Mondo

I ribelli di Kony insanguinano il Congo

di Giulio Albanese

Forse non tutti sanno che dal settembre dello scorso anno, i famigerati ribelli nordugandesi dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) hanno sferrato una violenta offensiva nel settore nordorientale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Già nel passato gli “olum” (“erba”, così vengono chiamati i ribelli in lingua acholi) avevano compiuto scorribande in questi vasti territori, spingendosi addirittura nella vicina Repubblica Centrafricana e perfino in territorio sudanese. Il fallimento delle trattative tra Joseph Kony, leader storico dello Lra, e il governo di Kampala ha innescato una drammatica spirale di violenza nell’ex Zaire, acuitasi in concomitanza con l’offensiva lanciata cinque mesi fa nella regione congolese del Nord Kivu dal generale Laurent Nkunda, allora comandante del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp). Comunque, quanto a ferocia gli olum non hanno concorrenti, nonostante siano stati decimati dalle defezioni di molti giovani che hanno potuto gradualmente fare ritorno ai propri villaggi nel Nord Uganda, godendo dell’amnistia concessa dal presidente ugandese Yoweri Museveni e dalla tregua tra le parti in lotta iniziata nell’agosto del 2006. Le testimonianze raccolte da autorevoli fonti della società civile sono aberranti. Nel villaggio di Nakpokpo, ad esempio, i combattenti dello Lra hanno legato assieme uomini e donne, picchiandoli poi e uccidendone alcuni all’arma bianca. Inoltre hanno preso due adulti cospargendo sul loro corpo olio di palma; li hanno poi rinchiusi in una capanna che è stata data alle fiamme. Un sopravvissuto ad un attacco avvenuto il giorno di Natale a Batandé nei pressi di Dorima, ha raccontato il suo dolore, misto a frustrazione, nel vedere con i propri occhi la macellazione dei propri cari: “Li hanno legati mani e piedi e condotti in un campo dove sono stati massacrati a colpi di machete. Nessuno è stato risparmiato: neonati, donne incinte, anziani. Più di 60 persone hanno perso la vita e io ho visto tutto con i miei occhi senza poter fare niente”. Secondo il computo stilato da Human Rights Watch (Hrw), sarebbero almeno 865 i civili uccisi dallo Lra tra il 24 dicembre scorso e la metà di gennaio. Un bilancio che evidenzia la gravità della situazione, ma soprattutto la debolezza della task force degli eserciti di Congo, Uganda e Sud Sudan a cui è stato affidato il compito di catturare Kony e i suoi fedelissimi. Hrw accusa questa forza di non essersi preparata correttamente per garantire l’incolumità dei civili dalle rappresaglie degli olum. Come se non bastasse all’algido bilancio delle vittime, va aggiunto il sequestro di almeno 160 bambini nel distretto di Haut-Uélé. E dire che lo stato maggiore ugandese sostiene di aver ucciso almeno 149 ribelli dal dicembre scorso, da quando cioè è iniziata l’offensiva contro lo Lra, precisando che circa 300 persone rapite dai ribelli nordugandesi sarebbero stati liberati. Una versione comunque smentita da autorevoli fonti della società civile le quali ritengono che le operazioni militari condotte nella fitta foresta di Garamba Park dai tre eserciti sarebbero state un totale fallimento. Infatti Kony e i suoi ribelli, grazie a una spiata, avrebbero abbandonato il loro campo base due giorni prima dell’arrivo delle truppe ugandesi. Le trattative con Kony sono saltate perché il leader ribelle, arrendendosi ai soldati ugandesi, teme di essere consegnato al Tribunale Penale Internazionale, il quale ha emesso nei suoi confronti e contro quattro dei suoi comandanti (due dei quali deceduti) un mandato di cattura internazionale per crimini contro l’Umanità. Una brutta storia quella di Kony, un pazzo visionario a piede libero con la connivenza di chi acconsente a un simile degrado della condizione umana.

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