Volontariato

I sindacati contro gli istituti poco etici. Banche armate, se il travet si ribella

Le organizzazioni di categoria chiedono che nel nuovo contratto siano inclusi il bilancio sociale e la rinuncia al mercato delle armi.

di Riccardo Bagnato

Difficile il rapporto fra sindacati e industria delle armi. “Le contraddizioni a volte non si risolvono, si vivono”, chiosa Savino Pezzotta, segretario della Cisl. Lo sanno bene non solo gli operai delle varie Beretta, Oto-Melara, Finmeccanica, ma anche i 305mila impiegati di banca, di cui il 75% è sindacalizzato e che, grazie alla campagna contro le banche armate, hanno preso coscienza del ruolo, fondamentale e delicato, che assumono molti istituti di credito nel processo di export delle armi italiane.
Un settore dove, fra il 2000 e il 2001, protagonista assoluto è stato il gruppo Banca di Roma (oggi Capitalia), attraverso la controllata Banco di Sicilia, che aveva ottenuto una sola autorizzazione per un affare da 264 milioni di euro (una commessa di Agusta-Finmeccanica per 30 elicotteri A109 al Sudafrica, che da sola rappresentava il 30% delle esportazioni di quell?anno).
Sommando a queste le autorizzazioni ottenute dalla stessa Banca di Roma (pari a 128,5 milioni di euro) si arrivava poi alla cifra di 392,5 milioni di euro di importi autorizzati, precedendo così Banca Intesa (233,2 milioni di euro), il gruppo Unicredito (116,2 milioni di euro, quasi tutti del Credito Italiano), Bnl (87,8 milioni di euro) e altri.

Tutte banche etiche
Un copione ripetutosi l?anno successivo: Capitalia in pole position (sempre per effetto di un?acquisizione nel maggio del 2002, quella di Bipop Carire: ?banca armata 2001?); a seguire, Bnl (104,5 milioni di euro), Unicredito (54,7 milioni di euro, risalenti al Credito Italiano), San Paolo Imi (48,8 milioni di euro), e Banca Intesa (47,6 milioni di euro, eredità soprattutto della Banca Commerciale).
Un situazione a dir poco ?esplosiva? per i tre sindacati confederali di categoria Fisac-Cgil, Fiba-Cisl, Uilca-Uil, e i tre sindacati autonomi, Falcri, Fabi e Federdirigenti. “Qualcosa si sta muovendo. Abbiamo apprezzato le dichiarazioni dell?amministratore delegato Alessandro Profumo per quanto riguarda la decisione di Unicredito di abbandonare progressivamente il mercato delle armi, così come riscontriamo collaborazione con l?Abi e il suo presidente Maurizio Sella. Tuttavia, non basta”, dice Elena Di Gregorio, segretaria di Fisac-Cgil Veneto.
Per questo, a pochi giorni dalla riunione (l?11dicembre a Bruxelles) della confederazione dei sindacati europei metalmeccanici in cui si è discusso di politica per la difesa e quindi del ruolo da assumere di fronte al processo di riarmo europeo in atto, le novità più interessanti vengono dal sindacalismo bancario. Fisac, Fiba, Uilca e Falcri, infatti (dopo uno strappo con Fabi e Federdirigenti che, viceversa, hanno presentato una piattaforma contrattuale incentrata sugli aumenti salariali), hanno presentato a fine ottobre la proposta per un nuovo contratto “per la valorizzazione dei lavoratori e le lavoratrici in una banca eticamente e socialmente responsabile”, in cui chiedono di poter contribuire direttamente allo sviluppo del bilancio sociale.

La domanda di Repubblica
“Non vogliamo solo collaborare, ma aiutare l?azienda a redigere un bilancio sociale che, per il fatto di prevedere la presenza di sindacati al momento della sua formulazione, acquisterebbe maggiore valore, in ottemperanza per altro con il Libro verde europeo di due anni fa”, conferma Giuseppe Gallo, segretario generale aggiunto di Fiba-Cisl. “Abbiamo aderito alla campagna ?Banche Armate? perché sapevamo, come sa oggi la stessa Abi, che il rapporto banca-società è in crisi. E siamo convinti che un comportamento etico e socialmente responsabile sia l?occasione per migliorare tale rapporto, riportando al centro i lavoratori, ma non solo, soprattutto il cliente: costretto a subire in questi anni le conseguenze di una politica aziendale incentrata principalmente sul beneficio dell?azionista”.
A quando la trattativa di questa nuova piattaforma contrattuale? “Inizieremo a gennaio”, annuncia Gallo, “e vorremmo chiuderla il prima possibile. Le incognite sono molte, ma resto ottimista”.
Del resto non si tratta più di una questione fra pochi intimi: Umberto Galimberti ha chiuso recentemente un suo editoriale su Repubblica ponendo questa provocazione: “Se io lavoro in una banca che sovvenziona la produzione delle armi e la sua esportazione e per me ?l?agire? si riduce a ?lavorare?, cioè a eseguire azioni già descritte e prescritte, io sinceramente per l?etica non vedo alcuno spazio”. Appuntamento quindi ai primi mesi del 2004 per vedere come va a finire.

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