Salute
I viaggi con la speranza, in cerca di cure per i figli malati
Le storie di queste famiglie hanno un drammatico tratto comune: ad un certo punto uno dei bambini si ammala di un male severo, nella propria provincia non c’è una struttura sanitaria capace di curarlo, e allora non resta che buttare nel borsone pochi oggetti, un pigiamino, qualche peluche, un ricambio, e partire verso un’altra regione. Si chiamano migrazioni sanitarie. Questo libro le racconta senza sconti
Le storie di queste famiglie hanno un drammatico tratto comune: ad un certo punto uno dei bambini si ammala di un male severo, nella propria provincia non c’è una struttura sanitaria capace di curarlo, e allora non resta che buttare nel borsone pochi oggetti, un pigiamino, qualche peluche, un ricambio, e partire verso un’altra regione. Con il cuore pieno di paura, e di speranza. La scoperta del “male” che minaccia la vita di un bambino (o di un adolescente) diventa ben presto uno spartiacque: da quel momento l’intero equilibro famigliare cambierà forma.
I viaggi di queste famiglie, che sono delle vere e proprio migrazioni forzate, sono estremi, estenuanti, dominati dalla sofferenza e dall’attesa per una guarigione improbabile o difficoltosa. Vite sospese dove il normale corso degli eventi si sovverte all’improvviso e dove l’infanzia, l’enigma luminoso di cui ha scritto Daniel Pennac, rischia di trasfigurarsi in un incubo, essendo messa a repentaglio la stessa possibilità per un essere umano di crescere e diventare adulto.
Di questi vissuti parla, senza sconti, con precisione e anche tanta umanità, “Viaggi con la speranza. Storie di famiglie colpite dalla malattia di un figlio”. Il volume edito da Meltemi Editore, a cura di Cristiano Caltabiano e Gianluca Budano è un rapporto spietato sull’emigrazione sanitaria in Italia. Una fotografia dolorosa anche per il lettore, che non può restare immune davanti alla drammaticità dei vissuti, le lacerazioni sociali che hanno ripercussioni sul lavoro, la famiglia, la rete amicale e infine sui progetti futuri.
«Senza dubbio la possibilità di curarsi in altre Regioni rappresenta una soluzione alle carenze di alcuni territori – commenta Budano – ma pone dei problemi difficili da risolvere a una famiglia che resta sola davanti alla malattia»: come finanziare i lunghi periodi fuori di casa? Dove è possibile dormire? E poi, come gestire la vita degli altri componenti la famiglia che rimangono a casa? Come garantire la continuità didattica ed educativa della scuola al piccolo paziente? «Se le cure cliniche sono garantite ai piccoli malati, il sostegno alla famiglia non è neanche contemplato, se non con strumenti inadatti».
Se le cure cliniche sono garantite ai piccoli malati, il sostegno alla famiglia non è neanche contemplato, se non con strumenti inadatti
Eppure le storie raccontate in questo volume lo mostrano bene: la malattia grave di un bambino si trasforma quasi immediatamente in sofferenza per i genitori, costretti a convivere con lo spettro di malattie micidiali.
«Oggi, purtroppo, – evidenzia ancora l’autore- la rete del welfare non sembra particolarmente attrezzata per ricucire le molteplici lacerazioni che affiorano in queste famiglie e mostra una certa cecità verso le conseguenze psicologiche, economiche e sociali tutt’altro che secondarie per tutti i soggetti coinvolti da un evento a tutti gli effetti traumatico: madre e padre, fratelli o sorelle, nonni, altri parenti, e ovviamente il minore il cui stato di benessere viene seriamente pregiudicato da una malattia». Sono allora gli enti del terzo settore a supplire le carenze del welfare, offrendo supporto ai pazienti e ai genitori in reparto; l’accoglienza alloggiativa delle famiglie che provengono da altre regioni o paesi, un aiuto concreto per ottenere l’esercizio di alcuni diritti, come i congedi speciali.
A tutte queste difficoltà sociali si aggiungono anche quelle economiche, legate all’impossibilità di dedicarsi al lavoro, mentre si è fuori regione per accudire il proprio figlio. «In queste situazioni sarebbe allora auspicabile l’introduzione di un reddito di emergenza sanitaria, che consenta, tempestivamente, di far fronte alle spese, mettendo una toppa al sistema inadeguato dei congedi per assistenza a familiare non autosufficiente», sottolinea ancora Budano.
In queste situazioni sarebbe allora auspicabile l’introduzione di un reddito di emergenza sanitaria, che consenta, tempestivamente, di far fronte alle spese
Gianluca Budano
«Certo non basta un indennizzo economico per riparare una situazione fortemente compromessa ma, liberare la mente già destabilizzata dei genitori dalla povertà indotta dalla malattia del proprio figlio, sarebbe un ottimo inizio, facile da realizzare e anche non particolarmente costoso per il Welfare italiano».
I dati contenuti nel volume indicano che, nel 2019, oltre 900 mila italiani si sono addentrati oltre il confine della propria regione per accedere a prestazioni mediche di vario genere. Tra le destinazioni privilegiate ci sono il Bambino Gesù di Roma e Gaslini di Genova (per la pediatria); l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano in provincia di Pordenone (per l’oncologia) e l’Istituto Rizzoli di Bologna (per l’ortopedia).
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.