Salute

I ticket sono una tassa sulla salute e una barriera di accesso alle cure

Per Cittadinanzattiva, che commenta i dati del “Rapporto di coordinamento della Finanza Pubblica” realizzato dalla Corte dei Conti, «il superticket va eliminato per garantire l’accesso a tutti ed evitare di drenare risorse verso il privato»

di Redazione

Nel 2015 gli italiani hanno pagato 2.857,4 milioni di euro di ticket sanitari tra compartecipazione alla spesa farmaceutica, specialistica ambulatoriale, pronto soccorso e altre prestazioni. A dirlo è il “Rapporto di coordinamento della Finanza Pubblica” realizzato dalla Corte dei Conti e pubblicato a marzo di quest’anno.

La diminuzione dei ticket si è registrata in particolare nella compartecipazione alle prestazioni sanitarie non farmaceutiche, poco più di tre punti percentuali (3,1%), cui ha fatto riscontro invece un aumento di quella sull’acquisto dei farmaci dell’1,3%.

La compartecipazione totale è la somma delle due forme di ticket possibili: sui farmaci e sulle prestazioni sanitarie (ambulatoriale e specialistica, pronto soccorso, altre prestazioni).

Per quanto riguarda le normative che ne regolano l’esistenza, per i ticket sulla farmaceutica ogni Regione può decidere autonomamente la quota a carico dei cittadini. Per quanto riguarda invece i ticket sulla specialistica ambulatoriale, sebbene sia stato fissato un limite massimo al livello nazionale di 36,15 Euroa ricetta, con l’introduzione nel 2011 dei superticket, le quote a carico dei cittadini possono essere anche molto differenti a seconda della regione dove si risieda.

La quota procapite di compartecipazione media italiana è di 47 euro; la più alta si registra in Veneto con 61,6 euro a testa e in Valle d’Aosta con 59,5 euro; la più bassa in Sardegna con 32,4 euro e in Calabria con 36,7 euro.

Infatti, in Veneto i cittadini hanno speso nel 2015 303,5 milioni di Euro, in Valle d’Aosta 7,6 milioni; sul fronte opposto in Sardegna hanno speso 53,8 milioni di Euro e in Calabria 72,5.

La spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media OCSE [Fonte: Osservatorio civico sul federalismo in sanità del Tribunale per i diritti del malato] (3,2% a fronte di una media OCSE di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d’Aosta a fronte di 267,9 euro in Sicilia).

Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella PA di Trento (2.315,27 euro) e Bolzano (2.308,21 euro) o in Valle d’Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (1.776,85 euro). Nelle Regioni in piano di rientro si registrano livelli di tassazione più elevati: l’addizionale regionale Irpef media più alta è stata registrata nel Lazio (€470 per contribuente) seguita dalla Campania (440 euro). Nelle stesse regioni, l’aliquota Irap media effettiva ha raggiunto il suo valore massimo (4,9%).

Un cittadino su quattro, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al Tribunale per i diritti del malato nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Sicilia, P.A. Trento e Bolzano e Veneto, a lamentarsi di attendere troppo per visite ed esami.

Per motivi economici, liste di attesa e ticket rinunciano alle cure il 7,2% dei residenti: il 5,1%, ovvero circa 2,7 milioni di persone, lo ha fatto per motivi economici, la seconda causa sono le liste d’attesa. Nelle Regioni del Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al Centro il 7,4% dei residenti e al Nord il 4,1%.

«È evidente che ai cittadini si chieda di sopperire di tasca propria al costante definanziamento del SSN e dei sistemi regionali e che ritroviamo anche nel Def 2016», ha commentato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. «Il superticket è una tassa sulla salute. È necessario intervenire con urgenza per eliminarlo, e per questo dal prossimo mese di maggio daremo vita ad una raccolta di firme in tutta Italia per chiederne l’abolizione».

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