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I sette snodi della Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo
La seconda edizione di Coopera si terrà a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, il 23 e 24 giugno. La Conferenza intende fare il punto sul sistema della cooperazione internazionale del nostro Paese per proiettarla con maggiore efficacia sui binari dello sviluppo sostenibile, legando coerentemente i grandi temi dell’Agenda 2030, sui quali si svolgerà la riflessione dei cinque panel programmati: pace, persone, prosperità, pianeta, partnership
di Nino Sergi
La “seconda” Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo (coopera) si terrà a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, nei giorni 23 e 24 giugno 2022. Essa intende fare il punto sul sistema della cooperazione internazionale del nostro paese per proiettarla con maggiore efficacia sui binari dello sviluppo sostenibile, legando coerentemente i grandi temi dell’Agenda 2030, sui quali si svolgerà la riflessione dei cinque panel programmati: pace, persone, prosperità, pianeta, partnership.
1. Partecipare alla definizione delle politiche.
Fissata dalla legge ogni tre anni “per favorire la partecipazione dei cittadini nella definizione delle politiche di cooperazione allo sviluppo”, la CO-OPERA riprende la discussione pubblica in presenza, con contatti e confronti diretti, dopo il lungo periodo dell’isolamento pandemico. La viceministra per la
cooperazione allo sviluppo Marina Sereni l’ha presentata come “un’occasione per far conoscere le tante buone iniziative che stiamo costruendo grazie all’impegno delle istituzioni e della società civile italiana, grazie alla capacità di promuovere partenariati paritari e proficui con i Paesi nostri partner e alla collaborazione con l’Unione Europea e il sistema delle Nazioni Unite”; ma anche “l’occasione per confrontarci sul futuro, sulle criticità da superare e sui miglioramenti che possiamo, tutti insieme, realizzare”. Qualità della cooperazione e dei partenariati italiani, collaborazione europea e azione
multilaterale. Conoscendo quanto è stato realizzato negli anni, le capacità professionali dei soggetti della cooperazione allo sviluppo insieme alla capacità di tessere relazioni solide e durature e la continuità nel tempo degli effetti degli interventi realizzati, c’è da rimanere complessivamente orgogliosi: l’Italia, dove fa cooperazione, mostra il suo volto migliore. Ma c’è anche da rimanere meravigliati di certa ottusità politica che non ha mai voluto moltiplicare questi risultati, utili all’Italia, ai suoi interessi e al suo peso internazionale, contravvenendo peraltro agli impegni internazionali ripetutamente assunti.
2. Coerenza e visione strategica unitaria.
CO-OPERA è quindi un momento da valorizzare. Anche per verificare se e come le istituzioni governative e parlamentari siano coerenti con quanto affermato dalla legge: “ La cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace è parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia” (art. 1, legge 125/2014). La partecipazione del presidente della Repubblica, di vari ministri, di istituzioni europee e internazionali, dei molti soggetti pubblici e privati della cooperazione, di molti giovani desiderosi di impegnarsi a fondo per contribuire con le proprie competenze ad un mondo migliore, dei movimenti per la pace, di tanti altri soggetti interessati, sarà anche la dimostrazione della necessità di definire una visione strategica unitaria e condivisa della cooperazione internazionale dell’Italia, a livello interno, europeo e multilaterale. I tre anni che ci porteranno alla “terza” conferenza dovranno vedere, su questo obiettivo, il serio impegno delle istituzioni di governo, della politica e delle società nelle sue articolazioni sociali, culturali, economiche. È l’auspicio di quel tanto auspicato “sistema paese”, che non si è ancora riusciti a mettere a sistema per garantire maggiori e migliori risultati nella cooperazione internazionale. Anche perché sono emersi soggetti di vera e innovativa cooperazione allo sviluppo che si situano ai margini del sistema istituzionale della cooperazione pubblica. La Conferenza è aperta anche a loro. Si tratta di soggetti il cui valore merita di essere riconosciuto, rendendo il sistema istituzionale da un lato più inclusivo e attento a quanto si muove nella società italiana e dall’altro più aperto a recepire quanto è realizzato, in linea con le esigenze di sostenibilità e con risultati talvolta sorprendenti, da soggetti del mondo profit e non profit ancora non inseriti adeguatamente nel sistema della cooperazione italiana.
3. Agenda 2030: sviluppo sostenibile.
Pochi giorni dopo CO-OPERA l’Italia presenterà all’ONU il proprio rapporto sugli impegni nazionali e internazionali assunti per il raggiungimento dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, durante il Forum ad alto livello di ministri e capi di Stato. Gli impegni della cooperazione italiana allo sviluppo stanno andando decisamente nella direzione della sostenibilità; ma i ritardi, non solo italiani, aggravati dalla pandemia, destano serie preoccupazioni. La giusta direzione però non basta se non è accompagnata da risorse adeguate alla quantità degli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi. Anche per questo le organizzazioni della società civile (Osc) hanno promosso la campagna 070 per sollecitare governo e parlamento al mantenimento dell’impegno assunto di destinare allo sviluppo sostenibile lo 0,70% del RNL per l’assistenza e la cooperazione internazionale allo sviluppo entro il 2030. Per dare un seguito concreto e impegnativo a CO-OPERA, il governo e il parlamento – parallelamente agli aumenti di risorse annunciati per la Difesa – definiscano in modo inequivocabile, nei dati di bilancio annuali e pluriennali, l’adeguamento a tale percentuale dei fondi per l’assistenza allo sviluppo, oggi fermi allo 0,22% del RNL.
4. Il tema della pace.
La Conferenza aprirà i lavori con il panel sul tema della pace. Le reti delle Osc di cooperazione e aiuto umanitario – Aoi, Cini, Link – hanno predisposto e diffuso, in occasione di CO-OPERA, un ampio documento di analisi e proposta, pubblicato da VITA, che è stato inviato al presidente Draghi, ai ministri Di Maio e Franco, alla viceministra Sereni, ai presidenti di Senato e Camera Alberti Casellati e Fico, ai membri del parlamento. Si tratta di dieci punti che motivano e sollecitano scelte politiche coerenti con gli impegni internazionali assunti dall’Italia e con la necessità di contribuire ad allentare le tensioni internazionali e proporre un durevole cammino di cooperazione e di pace. Le Ong hanno saputo promuovere negli anni iniziative di dialogo per la pace con risultati significativi in Bosnia, Kosovo, Somalia, Afghanistan, tanto per ricordare alcuni dei contesti più noti. Talvolta, purtroppo, in
contrapposizione alle scelte politiche adottate. Le loro parole si basano quindi su realtà ed esperienze direttamente vissute.
5. Cooperazione e sviluppo sostenibile.
Cooperazione è la parola chiave. L’hanno ben evidenziato le Osc nel documento sopra citato, invitando a nobilitarla e renderla coerentemente trasversale ad ogni atto politico dell’Italia nei rapporti internazionali, anche per promuovere gli interessi italiani nel mondo. “Deve rimanere il cardine delle relazioni a livello economico, politico, culturale, ambientale, dei diritti, dello sviluppo, della lotta alla povertà, della sicurezza. Cooperazione significa anche pace. Pace non è infatti solo assenza di guerra e la pacifica convivenza non deriva dalla potenza degli arsenali e dal continuo riarmo”. Sviluppo sostenibile è l’altra parola chiave. Perché – continua il documento – “la pace va favorita e costruita soprattutto con l’incontro, il dialogo, l’ascolto, il riconoscimento dei diritti e della dignità degli esseri umani, l’equa distribuzione delle risorse, la tutela del suolo, delle acque e dell’ambiente, l’uguaglianza di opportunità, la costruzione di partenariati, la solidarietà, la giustizia sociale ed economica, lo sviluppo umano e sostenibile come dichiarato nell’Agenda 2030 e firmato solennemente dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU nel 2015”. La cooperazione internazionale, se vissuta in pienezza e trasparenza, “è finalizzata a tutto questo e può favorire inoltre il rispetto dei trattati e delle convenzioni, la riconciliazione, la visione multilaterale delle relazioni internazionali e del governo delle tensioni mondiali, la pace. Ai fini della stabilità e della pace costano molto meno ai cittadini italiani ed europei la solidarietà e il deciso impegno per lo sviluppo equo e sostenibile che non gli stanziamenti insopportabilmente alti per le armi, il cui impiego significa morti, distruzioni, emergenze umanitarie, sfollamenti, spinte migratorie, sofferenze, odi senza fine”.
6. La strana numerazione della Conferenza.
CO-OPERA 2022 è intitolata “seconda conferenza”. In realtà, già a giugno 1985 c’è stata la “seconda conferenza sulla cooperazione allo sviluppo”, preceduta dalla “prima” a dicembre 1981, con riferimento alla legge 38/1979 e seguita da una successiva (non numerata) a ottobre 1991, con riferimento alla legge 49/1987. Si è trattato di conferenze basate su un lungo lavoro preparatorio con analisi e proposte di soggetti istituzionali e della società nelle sue ampie articolazioni. Così come è stato, d’altronde, per il “Forum della cooperazione internazionale”, a ottobre 2012, che (dopo anni di alti e bassi, condizionati dall’azione dirompente di “tangentopoli” che ha prodotto un’ingiusta e non meritata immagine negativa sulla cooperazione allo sviluppo, i cui effetti dannosi pesano tuttora) ha avuto il merito di riproporre, in modo approfondito, ampio e coinvolgente, il tema dell’importanza e indispensabilità per l’Italia della cooperazione internazionale e di dare la spinta decisiva per la riforma legislativa approvata dal parlamento nel 2014. Sono stati momenti forti, che hanno saputo comunicare e motivare che la cooperazione internazionale è un investimento per il futuro dell’Italia.
7. Un rischio da evitare: perdere la memoria storica della cooperazione allo sviluppo.
Con riferimento alla legge 125 del 2014 la “prima” Conferenza, molto partecipata, si è svolta a Roma nel gennaio 2018 al Parco della Musica. Da un lato la numerazione ha il vantaggio di rifarsi alla legge di riferimento, valutandone periodicamente l’attuazione, insieme alle priorità definite, gli strumenti adottati, i risultati raggiunti e i miglioramenti da suggerire. Dall’altro lato, essa comporta il rischio di perdere la memoria istituzionale e collettiva di un cammino che si è sviluppato nel tempo (la cooperazione internazionale richiede tempo e continuità), con crescenti specializzazioni di persone, istituzioni, organizzazioni, con partenariati preziosi e diffusi, basati spesso su una profonda conoscenza dei contesti sociali, politici, culturali, economici, con risultati che rimangono efficaci dopo decenni, con valutazioni e correzioni periodiche… Il rischio è reale. E può derivarne un impoverimento nella pubblica amministrazione, con la non auspicabile perdita della propria memoria storica. La stessa difficoltà – talvolta impossibilità – di trovare nei siti istituzionali il deliberato e il realizzato nei periodi riferiti alle leggi precedenti, come se non importassero più, come se non riguardassero più la cooperazione italiana con il patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite, i partenariati costruiti, gli insegnamenti ricevuti, la spinta a fare meglio e di più e gli interventi messi in atto per riuscirci. La cooperazione allo sviluppo dell’Italia sembra quasi, stando ai siti istituzionali, aver avuto inizio nel 2014. Mentre le sue radici affondano nella metà del secolo scorso. Una lunga e importante storia che ha contribuito ad aprire l’Italia al mondo, nel migliore dei modi.
*Nino Sergi, presidente emerito di INTERSOS e policy advisor di LINK 2007
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