Silvio Berlusconi, ha da poco ammesso di non essere Dio, di fronte alla marea di indizi e prove che lo sbugiardano sui suoi comportamenti sessuali ha detto, più o meno: “Che ci volete fare? Il mondo è pieno di belle figliole e io non sono un santo”. Non è esattamente la giusta premessa ad un cambiamento dei comportamenti giacchè una conversione implica un sincero pentimento, un sentimento di dolore di fronte agli errori, insomma non ci si autoassolve da sè. Vedremo se l’annunciato pellegrinaggio a Pietralcina da Padre Pio farà il miracolo.
Ma Berlusconi non è l’unico politico a considerarsi un dio o un santo. La politica italiana pullula di cavalieri senza macchia, di moralisti. Moralisti la cui morale vale essenzialmente per affermarsi e per per farsi spazio a danno di altri.
Per limitarci a due casi sui quotidiani di oggi.
Ignazio Marino, colui che a proposito del caso di Luigi Bianchini,all’arresto di Luigi Bianchini, già coordinatore di un circolo del Pd di Roma accusato di essere l’autore di diversi stupri nella capitale aveva proclamato : «Nel Pd abbiamo una questione morale grande come una montagna, che non può essere ignorata», è oggi alle prese con le ombre del suo passato tra Pittsburgh e Palermo. È di ieri la dichiarazione di Paul Wood, responsabile della relazioni esterne del Pittsburgh Medical Center: “La lettera firmata dal dottor Ignazio Marino il 6 settembre 2002 è la lettera finale e ufficiale delle dimissioni. Le irregolarità nella gestione finanziaria furono portate alla luce dal servizio di audit di Upmc e non da Marino. Esse furono poste in essere in modo intenzionale e deliberato da parte di Marino e questo accadde in modo ripetuto nell’arco di molti mesi e non si e’ limitato ad un singolo evento”.
Luigi De Magistris l’ex pm di Catanzaro che al momento della candidatura alle Europee aveva dichiarato: “’E’ un’esperienza dalla quale non tornerò indietro”, ha invece chiesto un aspettativa lunga l’intera legislatura europea che il Plenum del Csm gli ha accordato. Oggi sul suo sito De Magistris scrive: “I tempi delle mie dimissioni non me li farò indicare o dettare da nessuno, se non dalla mia coscienza”.
Ah, la coscienza e le autoassoluzioni! Quanto è più seria, umanamente la coscienza di sè come esseri limitati e imperfetti, quanto è più capace di costruzione e di relazione. Ai moralisti di Palazzo dedico queste due righe di Dietrich Bonhoeffer:
«La coscienza naturale — foss’anche la più rigorosa — dimostra di essere l’autogiustificazione più empia» (Opere di Dietrich Bonhoeffer, vol. 6, Etica, a cura di A. Gallas, tr. it. di C. Danna, Queriniana, Brescia 1995, p. 243)
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