territori occupati. Non dissimile il commento del leader di opposizione Yair Lapid che ha giudicato la sentenza priva di comprensione della realtà sul terreno. Pochi giorni dopo è stato il parlamento dello stato ebraico a chiudere la porta ad ogni soluzione negoziale fondata su due stati per due popoli. «La Knesset si oppone fermamente alla creazione di uno Stato palestinese a ovest della Giordania. La creazione di uno Stato palestinese nel cuore della Terra di Israele rappresenterà un pericolo esistenziale per lo Stato di Israele e i suoi cittadini, perpetuerà il conflitto israelo-palestinese e destabilizzerà la regione», si legge nella risoluzione approvata. Ed è stata ancora la Knesset il 22 luglio a votare in prima lettura tre disegni di legge contro l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che assiste i profughi palestinesi, che vietano all’organizzazione, nell’ordine, di operare sul territorio israeliano, privano il suo personale delle immunità legali e dei privilegi concessi al personale delle Nazioni Unite e, infine, bollano l’agenzia come organizzazione terroristica chiedendo al Governo di tagliare ogni legame con essa.

Intanto a maggio i poteri legali dell’amministrazione dell’Area C della Cisgiordania, una regione in gran parte rurale che comprende il 60% del territorio palestinese occupato, sono stati trasferiti, dopo 57 anni, dalle mani dei militari a quelle civili segnalando che l’occupazione israeliana della Cisgiordania non è temporanea e che lo Stato ebraico si appresta ad annettere formalmente il territorio palestinese. Da ultimo il gabinetto di sicurezza di Tel Aviv ha legalizzato retroattivamente cinque avamposti di insediamenti mentre continua l’espansione di quelli esistenti spolpando i territori occupati come una mela fino al torsolo.

Nel prendere atto della sentenza della Corte di Giustizia, ovvero che la presenza di Israele nei territori occupati è illegale, che i coloni devono essere evacuati e che tutti gli Stati hanno l’obbligo di non riconoscere come legale questa situazione, Josep Borrell, l’Alto Rappresentante dell’Ue per la Politica Estera e di Sicurezza Comune si limita ad osservare che le conclusioni della corte sono «in gran parte coerenti con le posizioni dell’Ue, che a loro volta sono pienamente allineate con le risoluzioni delle Nazioni Unite relative allo status dei territori palestinesi occupati» omettendo pavidamente, però, di chiedere direttamente a Israele il rispetto della decisione. Dallo scorso ottobre, quando è scoppiato il conflitto a Gaza dopo il barbaro attacco a Israele dei terroristi di Hamas, sono 23 i chilometri quadrati di terra sottratti ai palestinesi in Cisgiordania secondo la denuncia dell’autorevole organizzazione pacifista israeliana Peace Now. Nel corso dei 25 anni precedenti erano stati “solo” 28. A completamento del quadro bisogna aggiungere  che sono quasi 600 le vittime in Cisgiordania dall’inizio della carneficina di Gaza, la stragrande maggioranza delle quali civili. Mentre tutti i riflettori sono puntati sulla Striscia e sul confine fra Israele e Libano nel disinteresse generale in Cisgiordania si sta consumando la fine del diritto internazionale, il “de profundis” della diplomazia occidentale e lo scocciato fastidio delle monarchie del Golfo nei confronti dei palestinesi. La cui unica colpa, forse, è solo quella di esistere.         

In foto: Beduini palestinesi siedono accanto alle loro cose nel luogo in cui sono state demolite, dalle forze israeliane, tende e baracche alla periferia della città di Duma, in Cisgiordania. AP/Nasser Nasser.


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