Non profit
I piccoli ragionano in grande
Parla Carlo Sangalli, al vertice della neonata Rete Imprese Italia
«Sappiamo coniugare competizione ed efficienza. Siamo un mondo che innova, produce ricchezza e occupazione, alimenta la coesione sociale, accresce
il patrimonio di saperi.
E sappiamo mettere in pratica la solidarietà sul territorio. Vogliamo ripartire da questi punti di forza.
Ed essere ascoltati. Sulla manovra, per esempio…»
Nello scacchiere immobile della rappresentanza imprenditoriale, è bastata una mossa per rimettere in gioco molte dinamiche. Una mossa a lungo preparata che ha subito prodotto buoni effetti: Rete Imprese Italia è stata immediatamente riconosciuta come parte sociale e ha avviato un confronto con il governo sui temi che scottano. La manovra, ad esempio: «Abbiamo incontrato a Montecitorio i vertici dell’Udc per analizzarla, qualche giorno dopo siamo stati ricevuti dal presidente della Camera, dal ministro Tremonti, dal sottosegretario Gianni Letta. Il 18 giugno siamo saliti al Colle per un incontro con il presidente della Repubblica», spiega Carlo Sangalli, a capo di questo esercito delle piccole e medie imprese (la presidenza sarà a turno e semestrale). Un esercito «per» – aggiunge, «non contro» – «che vuole incidere sulle scelte per il futuro».
Vita: Come nasce la Rete?
Carlo Sangalli:Dal patto del Capranica: quattro anni fa, il 30 ottobre 2006, le confederazioni si ritrovarono al Capranica, per contrastare l’impostazione della manovra finanziaria per il 2007, la troppa pressione fiscale e contributiva, la crescita della spesa pubblica e la concertazione strabica, che celava antiche e solide relazioni privilegiate. Ma, fin da allora, quel che invece chiedevamo – maggiore attenzione alle ragioni della crescita, maggior rispetto per il «popolo del fare impresa» – segnalava che i motivi del ritrovarci insieme travalicavano il «qui e oggi». Ci ritrovavamo insieme anzitutto sulla base di interessi e attese comuni e di lungo corso. Poi scegliemmo di continuare a lavorare insieme, di condividere analisi e proposte e di esprimerci in maniera unitaria, in ogni sede istituzionale.
Vita: Per fare “massa critica”?
Sangalli: Rete Imprese Italia è uno strumento unitario di rappresentanza e di confronto con le istituzioni, la politica, le altre forze economiche e sociali. Insieme è una fondazione per l’approfondimento scientifico, la costruzione di analisi e di proposte. Associazione e fondazione agiranno in stretto raccordo per la promozione delle ragioni e dei valori dell’impresa, del lavoro, dello sviluppo territoriale, ma anche per lo sviluppo dell’integrazione politica e culturale della rappresentanza del «popolo del fare impresa».
Vita: Che non è solo quello di Confindustria…
Sangalli: Il nostro non è un modello «contro», è «per»: nasce per dare identità e voce comune, rappresentanza e rappresentazione. L’obiettivo è modernizzare la rappresentanza delle imprese per modernizzare l’economia e la società italiana. È un modello aperto e plurale, che lavora per rafforzare l’unità di rappresentanza delle imprese e la collaborazione tra imprese e lavoro e non coltiva disegni “egemonici”. Men che meno si propone la conquista di spazi di potere.
Vita: Quali sono gli obiettivi strategici di questa fase di crisi?
Sangalli: Rete Imprese Italia vuole influire sulle scelte decisive per il futuro. La nostra proposta è semplice: ripartiamo dai punti di forza del Paese, irrobustiamo i fondamentali cercando di condividere regole e riforme. Regole di collaborazione e di cooperazione tra pubblico e privato perché si riduca la “tassa” della burocrazia e la semplificazione permetta di accelerare i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni. E poi premiare responsabilità e talento nella funzione pubblica, nella scuola, nel mercato del lavoro, anche attraverso il decollo operativo della rinnovata architettura della contrattazione.
Vita: Le vostre priorità?
Sangalli: Il federalismo, anzitutto fiscale, necessariamente pro competitivo e giustamente solidale. Più esattamente, l’incrocio tra il federalismo fiscale e la riforma fiscale. Si tratta di un’occasione per rafforzare, a ogni livello istituzionale e amministrativo, responsabilità nel ricorso alla spesa pubblica e alla leva fiscale, ristrutturare la spesa pubblica, ridurre inefficienze e sprechi. Occorre poi una determinata azione di contrasto e recupero dell’evasione e dell’elusione, per ridurre una pressione fiscale troppo elevata per tutti. Cifre e costi del federalismo fiscale vanno comunque approfonditi: un buon federalismo fiscale deve essere un’occasione per tutto il Paese.
Vita: Si parla di facilitare la vita alle imprese. È un primo successo del Patto?
Sangalli: La nostra organizzazione si sta adoperando per la riduzione e la semplificazione di regole e adempimenti. Qualche risultato sta arrivando: basti pensare alla riforma dello sportello unico per le attività produttive e all’introduzione delle agenzie per le imprese. Si tratta di opportunità rilevanti per la liberazione e la mobilitazione delle energie imprenditoriali del Paese, indispensabili per sostenere crescita e competitività delle piccole e medie imprese, nonché occasione per una maggiore produttività della funzione pubblica.
Vita: Come giudicate la manovra?
Sangalli: Positivamente. Va nella direzione che abbiamo sempre auspicato. Ora è importante far avanzare le grandi riforme, a cominciare da quella fiscale e dal federalismo, presupposti per semplificare il sistema e ridurre le tasse.
Vita: Ritiene possibile un ampliamento del Patto?
Sangalli: Abbiamo posto il primo mattone di una grande casa comune, in cui tutti gli “inquilini” abitano sullo stesso piano, condividono interessi, aspettative, ambizioni. Se, nel futuro, si potranno aggiungere altri “inquilini”, oggi non saprei dirlo. Non lo escluderei a priori.
Vita: Quali le “parole sociali” del Patto?
Sangalli: Le imprese piccole e medie sono diffuse sul territorio in maniera capillare. Sono frutto di iniziativa privata, senza sussidi o mercati protetti, monopoli o rendite di posizione. Coniugano competizione ed efficienza, prossimità e coesione sociale. Esprimono esse stesse valore sociale e sono insostituibile occasione di trasmissione e diffusione dei valori del lavoro, dell’inclusione, della solidarietà. Rappresentano un mondo che innova, produce ricchezza e occupazione, alimenta la coesione sociale, accresce il patrimonio di saperi, di operosità e di professionalità. Queste sono, secondo me, «parole sociali». Non solo: basta sfogliare un giornale locale per leggere di attività che vedono le nostre realtà locali abbinate a iniziative di solidarietà.
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