Economia
I principi dell’equosolidale contro il caporalato
Solidale Italiano è il progetto di Altromercato che valorizza i prodotti di chi non dimentica la dignità di chi lavora. Anche in Puglia e Campania, per esempio, c'è chi coltiva e raccoglie pomodori nel rispetto dei diritti, su terreni confiscati alle mafie e con un'agricoltura sostenibile .
Caporalato, c’è chi dice no! E lo fa proprio nelle terre che in questi giorni sono all’attenzione della cronaca. Come la Cooperativa Pietra di Scarto di Cerignola, in Puglia. Qui la raccolta dei pomodori la stanno facendo i soci della cooperativa e quattro ragazzi senegalesi dell’associazione “Ghetto Out – Nelson Mandela” di Cerignola. Il contratto prevede 6 ore di lavoro al giorno per 45 euro e il rimborso della benzina.
A far conoscere la storia della Pietra Scartata e quella di altre cooperative che lavorano nel Mezzogiorno d’Italia in terre confiscate alle mafie è il progetto Solidale Italiano lanciato da Altromercato nel 2011 e il cui Manifesto è stato presentato nell’ottobre del 2014. Sono esperienze positive di lotta al caporalato e di agricoltura sostenibile. Si tratta di realtà che di fronte allo sfruttamento del lavoro e alla violazione dei diritti delle persone hanno scelto un’altra strada: quella di dignità del lavoro. In pratica Solidale Italiano di Altromercato applica i principi del Commercio equo e solidale ai produttori italiani: prezzo equo, cooperazione, sviluppo e inclusione sociale, retribuzione dignitosa e rispetto dell’ambiente. Il Manifesto del Solidale Italiano è nato in collaborazione con Aiab (Associazione italiana Agricoltura biologica), il Gruppo Cooperativo Cgm e Slow Food Italia.
«Lottiamo contro il caporalato e ogni forma di sfruttamento o sopraffazione in questa che è la terra di Giuseppe Di Vittorio», dice Pietro Fragasso, presidente della Cooperativa Pietra di Scarto. «Il senso di Solidale Italiano Altromercato sta nel creare opportunità per realtà che promuovono un'agricoltura sostenibile che passa dal rispetto per l'ambiente e dalla riaffermazione dei diritti delle persone, soprattutto quelle immigrate, troppo spesso trasformate in semplici braccia da schiavizzare e stoccare nei ghetti ad opera di caporali al soldo della mafia in nome di un mercato brutale e senza regole».
Accanto alla cooperativa Pietra di Scarto in ambito agricolo ci sono la cooperativa agricola Gino Girolomoni nelle Marche, l’Associazione Veneta dei Produttori Biologici e Biodinamici A.Ve.Pro.Bi., il Consorzio Goel nella Locride con Goel Bio, I Germogli (che collabora con i ragazzi della casa famiglia Sherwood) a San Colombano al Lambro, la Cooperativa Agrinova, a Caulonia (Reggio Calabria). Inoltre, da Libera Terra Mediterraneo (Sicilia – Puglia – Campania) arrivano olio, vino, legumi, pasta realizzati con materie prime coltivate sui terreni confiscati alla mafia.
Da poco a queste realtà si è unita anche Nco, Nuova Cooperazione Organizzata di Caserta il cui laboratorio di trasformazione si trova a Maiano di Sessa Arunca in provincia di Caserta. Ad agosto questo nuovo partner è stato visitato da un responsabile del progetto di Altromercato che ha commentato molto positivamente il recupero dei terreni confiscati alla camorra e il piano di agricoltura sociale e sostenibile che coinvolge un’alta percentuale di lavoratori svantaggi. A Maiano si coltivano e si trasformano melanzane e pomodori che si ritroveranno nelle passate che, come gli altri prodotti di Solidale Italiano, si possono acquistare nelle Botteghe del Mondo e nei punti di distribuzione dei prodotti di Altromercato.
Al progetto fin dall’inizio collaborano anche i progetti dell’economia carceraria realizzati da Pausa Caffe a Saluzzo e Torino, Campo dei Miracoli a Trani, Divieto di Sosta a Saluzzo e Verbania e l’Arcolaio a Siracusa.
Nelal foto in apertura a dx il presidente della Cooperativa Pietra di Scarto di Cerignola, Pietro Fragasso – Foto di Aldo Pavan
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