Non profit

I soldati caduti in Iraq, uomini di pace

Una testimonianza tra le tante giunta dopo la strage di Nassirya.

di Riccardo Bonacina

Non ho dubbi che siamo in lutto per quanto è accaduto a Nassirya. Tuttavia, si tratta di un silenzio colmo di cose non dette e che anzi se si dicessero solleverebbero scandalo, comporterebbero il rischio di essere etichettati per falchi o per colombe, per detrattori o per fautori, per filoterroristi o fascisti. Una riflessione, tuttavia, mi sento di farla a mio rischio e pericolo. è sottile il discrimine che passa tra truppe di occupazione e truppe di pace fino a quando una qualsiasi guerra non si sia conclusa. Se la guerra non è conclusa , siamo in guerra, in guerra. Forse la realtà virtuale, la democrazia virtuale, i leaders virtuali ce lo hanno fatto dimenticare, si spara, si colpisce il nemico, si uccide e si muore: ma proprio sul serio nel senso che chi è morto non si può più rialzare come in una fiction o come fosse una puntata di Scherzi a parte. Siamo sicuri che si sia trattato di un?attentato terroristico e non di un?azione della suddetta guerra, azione legittimata dal fatto stesso di essere in campo? Chi sono i buoni e chi sono i cattivi? Credo alla buona fede di molti, ma siamo abbastanza grandi per capire che dietro le guerre ci sono interessi economici o di potere: proprio per rispetto di chi è morto, nessuno ha il diritto di essere ingenuo. Concetta Centonze, San Donà di Piave Carissima Concetta, tra le tante ho scelto la tua lettera perché si situa al limitare con una serie di messaggi indecenti e deliranti che abbiamo letto. Messaggi del tipo “E che s’aspettavano? Ce n?est qu?un debut”. O ancora: “I nostri carabinieri? No, i loro carabinieri che sono in Iraq per difendere gli yacht e le Ferrari dei petrolieri. I loro soldati continueranno a morire anche quando torneranno a casa”. Messaggi contenuti non in siti criptati ma in comunicati e dichiarazioni di gruppuscoli che seminano odio e che ormai consideriamo tristi residui di un passato che non c?è più, o presagi di un futuro che non vogliamo. Cara Concetta, chi siano i buoni e chi i cattivi, in questa occasione è chiaro come in un film di Leone. I soldati italiani sono caduti durante una missione dalle chiare caratteristiche civili. Il disprezzo e la condanna sono per chi fa strage. Proprio il giudizio sulla sconsiderata guerra in Iraq e sulle gravi colpe americane per un dopoguerra ancor peggiore della guerra guerreggiata, proprio la richiesta che si fa ancor più forte di un quadro internazionale diverso che accompagni il futuro dell?Iraq, la consapevolezza di tutte le ambiguità della nostra missione, ci devono dare tutta la forza e la libertà di dire che in queste situazioni una presenza militare di pace è non solo legittima, ma necessaria. E gli italiani ne erano un buon esempio.


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