Salute
I vaccini? Quella di Report è informazione da stadio
Dialogo con Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università di Milano e presidente nazionale di Anpas: «Lo schema degli antivirox è sempre lo stesso: ci si dichiara a favore delle vaccinazioni, però....E questo “però” apre una parentesi dentro cui vengono massimizzati gli eventuali e spesso reali effetti collaterali e minimizzati i benefici. Così si genera un cortocircuito mediatico oggi sotto gli occhi di tutti che non considera che questo è un mercato di nicchia con marginalità comunque contenute»
di Redazione
Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università di Milano (nonché presidente nazionale di Anpas) è la voce che lunedì è mancata nella discussa e discutibile puntata di Report dedicata al vaccino antipapilloma virus utilizzato per prevenire infezioni che possono sfociare in tumori all’utero.
Il conduttore di Report Sigfrido Ranucci oggi nel pieno del polverone precisa di aver fatto vaccinare sua figlia e di non avere nulla contro i vaccini. “Scuse” accettate?
Lo schema degli antivirox è sempre lo stesso: ci si dichiara a favore delle vaccinazioni, però….questo “però” apre una parentesi dentro cui vengono massimizzati gli eventuali e spesso reali effetti collaterali e minimizzati i benefici. Così si genera un cortocircuito mediatico oggi sotto gli occhi di tutti. Report in questo senso ha delle responsabilità evidenti.
Il professor Garattini sostiene però che le case farmaceutiche sono portate ad enfatizzare i vantaggi dei vaccini e a stare decisamente più “coperte” rispetto alle possibili conseguenze negative. Concorda?
In linea di massima questo è vero, ma con una precisazione: il mercato dei vaccini è un mercato di nicchia con marginalità di contenuti e quindi relativamente appetibile. Questo discorso forse vale più per i farmaci “normali”.
La trasmissione, oltre a non prevedere un contraddittorio, è stata tutta basata su documentazioni open source non scientifiche, in cui si paga per vedere pubblicato un articolo su internet. Diciamo quindi che la fonti di Report non erano attendibilissime.
La puntata di Report però partiva da una notizia: il ricorso presentato da ricercatori danesi contro l’antipapilloma virus accusato di procurare più reazioni avverse di quante non siano denunciate…
Questo è un altro nervo scoperto. La trasmissione, oltre a non prevedere un contraddittorio, è stata tutta basata su documentazioni open source non scientifiche, in cui si paga per vedere pubblicato un articolo su internet. Diciamo quindi che la fonti di Report non erano attendibilissime. Almeno da un punto di vista scientifico. Ma è tutto il dibattito sui vaccini a pagare un prezzo culturale che talvolta genera cortocircuiti uguali a questo o contrari (pensiamo all’allarme meningite di qualche mese fa e la conseguente corsa a vaccinarsi).
A cosa si riferisce?
Il dialogo sui vaccini assomiglia più a un confronto fra curva nord e curva sud, più che a un simposio medico-scientifico. Questo per due ragioni. La prima: c’è una piccola fetta della comunità medica, che però ha un certo seguito in una fascia di popolazione medio alta, che si riconosce nella cosiddetta medicina alternativa e che punta a fidelizzare il proprio pubblico di riferimento. L’altra ragione è culturale: il vaccino si assume quando si sta bene e non quando si sta male e sostanzialmente sulla base di un atto di fiducia rispetto al proprio medico. Non solo: mentre gli effetti di una medicina sono evidenti, quello di un vaccino no: semplicemente non mi ammalo, ma non riscontro l’evidenza di una guarigione. Anzi le uniche evidenze sono quelle degli eventuali “Effetti indesiderati” per citare il titolo di Report. Vaccinarsi in fondo è una scommessa, ma che vale la pena fare. Questa costatazione del punto di vista culturale e comunicativo però ha un forte peso. Una volta, a partire dagli anni 60 quando è partita la stagione dei vaccini, non era così. Le evidenze erano in casa sotto gli occhi di tutti: tutti conoscevano un parente o un amico che aveva sofferto di poliomielite, meningite o morbillo.
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