Cultura
I versi di Pasolini risuonano in periferia
Giovedì 23 settembre sul sagrato della Chiesa di San Nicolao della Flue (opera di Ignazio Gardella) Arianna Scommegna farà risuonare le parole di Pier Paolo Pasolini in una delle periferie milanesi. Un itinerario tra i suoi articoli, poesie e interviste, in sei movimenti che prova ripercorre le sue ultimative domande per capire di più chi siamo noi e la nostra società accogliendo il suo ’invito a “non finire mai” di farsi domande.
di Redazione
Giovedì 23 settembre alle ore 21 il “Piccolissimo Teatro di Milano”, l’Ape car di Teatro Oscar Desidera, arriva sul sagrato della Chiesa di San Nicolao della Flue (opera di Ignazio Gardella) dove Arianna Scommegna farà risuonare le parole di Pier Paolo Pasolini in una delle periferie milanesi. Un itinerario, a cura di Riccardo Bonacina, tra i suoi articoli, poesie e interviste, in sei movimenti che prova ripercorre le sue ultimative domande per capire di più chi siamo noi e la nostra società accogliendo il suo ’invito a “non finire mai” di farsi domande.
Di fronte all’ardita architettura di Gardella tra i palazzoni di piazzale Ovidio, sentiremo risuonare le sue parole. “Eppure io penso che questa stradina da niente, così umile, sia da difendere con lo stesso accanimento, con la stessa buona volontà, con lo stesso rigore, con cui si difende l’opera d’arte di un grande autore. […] Nessuno si batterebbe con rigore, con rabbia, per difendere questa cosa e io ho scelto invece proprio di difendere questo. […] Voglio difendere qualcosa che non è sanzionato, che non è codificato, che nessuno difende”.
Per Pasolini è sempre e comunque la vita ad avere la priorità sull’economico, sul politico, sulla società stessa. La vita intesa come possibilità immediata di apertura a un orizzonte che, senza timori, egli stesso definisce sacro. Sacro, ricorderà il poeta bolognese, è «la parte dell’uomo che offre meno resistenza alla profanazione del potere», la parte più esposta e fragile.
È l’intero dispositivo materiale e mentale della modernità che traballa, non solo “l’antico” contrapposto al “moderno”- questo Pasolini lo capisce a fondo, prima di altri e senza bisogno di vivere una pandemia. E per questa ragione, quella di Pasolini è, seppur disperata, sempre una tensione verso l’uomo. È un continuare a porsi domande, a porre domande in un periodo (che oramai sappiamo lungo) in cui le risposte anticipano tutte le domande. Anche le domande più scomode, e apparentemente scontate: il sacro, la vita, le loro forme. Pasolini ha sempre la fulminea lucidità del testimone a cui si concede persino di essere parziale, perché ferito.
“Dove vai per le strade di Milano, sui filobus o tram in cui la gente, ritorna? In fretta, ossesso, come, ti aspettasse il lavoro paziente, da cui a quest’ora gli altri rincasano?”. Con le sue domande Pasolini ha indicato una strada. Ha offerto una chiave per comprendere dinamica e natura delle apocalissi culturali che hanno segnato e ancora segnano la nostra epoca. Proviamo a riascoltarlo sulla strada.
Per partecipare alla serata è necessario prenotarsi qui per le regole anti Covid.
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