Cultura

Ici, si attacca la Chiesa per ottenere altro

In gioco non ci sono soldi, ma la libertà

di Giuseppe Frangi

La nuova offensiva che MicroMega, la rivista della sinistra intellettuale edita dal gruppo Repubblica, ha lanciato sul tema Ici-Chiesa, aldilà dell’impostazione tecnica marchiata da faziosità e da incompletezze, ha una inquietante rilevanza culturale. Questa polemica lanciata in una situazione come quella che stiamo vivendo, alimenta giudizi sommari da parte dell’opinione pubblica e dall’altra parte mette a rischio un sistema di solidarietà e di sostegno ai più deboli, che è un tassello fondamentale della coesione sociale del nostro paese. Innescare processi di questo tipo in una situazione come quella che stiamo vivendo, in cui le strutture di solidarietà saranno verosimilmente chiamate a svolgere un compito che non ha precedenti nella nostra storia recente, è una gravissima irresponsabilità.

Ma le cose si spiegano se si guarda al ceto sociale cui appartiene chi ha innescato la polemica: borghesi, di cultura radicale, moralizzatori per professione. Persone che per andare in ferie non devono ricorrere a una casa vacanza a prezzi calmierati perché gestita anche grazie al lavoro di volontari, ma si accomodano in begli alberghi di Cortina e Capalbio. Che se vanno a Venezia non devono ricorrere alle strutture di accoglienza di don Orione o dei Valdesi (tutte le confessioni religiose hanno le stesse esenzioni che valgono per la Chiesa), perchè hanno quattro o cinque stelle alla loro portata. Persone che guardando con diffidenza a quell’istituto arcaico che è la famiglia e non sanno cosa vuol dire poter avere un’organizzazione non profit garantisce servizi di asilo nido o scuola materna per i bambini. Persone che non hanno mai servito un piatto a una mensa allestita, senza nessun onere per lo stato, per i più poveri. Oppure che non sanno qual è il valore degli oratori estivi dove centinaia di migliaia di bambini trovano un luogo dove stare a luglio, quando la scuola è finita ma non è finito il lavoro dei genitori.

Non è una questione di soldi (a questi signori bisognerebbe ricordare che i servizi garantiti dalla chiesa e dal non profit sono tutti servizi dei cui costi lo stato si ritrova sgravato, come ha ricordato il presidente dell’Arci Paolo beni). È una questione culturale: operazioni come queste, con la portata demagogica che le contraddistingue, mettono nel mirino l’identità stessa di un popolo, come il nostro, che ha nella solidarietà, nella libertà d’intrapresa e nella capacità di costruzione di reti sociali il proprio software. Mi chiedo con quale calcolo si faccia tutto questo . E l’unica rispoista che mi riesco a dare è che il disegno è quello di arrivare ad un modello sociale regolato da una tecnocrazia. Una società di uomini monadi, svincolati da ogni appartenenza identitaria, slegati da ogni rete, e saldamente nelle mani di chi tiene le fila del potere.

 

 

 


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