Volontariato

I volontari della Papa Giovanni XXIII: «Bene lo sblocco, ma ora?»

Il testo delle lettera aperta

di Redazione

I volontari in servizio civile con l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, gli ex volontari e i candidati ai nuovi progetti si sono riuniti a Rimini in un’assemblea di riflessione su tema del servizio civile e della condizione in cui si trova. Organizzato dal Servizio Obiezione e Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’evento ha coinvolto circa 200 persone in presenza e a distanza, grazie ai punti di collegamento organizzati nelle varie regioni d’Italia.

Questa lettera nasce come sintesi delle impressioni e dei sentimenti dei partecipanti all’assemblea, consapevoli di cosa significhi il servizio civile per i giovani italiani e perciò intenzionati ad adoperarsi per mantenere integro il diritto ad un’opportunità preziosa.

La parola crisi riecheggia nelle nostre menti come un ritornello, ormai. Per tutto c’è una sola ed unica giustificazione, quasi un capro espiatorio che deresponsabilizza l’uomo dal fallimento e dall’errore. Nel dizionario etimologico, la parola crisi viene genericamente definita come “un momento che separa una maniera di essere o una serie di fenomeni da un’altra differente” e non se ne vede per forza una connotazione negativa come quella che sta assumendo oggi. Riportata ai giorni nostri questa riflessione nasce per dire che in un periodo di stallo, di difficoltà siamo in dovere di non piangerci addosso ma di rimboccarci le maniche per operare affinché il futuro cui tendiamo sia il frutto delle nostre decisioni.

Nel mondo del servizio civile ci sono state epoche in cui i volontari hanno dovuto lottare per quello in cui credevano: da cosa è nato il movimento degli obiettori di coscienza? Da giovani che credevano nei valori della nonviolenza e della convivenza pacifica tra i popoli e che per questo hanno scelto di difendere la propria Patria andando all’estero, in zone di conflitto, pur contrastando le direttive del governo del proprio Paese.

Grazie agli obiettori il servizio civile è stato garantito fino ad oggi ai giovani italiani: a loro è stata data la possibilità di mettersi in gioco e al servizio della comunità attraverso progetti specifici finanziati con fondi statali. Da domani, grazie alle vicende giudiziarie delle ultime settimane, speriamo che il servizio civile sia aperto ai giovani che “erroneamente” ancora riteniamo stranieri.

Progetto significa “gettare avanti”, indica qualcosa che si vuole fare in avvenire, un investimento sulle energie e sui potenziali che la società contemporanea possiede. Perché sul tema del servizio civile si respira un’aria di stallo?

 

La situazione attuale, nonostante lo sblocco degli avvii, vede comunque un calo del numero di giovani coinvolti decisamente notevole: nel 2006 sono partiti 50.000 volontari e oggi solo 19.000 sono i giovani che avranno questa possibilità. Avranno, perché ancora molti di loro non hanno certezza sui tempi dell’avvio al servizio. Questo porta i giovani a vivere nella precarietà ed a non poter fare programmi a lungo termine. Il disagio e la rassegnazione che vivono i giovani interrogati su questo punto nascono dal fatto che si sentono bistrattati da uno stato che invece dovrebbe garantire i loro diritti e soprattutto vivono il paradosso di dover protestare per esercitare non solo un diritto ma anche un “dovere” di cittadinanza attiva.

In questo momento ai giovani sembra che lo stato e la comunità tutta non abbiano affatto chiaro il valore culturale ed educativo che racchiude in sé il servizio civile. Sta, dunque, a coloro che hanno vissuto questa opportunità essere testimoni attivi. Portare alla luce, di fronte a chi ancora non vuole vederli, i valori della nonviolenza e della pace. Non sono termini utopici e buoni per riempire gli striscioni durante le manifestazioni: sono realtà concrete, realizzabili da tutti. Basta volerlo.

Il servizio civile oggi necessita, dopo essere stato sbloccato, di essere rifinanziato e riformato! La mancanza di fondi con cui oggi si giustifica il ritardo dell’avvio al servizio e il rischio della futura assenza di progetti crea sdegno perché nell’ottica di tagliare si perde di vista ciò che è utile, se non fondamentale, alla società. Tagliare sui servizi alla persona, sul servizio civile che in qualche modo ne fa parte e garantisce attività di sostegno non indifferenti, porterà nel lungo periodo al deperimento di valori culturali importanti quali corresponsabilità e solidarietà. Continuare ad investire in armamenti, invece, non fa altro che potenziare una convivenza bellica tra gli stati che si dichiarano collaborativi e pacifici, ma continuano a nutrire gli eserciti.

I giovani devono gridare e farlo forte per rivendicare il diritto ad un’opportunità, perché non siano ancora una volta delle strategie avulse dalla realtà quotidiana a decidere per loro e su di loro. Conoscendo l’esperienza del ministro Riccardi si fa strada la speranza che al governo sia portata la sensibilità sul tema del servizio civile e che si facciano tentativi per salvare una realtà che, se accantonata e relegata al silenzio, avrà un unico destino: la sua fine.

Le proposte che fanno i giovani in questo tempo sono molteplici: socializzare le esperienze, organizzare manifestazioni, eventi mediatici, lavori di rete con le istituzioni…Dobbiamo lavorare sul concreto, pensare a cosa è stato, cos’è e cosa può essere il servizio civile. Noi che crediamo nel servizio civile dobbiamo trovare una maniera semplice ma efficace per arrivare agli occhi e alle orecchie di tutti. La crisi e le esperienze possano dunque servire a questo: mettere insieme le idee e ragionare su comerealizzarle al meglio, perché portino frutto.


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