Welfare

I tagli ai disabili? Ecco come ci stanno cambiando la vita

Il video che anticipa la manifestazione il 13 giugno

di Carmen Morrone

È nato così il reportage “Racconti di vita indipendente” (visibile cliccando a lato) per rilanciare la campagna “No ai tagli! Sì alla vita indipendente e all’inclusione nella società”.

Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) ha voluto raccogliere e divulgare le testimonianze di quattro persone con disabilità per raccontare una quotidianità sconosciuta a tanti, persone comuni e istituzioni. 

Vita indipendente, infatti, significa poter vivere a casa propria, assieme alle persone care. Significa potersi alzare al mattino per andare a lavorare, viaggiare, coltivare amicizie e passioni. Vita indipendente significa potersi sposare con la persona amata e costruire una nuova famiglia. Vita Indipendente vuol dire vedersi riconosciuto lo status di persona indipendentemente dal tipo e dalla gravità della propria disabilità, ovunque si viva.

Ma per tante persone con disabilità il diritto a una vita indipendente è appeso a un filo. Katia Pietra, 48 anni, è affetta da amiotrofia spinale oggi ha la possibilità di vivere a casa propria e di svolgere un’attività lavorativa: ma per il 2012 il suo progetto di vita indipendente non verrà rifinanziato.

Ida Sala ha vissuto per sei anni in un istituto e per altri venti in una comunità autogestita. “Poi, nel 2004 ho deciso di fare il salto della vita indipendente -racconta-. Non vorrei tornare indietro e spero di non essere costretta a farlo”.

Elisa Vavassori ha 31 anni, vive a Carugate in provincia di Milano. Ha presentato al suo comune di residenza un progetto di vita indipendente (17mila euro all’anno) per poter andare a convivere con il suo compagno. Ma la sua richiesta è sempre stata respinta.

Il diritto alla vita indipendente viene sancito dalla legge 162 del 1998 e ribadito dall’articolo 19 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Ma quelle parole rischiano di restare sulla carta. Per il 2012, infatti, i mancati trasferimenti dallo Stato e dalla Regione hanno comportato per i Comuni lombardi un’ulteriore diminuzione di 100 milioni di euro delle risorse a disposizione per le politiche sociali. Prime vittime di questi tagli, sono stati i progetti di vita indipendente.

 

 

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