Volontariato

I verdi? Sono un partito catacombale

Il congresso di un partito al lumicino. Quello che era un movimento politico su cui molti avevano riposto tante speranze sembra al capolinea.

di Ettore Colombo

Francesco Rutelli, Luigi Manconi, Ermete Realacci, Edo Ronchi, Gianni Mattioli, Gianfranco Amendola. Erano i più bei nomi del movimento ecologista e ambientalista, i Verdi, sia Sole che ride che Margherita, poi uniti in un solo movimento-partito, la Federazione dei Verdi, nata nel 1986; militavano nell?area ecologista ambientalista, ma oggi, tra i Verdi che vanno a congresso (a Chianciano, dal 30 novembre al 2 dicembre, 679 delegati e 6 mozioni, una con il 60 per cento dei voti) non ci sono né vogliono esserci.
È in atto una vera diaspora, e ben da prima dell?ultima, terribile batosta elettorale del 13 maggio quando i Verdi, collegati ai socialisti dello Sdi in una ?bicicletta? a dir poco geneticamente modificata, racimolarono uno striminzito 2,2 per cento che si è tradotto in una pattuglia di 7 deputati e 9 senatori, curiosamente iscritti al gruppo misto alla Camera (capogruppo Marco Boato) e con gruppo autonomo al Senato (capogruppo Stefano Boco), mentre una deputata, Laura Cima, passata alla Margherita, è la prima transfuga politica del centrosinistra.

Quanti contestatori
A loro si aggiungono i due europarlamentari, Reinhold Messner e Giorgio Celli, e Monica Frassoni, verde anch?essa, che è anche la prima e unica italiana eletta all?estero, per la precisione in Belgio. Una débacle, però, che viene da lontano: i Verdi rimediavano terribili figure sotto la gestione Ripa di Meana, oggi un po? a spasso e un po? vicino a Rifondazione, né andavano meglio sotto Manconi, che ha da poco fondato e presentato a Roma, il 10 e 11 novembre, il suo Movimento ecologista, che già conta le adesioni di personaggi come Gianni Mattioli, Edo Ronchi, Franco Corleone, ma che era spesso accusato di aver contaminato i Verdi con altri temi e simboli (diritti, droghe, carcere). Manconi è stato defenestrato dalla gestione Grazia Francescato (presidente, ex portavoce ed anche ex segretaria del Wwf) e Alfonso Pecoraro Scanio (napoletano, ex ministro di Agricoltura e ambiente).
All?ufficio stampa della Federazione s?innervosiscono anche solo a sentirli nominare, ?gli altri?, e rivendicano, con orgoglio, numeri e cifre: «I Verdi contano 21.319 iscritti, 600 eletti in Comuni, Province e Regioni, un presidente di Provincia, quello di Napoli, 13 sindaci e un prosindaco». Quello di Venezia, Gianfranco Bettin, il politico-scrittore impegnato su molti fronti: «Il congresso dovrebbe mettere da parte la diatriba sugli organigrammi e sui posti e concentrarsi sulla necessità di produrre iniziativa politica. Soprattutto, dobbiamo stare dentro il movimento no global, camminare con loro, evitare divisioni tra Ulivo e Rifondazione. Dunque, far politica. Che vuol dire anche amministrare».
Basta fare un passo a Venezia, però, e andare a trovare Michele Boato, direttore dell?Ecoistituto del Veneto, ex deputato ed ex consigliere regionale verde, per sentirne dire di tutti i colori, su quella che lui definisce ?la banda di Pecoraro Scanio?. Boato dai Verdi è uscito e con altri esponenti ambientalisti (Gianni Tamino, Ivo Rossi, Francesco Bortolotto) veneti e toscani, ha lanciato in due assemblee, una a Firenze e una a Bologna, l?idea di un movimento ecologista puro, radicale e non violento: «I Verdi sono allo sbando a causa del mercato delle tessere e dell?alleanza con loschi e violenti figuri come il capo delle tute bianche, Luca Casarini e Beppe Caccia, assessore ai Servizi sociali in città. Nel primo caso la responsabilità è di Pecoraro Scanio, nel secondo di Manconi, che introdusse Casarini nei Verdi, e oggi di Bettin, e di Paolo Cento, buoni amici dei violenti che hanno devastato Genova».
Il deputato Cento, meglio noto come ?Er Piotta?, in effetti, l?area no global la frequenta da un pezzo ed è da tutti considerato il pontiere tra questa e il suo partito. «Il movimento no global deve essere letto fuori dai canoni della politica tradizionale, è un grande laboratorio da cui la sinistra può solo imparare. Rifondazione comunista non lo esaurisce, noi Verdi portiamo in dote i temi ambientalisti». Cento spiega che «il rapporto con il mondo cattolico è cruciale», ma a quello pensano anche, da tutt?altra sponda, gli ambientalisti ulivisti come il consigliere regionale verde della Lombardia, Carlo Monguzzi, che ha organizzato una loro prima assemblea a Milano e oggi dice: «C?è un pezzo di popolo ulivista dalla cultura ambientalista, ma che non si riconosce in nessun partito dell?Ulivo. A loro noi vogliamo offrire una casa».

Un progetto per il 2002
Firmano e sottoscrivono gli ambientalisti della Margherita come Ermete Realacci, molti diessini ecologisti, ma anche i promotori del movimento di Manconi (che ironizza: «Dal 13 maggio, in Italia e nel mondo, è successo di tutto. E i Verdi dov?erano?») come l?ex sottosegretario alla Giustizia, Corleone: «La vicenda politica dei Verdi si sta consumando in un gruppo ristretto, settario e minoritario che non andrà da nessuna parte».
Realacci, presidente di Legambiente, è altrettanto duro: «I Verdi sono diventati un partito catacombale e retrò, ma non da oggi, cioè non da questa gestione politica. La loro è la storia del declino di una speranza, una storia che ha esaurito la propria spinta propulsiva. Nel 1989 erano al 7 per cento, ora sono al 2 per cento. Fine della storia».
Per la verità, la maggioranza capitanata da Francescato-Pecoraro-Cento un percorso politico ce l?ha e ben chiaro: dare vita alla ?nuova (o altra) sinistra?, antico sogno e pallino di Fausto Bertinotti. Data di nascita del nuovo soggetto politico, la primavera dell?anno prossimo. Soggetti costituenti, i no global del Genoa social forum, Rifondazione e, appunto, i Verdi.
O quel che ne resterà, all?epoca.

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