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I Suns ora parlano spagnolo

La squadra di Phoenix in campo contro la stretta sull’immigrazione dell'Arizona

di Riccardo Bianchi

Il sogno della finalissima del campionato americano di basket contro i Boston Celtics non si è avverato, i Suns di Phoenix sono stati schiacciati nella finale della West Conference dai fortissimi Los Angeles Lakers di Koby Briant. Ma un premio sicuramente l’hanno vinto: quello per l’impegno sociale.

Phoenix è la principale città dell’Arizona, stato salito agli onori delle cronache per la nuovissima legge (molto simile a quella italiana), che dichiara l’immigrazione irregolare un reato, permettendo anche alla polizia locale di fermare chiunque sia “ragionevolmente sospettato” di essere un immigrato irregolare e di arrestarlo se sprovvisto di un valido documento d’identità. Negli Usa i reati legati all’immigrazione sono reati federali, non di competenza statale, e la polizia locale può (in Arizona poteva) soltanto fermare un irregolare se sospettato di aver commesso un altro reato.

“The Suns” diventano “Los Sun”
A Robert Sarver, patron dei Suns, la nuova norma non è piaciuta. Così per il 5 maggio, festa per la comunità ispanica, ha deciso di dare alla sua squadra una maglia originale: la scritta “the Suns” è stata sostituita con “Los Suns”, un misto di spagnolo e inglese. Tutta l’Nba si è congratulata con la squadra, e i loro avversari (gli Spurs di Sant’Antonio) avrebbero anche loro voluto dotarsi di maglie “Los Spurs”, ma non hanno avuto tempo.

“L’America ci insegna qualcosa di importante su come ci si possa opporre a leggi ingiuste e inumane, questa ad esempio” ha dichiarato Steve Nash, stella dei Phoenix Suns: “Penso che questa legge sia molto fuorviante. Penso che minacci la nostra società e le libertà civili, e per noi è molto importante prendere posizione sulle cose che ci stanno a cuore. I nostri tifosi ci danno sempre molto sostegno e affetto. Il nostro campionato è multiculturale: abbiamo giocatori provenienti da ogni angolo del mondo. La comunità latina per noi è davvero importante”.

Il pugno chiuso degli atleti afro-americani
I Suns entrano così di diritto nella storia dei grandi gesti sportivi di protesta, dove regna incontrastato il gesto di Tommie Smith e John Carlos, medaglia d’oro e di bronzo nei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. I due velocisti afro-americani durante l’inno nazionale alzarono il pugno con un guanto nero, segno del movimento delle Black Panters, per protestare contro le discriminazioni razziali in voga nel loro paese.

Coppa Davis ’76, la protesta contro Pinochet
Indimenticabili anche le rinunce delle squadre nazionali di tennis a giocare contro la nazionale cilena tutte le partite della Coppa Davis 1976 disputate in Cile, per protesta contro la dittatura sanguinaria di Augusto Pinochet. La rappresentativa sudamericana arrivò in finale, dove sfidò l’Italia, unica ad accettare di scendere in campo a Santiago. E Adriano Panatta, eroe di quella sfida, indossò una provocatoria maglia rossa, simbolo dell’opposizione.

Da Pechino 2008 alla nazionale iraniana
Ma la storia è piena di gesti simili. Dalle olimpiadi di Pechino 2008, con molti atleti che firmarono una lettera pro-Tibet e alcuni che non parteciparono alla parata di apertura dei giochi, alla nazionale di calcio iraniana che nel 2009 scese in campo con la fascia verde al braccio, simbolo dei giovani che protestavano contro le elezioni, vinte con l’imbroglio da Ahmadinejad.

Per arrivare poi a Robbie Fowler, calciatore del Liverpool, che mostrò una maglia a sostegno degli scioperi dei minatori inglesi, il serbo Vladimir Stojkovic contro la guerra nella ex-Jugoslavia o l’egiziano Mohamed Aboutrika, che in Coppa d’Africa 2008 sollevò una maglia a sostegno del popolo di Gaza, colpito dai bombardamenti israeliani.

Italia, il Treviso “nero” contro il razzismo, criticato dal sindaco
E in Italia, dove gli slogan sono più politici che sociali, è bene non dimenticare i giocatori del Treviso, che nel 2001 scesero in campo con la faccia dipinta di nero per sostenere il loro compagno Omolade, continuamente offeso dagli ultras con slogan razzisti. E ricevettero le critiche del sindaco leghista Giancarlo Gentilini “Hanno scelto il colore della vergogna, perché quando la politica entra nello sport, è la fine dello sport”.

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