Politica
Idee per una previdenza che sia previdente
Il vecchio schema secondo cui cè una stagione per lo studio, una per il lavoro e una per il riposo non risponde più ai modelli del futuro, di Pier Paolo Baretta
di Redazione
I cambiamenti profondi e rapidi che hanno segnato, negli ultimi due decenni, il mondo del lavoro fanno emergere una nuova questione sociale. La globalizzazione assieme alla frantumazione del ciclo produttivo espongono i lavoratori a inedite criticità: il mercato del lavoro è scoppiato e la flessibilità si piega sempre più verso la instabilità. I più esposti sono i giovani, rispetto ai quali la disattenzione politica e sociale è colpevole. Al contempo, la straordinaria evoluzione (o meglio, rivoluzione) demografica ci pone tra i Paesi del mondo col più elevato tasso di attesa di vita, il più alto d?Europa.
Il numero degli ultraottantenni in Italia raddoppia nei prossimi 15 anni, arrivando a 5milioni di persone; l?età media di vita passa per le donne (che superano gli uomini di circa 5 anni) dagli 82 di oggi agli 89 del 2040. Ma, al contempo, il tasso di fertilità che era di 2,5 figli per donna nel 1975 è sceso agli attuali 1,3 e tende a stabilizzarsi a 1,4 per il futuro. Di fronte a questo scenario il sindacato ha dichiarato la disponibilità a prendere in considerazione il tema dell?età media effettiva di pensionamento; sia pure in condizioni di sicurezza sociale, vedi ad esempio lo svolgimento di attività particolarmente usuranti, che rendono impossibile la permanenza oltre certe età nel mercato del lavoro.
Infine, la difficoltà dello Stato a sostenere un sistema previdenziale oggettivamente appesantito produce, attraverso l?adozione del sistema di calcolo contributivo, un rapporto tra l?ultima retribuzione e la prima pensione pari al 50% circa. Ecco spiegate le ragioni culturali, politiche e sociali della strategia sindacale che si oppone alla revisione dei coefficienti di trasformazione; che peraltro esplicano i loro effetti finanziari in prevalenza dal 2013 in avanti.
Il ?combinato disposto?, come direbbero i giuristi, di tutti questi elementi produce una società del tutto diversa da quella nella quale siamo cresciuti. Si vive molto di più, ma nascono meno giovani che entrano al lavoro più tardi. Il risultato è una società molto più anziana con pensioni molto più basse! Il vecchio schema: un tempo per lo studio, un tempo per il lavoro, un tempo per il riposo, non risponde più a questa nuova società. Una società più integrata, più attiva è la sfida che abbiamo davanti a noi. Risulta evidente che sono, a questo fine, necessarie nuove politiche sociali e redistributive, una nuova economia, una nuova cultura.
È all?interno di questo sconvolgente scenario che si colloca una seria discussione sulle pensioni. Discutere di pensioni vuol dire, nella percezione di chi lavora, discutere di futuro. E discutere di futuro vuol dire prevedere e scegliere in coerenza. E, nel futuro, se i nodi strategici sono quelli qui enunciati, dobbiamo mettere nel conto un aumento, e non una diminuzione, dei bisogni sociali, della domanda di welfare. In quest?ottica, le vere priorità per la politica e per il sindacato riguardano i giovani e gli anziani. Se il sindacato sarà in grado di tutelare efficacemente queste due categorie sociali potrà fornire risposte adeguate anche ai bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici che rappresenta. È una prospettiva che dobbiamo avere ben presente, senza la quale ogni dibattito sulla sostenibilità del sistema pensionistico rischia di diventare sterile.
Con questo spirito e con queste priorità va affrontato l?imminente confronto con il governo. L?emergenza di una situazione economica che, nonostante le notizie confortanti di questi giorni, presenta ancora rilevanti difficoltà e fragilità, non deve portare l?esecutivo ad affrontare in chiave solo congiunturale o di cassa le questioni previdenziali. In gioco non c?è solo la Finanziaria del 2008 o i parametri di Bruxelles, ma il modello di società nel quale vogliamo vivere la nostra lunga, ma non miserevole vecchiaia e quella, operosa e salubre, nella quale vogliamo far vivere i nostri figli.
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