La replica

I Tetrabondi: «Grave accusarci di essere influencer del dolore»

La non profit fondata dalla caregiver Valentina Perniciaro risponde alla ricerca firmata dalla psicologa Alessandra Baffi e dal sociologo Marco BInotto, che analizzava 22 profili social gestiti da caregiver, tra cui "Sirio e i tetrabondi". «Questa analisi non ci rappresenta», dice Katja Besseghini, presidente della Fondazione

di Veronica Rossi

Persone in gruppo con rovine alle spalle

«Un giudizio duro ci sta bene, un giudizio sbagliato no». È tranchant il commento di Katja Besseghini, presidente della Fondazione Tetrabondi, all’articolo “Superguerrieri. L’influ-attivismo dei genitori caregiver tra rappresentazioni della disabilità e individualismo politico”, comparsa su Mediascapes Journal a firma di Alessandra Baffi, psicologa e psicoterapeuta, e Marco Binotto, docente di Sociologia dei processi culturali alla Sapienza di Roma (qui l’intervista a VITA). Si tratta della restituzione di una ricerca sociologica che i due hanno svolto su 22 profili social gestiti da caregiver analizzandoli fino al 2022; nell’articolo su Mediascapes journal si afferma che i profili rimandano un’«immagine della disabilità stereotipata e incentrata sul pietismo, attraverso la spettacolarizzazione della vita dei bambini disabili» e che questa narrazione rischia di far diventare i genitori dei veri e propri «influencer del dolore”», sottolinenando anche gli esiti commerciali dei profili.

Sono conclusioni che la Fondazione rigetta totalmente. «L’analisi proposta appare piuttosto carente sotto il profilo metodologico», si legge sul sito internet della non profit, «poiché accomuna gli account di singole persone che si esprimono a titolo individuale con quelli di persone che sono portavoce o comunicano per conto di enti o associazioni del terzo settore».

Un bambino su una macchina giocattolo con una webcam sul davanti

Durante l’intervista, Basseghini lo ripete infatti più volte: «Lo studio non parla di noi. Noi siamo una Fondazione che opera sul territorio, non abbiamo nessun tipo di collaborazione commerciale e questo vale anche per la fondatrice Valentina Perniciaro. Non ci facciamo sponsorizzare da nessuno, abbiamo dei donatori, la maggior parte privati, a dir la verità». Nella ricerca si afferma che i profili social sono caratterizzati da uno scollamento, perché in nessuno dei progetti presi in esame c’è una volontà di porsi come intermediari con le associazioni. I Tetrabondi risponde che loro perseguono attività di interesse generale e che nella ricerca «l’appartenenza al Disability Pride Network, l’alleanza e le sinergie continue con altre associazioni operanti sul territorio, la molteplicità di progetti realizzati, le conferenze e rapporti con i dipartimenti universitari che si occupano di disabilità e inclusione, l’opera di denuncia pubblica delle carenze del sistema assistenziale e di istruzione, lo sportello informativo aperto alle famiglie, sono colpevolmente ignorati».

Un bambino in primo piano seduto su una carrozzina nell'atto di lanciare una palle, dietro, sullo sfondo, tra gli alberi, un banner con la scritta "Tetrabondi"

«Una ricerca non è una tesi morale», continua la presidente, «quando si afferma che c’è uno scollamento tra un’apparenza – che viene quindi giudicata ingannevole – e la realtà, si sta dando un giudizio, anche grave. Oltretutto nel mondo del Terzo settore viviamo anche di reputazione: scrivere un articolo del genere significa sabotare intenzionalmente o inconsapevolmente un’attività per cui vengono investiti tempo ed energia da parte di volontari».

Per la Fondazione, sarebbe stato invece interessante leggere delle valutazioni tecniche e comunicative in senso stretto. «Per esempio, come viene presentata l’immagine del disabile?», dice Besseghini. «Sono temi oggetto di discussione anche al nostro interno. Ovviamente senza immagini non si comunica, è un dato della nostra contemporaneità». I Tetrabondi non si sentono affatto degli “influencer del dolore”, anzi: stanno portando avanti una riflessione sul modo corretto di parlare di disabilità.

I dati raccolti dalla ricerca si fermano poi al 2022, ormai più di due anni fa. La Fondazione, però, è nata nel 2021: in questo lasso di tempo è cresciuta, si è evoluta, si è strutturata. E può risentire negativamente di un giudizio così pesante. «Sono affermazioni gravi», conclude la presidente, «che a mio parere esulano dalle competenze degli autori. Avremmo accettato una discussione sulla comunicazione, ma queste sono accuse morali».

Foto nell’articolo dal sito internet dei Tetrabondi

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