Famiglia

I paradossi di Cancun. Bleah, il piatto sa di sussidi

Per colpa del dumping, la specialità del Senegal a Dakar si cucina con riso americano, cipolle olandesi e pomodori italiani. Ingredienti che costano meno di quelli del posto.

di Carlotta Jesi

Gli effetti del dumping occidentale sui Paesi poveri? In Senegal, a questa domanda, rispondono con una ricetta. Quella del thieboudienne: uno stufato di pesce, riso e verdure che fino a ieri era considerato il piatto nazionale del Paese. Oggi invece è una sciagura. Perché l?unico modo per cucinarlo è acquistare ingredienti d?importazione che costano meno dei prodotti locali: riso americano, cipolle olandesi, pomodori italiani, pesce europeo. Praticamente, ogni boccone che mangi assesta un colpo fatale alla già fragile economia del Paese. Finché il thieboudienne non ti diventa indigesto. Lo shopping a Dakar Come è successo a Kwame Kwei-Armah. Uno degli attori più quotati della scena inglese che in primavera, insieme alla charity londinese Christian Aid, è volato in Senegal per capire di persona cos?è il dumping. “Quando sono atterrato all?aeroporto di Dakar”, ha confessato l?attore, che è nato nel 1967 a Londra come Ian Roberts e poi s?è cambiato nome per rendere omaggio ai suoi antenati del Ghana, “non avevo idea di cosa volesse dire questa parola. Sapevo solo che l?avrei scoperto provando a cucinare un thieboudienne“. La prima tappa del viaggio di Kwei-Armah è una visita al mercato per acquistare gli ingredienti base dello stufato. “Tutti di provenienza straniera”, ricorda, “più economici e abbondanti di quelli locali”. A cominciare dal pesce. “Europeo”, scopre l?attore a St. Louis, un villaggio di pescatori. “La gente del luogo mi ha raccontato che i diritti di pesca del Senegal sono stati venduti ai Paesi dell?Unione europea. Col risultato che molti pescatori sono rimasti senza lavoro”. Le cose non vanno meglio per gli agricoltori: mentre i prezzi dei loro prodotti scendono a causa della concorrenza delle importazioni straniere, quelli di semi e fertilizzanti continuano a salire. Il tutto senza sussidi, che il governo ha tagliato su suggerimento della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. “A farne le spese è gente come Fatima”, denuncia Kwei-Armah, “una delle persone che ho incontrato in Senegal: raccoglie cipolle per 12 ore al giorno, a 40 gradi e con un bambino legato alla schiena, guadagnando 1,50 dollari a settimana. Invano, perché alla fine le sue cipolle costano di più di quelle importate dall?Olanda che la gente compra per cucinare il thieboudienne. Stesso discorso per i pomodori e per le altre verdure con cui si prepara il piatto”. E il riso? Dumping nel piatto “Si compra quello americano perché quello senegalese non arriva neanche sul mercato. I contadini del luogo, al contrario di quelli occidentali, non ricevono alcun tipo di sussidio alla produzione, allo stoccaggio e al trasporto”. Risultato: “Alla fine, il piatto da cui ero praticamente dipendente”, ha confessato Kwame Kwei-Armah rientrato a Londra a un giornalista del Financial Times, “ha cominciato a perdere il suo sapore”. La preghiera di Armah Esattamente come aveva sperato Christian Aid, che ha scoperto la vena sociale di Kwei-Armah quasi per caso, durante la Celebrity Fame Academy, una serata musicale organizzata dalla Bbc in cui star dello spettacolo si sfidano cantando per raccogliere fondi in favore della charity Comic Relief. Guardando la serata in tv, i dirigenti di Christian Aid si sono accorti che Kwei-Armah pregava. E il giorno dopo hanno contattato il suo agente per chiedere se l?attore sarebbe stato disposto a partire per il Senegal come ambasciatore di buona volontà per vedere di persona quant?è difficile per gli agricoltori sopravvivere alla concorrenza delle merci occidentali altamente sussidiate dai governi ed esportate praticamente a costo zero nel Sud del mondo. Kwei-Armah non se lo è fatto ripetere. Il viaggio gli ha quasi fatto passare la voglia di mangiare thieboudienne, ma l?ha anche trasformato in un attivista: “Ai Paesi poveri serve un commercio unfair, ingiusto. Nel senso di pesantemente sbilanciato a loro favore”, provoca l?attore. Quasi a voler dire che il fairtrade chiesto a gran voce dalla società civile per bloccare gli effetti del dumping agricolo verso il Sud del mondo, non basta. “I Paesi poveri devono essere liberati dal modello commerciale imposto da Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e Wto”.


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