Politica
I valori su cui scommettere nel disordine delle ideologie
Il nuovo quadro politico, tra la ristrutturazione dell’asse destra-sinistra e una società post-consumeristica tutta da costruire. L’analisi di Mauro Magatti
La ristrutturazione dell’asse destra-sinistra è una degli effetti più rilevanti della crisi iniziata nel 2008. A destra, i «populisti» hanno preso il posto dei neoliberisti. I temi su cui la nuova destra costruisce il proprio consenso sono ormai ben delineati: ostilità alla globalizzazione, ritorno all’identità culturale e all’autorità dello stato, prudenza sulle libertà individuali, conservatorismo religioso. Ma ciò non basta per dire la miscela che si formerà su questo versante politico. Prima di tutto, perché toni e accenti cambiano notevolmente la prospettiva: tra Theresa May a Victor Orbán, passando per Trump e Le Pen, c’è una bella differenza. E poi perché su temi fondamentali quali le relazioni internazionali e la politica economica esiste ancora una grande confusione: in fondo, Trump e May stanno cercando, un po’ a tentoni, di definire una linea che ancora non c’è. Conquistato il potere contro il vecchio modello, ora il problema è dire da che parte si vuole andare. Impresa difficile, dall’esito assai incerto.
In questo scenario, il caso italiano si pone in modo originale. In un paese che si trascina da molti anni, la sventagliata populista è, nel suo insieme, addirittura maggioritaria; ma anche profondamente frammentata: il Trump italiano (Berlusconi), sceso in campo vent’anni fa, continua a tenere una quota non piccola di voti (per lo più moderati); Salvini e Meloni raccolgono le parti più rancorose dell’elettorato ma non riescono a raggiungere un consenso tale da poter contare veramente qualcosa. In questa stessa area si muove poi il movimento di Grillo che introduce una variante non da poco. Il M5S è infatti molto più equivoco sui tradizionali canoni politici: molti dei suoi elettori e dei suoi eletti vengono dalla sinistra e non si sentono di destra. E soprattutto, i Cinquestelle si avvantaggiano della curvatura generazionale della crisi italiana conquistando molti consensi tra chi ha meno di 40 anni. Ecco perche l’ipotesi grillina — più traversale rispetto alla destra in senso stretto — ha un maggiore potenziale di successo. A sinistra, la sconfitta della Clinton ha definitamente liquidato la stagione di Blair e Clinton. Troppi legami con la finanza e con i poteri forti; troppa lontananza dagli strati popolari. Da tempo, l’elettorato dei partiti di sinistra è prevalentemente concentrato sul ceto medio acculturato e mediamente anziano. La crisi di questa tradizione politica divarica la sinistra in due tronconi.
Da una parte, i laburisti di Corbyn, i democratici di Sanders, i socialisti di Mélenchon e, in italia, la galassia che sta tra Bersani e Pisapia: centrata su disuguaglianza e diritti individuali, questa sinistra — che pure assorbe parte della protesta populista — fatica ad allargare l’area del proprio consenso. Ed è molto difficile che possa arrivare a diventare una vera forza di governo.
Dall’altra parte, c’è la «nuova sinistra», rappresentata da Macron e Renzi, due leader «moderni» che si sono affermati nel nome del cambiamento. Molti temono che Macron si riveli ben presto una delusione, un enfant prodige che in realtà è solo un maquillage del vecchio. Accusa che i critici rivolgono anche a Renzi. In effetti, per entrambi la sfida sta proprio qui: dimostrare che c’è una via tra la sinistra antisistema e la destra di protesta.I due hanno diversi punti in comune. Entrambi pensano che a essere decisiva sia la capacità di governo. Per questo hanno la tendenza a personalizzare molto la loro azione e sono molto attenti nella gestione dei rapporti di potere. Ma, per quanto importante, tale accortezza da sola non è stata finora né sarà in futuro sufficiente. In fondo, la prima esperienza di governo è stata, per entrambi, segnata da luci e da ombre
Dopo dieci anni di stagnazione e con prospettive incerte, ciò che si richiede è infatti una leadership consapevole della sfida di oggi, che è quella di tenere insieme efficienza e integrazione. Se vogliono coinvolgere i giovani e rendere credibile la loro proposta politica, Renzi e Macron devono indicare più chiaramente la loro idea di futuro. Ciò di cui si sente il bisogno, infatti, è una prospettiva diversa, un cambio di paradigma in grado di costruire un nuovo scambio sociale tra interessi economici e sociali.
La linea può essere tracciata lavorando sulla migliore eredità della presidenza Obama, il cui limite è stato quello di non essere riuscito a marcare una più netta presa di distanza dal modello economico degli ultimi decenni e dalle sue perversioni: concentrazione della ricchezza, aumento della disuguaglianza, distruzione dell’ecosistema, squilibro dei rapporti tra economia e politica.
Ciò implica puntare a costruire una società post-consumerista. Che non significa ostile ai consumi, ma piuttosto consapevole che, nella fase in cui ci troviamo, il benessere va conquistato tutti insieme, scommettendo e costruendo quei «valori» (qualità dell’ambiente, investimento nella formazione, innovazione nelle relazioni di lavoro, lotta alla disuguaglianza, centralità della qualità della vita) che decidiamo di rendere prioritari. Obiettivo raggiungile solo con una politica capace di «mettersi in mezzo» per ricucire i frammenti di una società in pezzi.
Muoversi su questa strada comporta avere il coraggio di annunciare una stagione di grande innovazione (economica, sociale, istituzionale) centrata su qualità e integrazione invece che su quantità e frammentazione. In un disegno che veda l’Europa diventare il cardine istituzionale di un tale progetto.
da il Corriere della Sera del 14 maggio 2017 di Mauro Magatti
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