Volontariato

“I poveri sono sempre più poveri”. Eppure sto con Bush

Un anno fa fece discutere con la sua difesa del capitalismo e dei diritti come unico sistema per generare sviluppo. Oggi ammette: stiamo andando in senso opposto.

di Carlotta Jesi

Alejandro Toledo: bocciato. Luiz Inacio Lula da Silva: rimandato. George W. Bush: promosso. La pagella del professor Hernando De Soto, direttore del centro studi non profit Institute for Liberty and Democracy di Lima, va controtendenza. Mentre il mondo scommette sull?ex lustrascarpe operaio probabile presidente del Brasile, che si è fatto da solo come l?indio Toledo al potere in Perù, lui li bolla, rispettivamente, come «uno che in campagna elettorale promette l?economia di mercato moderna ma poi chissà» e «un buon uomo senza idee». Puntando sul politico più odiato del momento, petroliere figlio di petrolieri. Uno scrutinio che discrimina la politica dei deboli? Impossibile. De Soto è un capitalista dalla parte dei poveri. Difenderli è il suo lavoro. L?ha fatto nel libro Il mistero del Capitale pubblicato da Garzanti in cui spiega che il problema dei Paesi poveri non è la mancanza di capitale ma del diritto per trasformare in denaro sonante una mucca o un campo di grano. Lavorando alla costruzione di un Indice che misura quante persone nel Sud del mondo sono ricche senza poterlo dimostrare. Evitando di comprare schiuma da barba in bomboletta spray che buca l?ozono. All?economista più famoso del Sud del mondo Bush piace perché «è il primo presidente americano ad aver aumentato l?aiuto allo sviluppo. E sulla sua guerra all?Iraq in America sono tutti liberi di intervenire, di dibattere, perché quello di Bush è un Paese democratico». Vita: E le restrizioni alle libertà dei cittadini che ha imposto dopo l?11 settembre? Hernando De Soto: Bush sta proteggendo gli americani da una minaccia che, chi come noi non è stato direttamente colpito, non comprende fino in fondo. È presto per giudicare il suo operato. Non avrei saputo in che altro modo affrontare la crisi. Vita: E la crisi dell?Argentina? Secondo Time lei è uno dei grandi innovatori del nostro tempo: ma ha una soluzione innovativa per risollevare il Paese? De Soto: Democrazia. Trasparenza. Un sistema di diritto. Quello che consente agli americani di criticare la guerra contro l?Iraq e che è mancato agli argentini per affrontare la crisi. In Argentina il deficit fiscale che ha fatto crollare l?economia è stato aggravato da un deficit di democrazia. La gente non ha potuto contrastare la svalutazione perché non aveva idea di cosa fosse il deficit fiscale. E perché, oltre alla trasparenza sulla politica economica, le mancavano le infrastrutture e la democrazia che consentono di monitorare il governo e criticarne le decisioni. La mia soluzione innovativa è quella di sempre: far entrare i poveri nella legalità, nel sistema di diritto e di leggi che consentono di trasformare le loro proprietà in denaro. Vita: È la tesi del suo libro, uscito più di un anno fa. Nessun miglioramento? De Soto: Peggioramento, semmai. Secondo il mio indice oggi vive fuori dal sistema di diritti il 90% della popolazione dei Paesi poveri e dell?ex Unione sovietica. Manca la volontà politica per tirarli fuori. Vita: Se non lo fanno i politici, chi può? De Soto: La società civile ha un ruolo importante da giocare. Il sistema legale in Sudamerica è vulnerabile perché è stato imposto dalle élite senza alcun feedback da parte dei cittadini. È sui singoli che poggia sempre più la possibilità di costruire un mondo diverso. Per rendere la globalizzazione, che è inevitabile, più equa possibile. Vita: Lei, personalmente, che cosa fa? De Soto: Non sono certo un anti global. Però mangio solo cibo organico, scelgo l?energia solare. Sono stato al Summit di Johannesburg sull?ambiente e riconosco l?importanza delle scelte individuali e la possibilità di influenzare i governi. Prendiamo il problema delle barriere all?export dei Paesi poveri imposte da Stati Uniti ed Europa. Se aprissero i loro mercati agricoli, il Sud del mondo ne trarrebbe un beneficio molto maggiore degli aiuti allo sviluppo che riceve oggi. Ma fino a che punto un governo europeo può tagliare i sussidi agli agricoltori e alzare le barriere sui mercati senza che i suoi cittadini scendano in piazza per protestare? Fino a dove glielo consentono gli elettori. E cioè i singoli. Speriamo che diventino più liberali. Vita: A proposito di liberalizzazione, cosa pensa dell?accordo Alca e del Mercosour? De Soto: Entrambi, per ora, si sono rivelati insufficienti. Aprire i mercati dell?America del Nord comunque porterebbe grandi benefici ai poveri. Un altro strumento su cui puntare è il microcredito. La Grameen Bank ha dimostrato a tutti che anche i poveri sono imprenditori, e soprattutto che ripagano i loro debiti. Ma non bisogna illudersi che risolva tutti i problemi di accesso al circuito finanziario: rappresenta meno dello 0,5% di tutto il credito. Vita: E nel dibattito sul copyright che posizione prende? De Soto: Recentemente ho discusso di questo tema con un amico che è partito a studiare il problema da questa domanda: che tipo di copyright avevano in mente i Beatles quando scrissero Penny Lane? Probabilmente uno che difendesse la loro creatività, ma non uno che nel futuro consentisse solo ai ricchi di ascoltare le loro canzoni. Anch?io la penso così: il copyright è utile perché incentiva la creatività, quello che è sbagliato è abusarne per speculare sulla conoscenza e l?inventiva. Per me, quindi, il problema non è abolirlo oppure no. Ma limitarlo. Decidere fino a dove è utile e da dove inizia a fare danno.


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