Cultura

i ragazzi? per quest’anno ce li paghiamo di tasca nostra

Opera Don Calabria controcorrente

di Redazione

Progetti approvati ma non finanziati? «Il servizio civile ce lo paghiamo noi». Questa la scelta dell’Opera Don Calabria, ente storico dell’obiezione di coscienza italiana, il sesto in assoluto ad “accreditarsi” nel lontano 1974. Da allora, ogni anno, l’ente veronese riceve nelle proprie strutture in Italia e all’estero decine di giovani, prima obiettori, oggi volontari del Servizio civile nazionale. «Con il bando 2009, per la prima volta in 25 anni non siamo entrati nella graduatoria», spiega Roberto Alberti, 46 anni, coordinatore Servizio civile dell’Opera. «La situazione è drammatica, tanto che, unico ente a farlo quest’anno, abbiamo deciso di autofinanziarci un progetto specifico, pagando gli otto volontari previsti».
«Io-anziano, tu giovane: cittadini insieme» è il nome del progetto, per il quale, da una decina d’anni, i volontari in Scn prestano assistenza ai 200 ospiti del Centro anziani di Negrar (VR). «È stata una scelta necessaria, per non diminuire l’utenza della struttura», chiarisce Alberti. «Una volta saputa l’esclusione dal finanziamento, abbiamo contattato l’Ufficio nazionale Servizio civile per comunicare la nostra decisione», consentita dalla legge da almeno tre anni. Pur ricevendo i 720 euro, 90 a volontario, corrisposti per la formazione, l’ente sborserà di tasca propria all’Unsc, che poi li girerà ai volontari, «i 5.750 euro previsti per ognuno degli 8 posti, versando il 70% a inizio progetto, il 30% alla fine». Totale, 46mila euro.
«Non pochi per noi, ente piccolo, di seconda classe. Di sicuro lo faremo solo quest’anno». E se nemmeno nel 2010 arriveranno i fondi? «Valuteremo se rinunciare al Scn e puntare su altre forme di volontariato giovanile, come il dare crediti formativi e universitari», prosegue Alberti. Dei 9 progetti (per 92 volontari) presentati dalla Don Calabria, 2 sono stati esclusi, 7 invece approvati ma con punteggi sotto lo sbarramento, «ogni anno più alto (nel 2009 a 63/100, ndr). È un vero peccato», conclude il coordinatore, «perché il servizio civile rischia di perdere il senso originario di difesa alternativa della patria, diventando sempre più una stampella del welfare in crisi».

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