Sostenibilità

I vescovi contro le multinazionali del petrolio

In un documento definiscono un «orrore» lo scempio ambientale e sociale causato da sfruttamento indiscriminato

di Redazione

«Orrore» è la parola usata dai vescovi del Delta del Niger per descrivere i sentimenti suscitati dalla diffusione di un rapporto scientifico sulla devastazione ambientale e sociale causata nel delta del Niger da 50 anni di sfruttamento indiscriminato per estrarre il petrolio.

«Siamo agghiacciati dai dettagli sulle violazioni ambientali provocate dalle continue perdite di petrolio e dalla negligenza totale degli operatori coinvolti» si legge in un documento diffuso dai vescovi a Port Harcourt, la principale città del Delta. A inizio agosto il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) ha pubblicato un rapporto frutto di 20 anni di lavoro nell’area di Ogoniland, fondato su interviste a oltre 20.000 persone e sull’esame di migliaia di cartelle cliniche. Nello studio si denunciano le responsabilità della società anglo-olandese Royal Dutch Shell e del governo nigeriano, si calcola in 30 anni il tempo necessario per rimediare ai danni dell’inquinamento petrolifero e si chiede la creazione di un fondo da un miliardo di dollari per realizzare gli interventi ambientali indispensabili.

I vescovi esprimono «sgomento» per le mancanze del governo, «al corrente delle violazioni» ma incapace di tutelare i diritti delle comunità locali. Allo stesso tempo sottolineano il rischio che gli abusi commessi dalla Shell si ripetano con la National Nigerian Petroleum Corporation (Nnpc), il gruppo nigeriano che negli ultimi anni ha rilevato molte attività della società europea.

«Perseguire vantaggi economici danneggiando l’ambiente e colpendo i mezzi di sostentamento delle popolazioni» concludono i vescovi «è inaccettabile». Una posizione analoga è stata espressa da diversi organismi della società civile.

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