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I numeri della legge 40
Resi noti al Parlamento i numeri della normativa contenuti nella relazione annuale
Aumentano in Italia le coppie che dalla promulgazione della legge 40 nel 2004 si rivolgono alla Procreazione medica assistita (Pma) per avere un figlio e, con loro, crescono i cicli di trattamento, le gravidanze ed i nati vivi. Troppe però le gravidanze trigemine, almeno confrontandole con l’Europa e tenendo in considerazione i rischi accertati per la salute della mamma e del bambino. Relativamente basse, ma ancora in attesa di un paragone coerente con i risultati europei, le gravidanze iniziate con i trattamenti, circa 15 su 100 cicli. Lo dice il Ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali, che ha reso noti i dati del terzo Registro della Pma, sviluppato dall’Istituto superiore di sanità, che dal 2005 per legge raccoglie i risultati forniti dai 341 centri che in Italia applicano la Pma (dei quali 202 praticano anche la Fivet-Fecondazione in vitro e la Icsi-Inseminazione intracitoplasmatica dello spermatozoo).
I dati sono stati anche trasmessi al Parlamento, nell’ambito della relazione annuale sull’applicazione della legge 40. Nel 2007 sono state 55.437 le coppie che nella Penisola hanno fatto ricorso alla Pma per avere un figlio, erano 52.206 nel 2006 e 43.024 nel 2005; in crescita anche i cicli di trattamento (passati dai 63.585 del 2005 ai 75.280 del 2007), e le gravidanze (da 9.499 a 11.685 in tre anni). I nati vivi con una fecondazione medica assistita nel 2007 sono stati 9.137, circa il 78% delle gravidanze intraprese con la nuova tecnica. Mentre però le gravidanze gemellari ottenute con Fivet e Icsi si attestano intorno ai valori della media europea (18,7% in Italia nel 2007, 21% in Europa nel 2005), preoccupa la percentuale di quelle trigemine: 3,5 nei centri italiani (2,7% sui parti), contro lo 0,8% di quelli continentali. In Italia, infatti, la “forbice” nei diversi centri che praticano la Pma va dallo 0 al 13%: si passa così dagli “ottimi risultati” di diversi centri, inferiori alla media europea, a quelli “decisamente critici” con un numero eccessivo di trigemini che causano un rischio serio per la salute della madre e dei nascituri. Proprio per questo, ha annunciato il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, “entro 2 anni il Ministero vuole istituire una certificazione tramite criteri di qualità dei vari centri sul territorio nazionale, con informazioni dettagliate, controlli, tracciabilità e percentuali su gravidanze gemellari e trigemine”. Una sorta di ‘bollino blu’ dedicato alle coppie. Uno degli elementi qualificanti del terzo Registro, ha spiegato Giulia Scaravelli, responsabile dell’unità dell’Iss che ha sviluppato i dati, è che “rispetto al primo rapporto è diminuita notevolmente la percentuale di gravidanze Fivet-Icsi perse al follow-up, ovvero di quelle di cui non conosciamo l’esito: nel 2005 erano il 41,3%, nel 2007 siamo al 13,3, quasi nella media europea. Questo ci consente di tracciare una statistica molto più vicina alla realtà”. E’ possibile così rilevare che nei tre anni aumenta, anche se di poco, la percentuale di gravidanze iniziate rispetto ai cicli di trattamento: nel 2005 era del 14,9% mentre, nel 2007, su 100 cicli di trattamento con la Pma in Italia poco più di 15 hanno prodotto una gravidanza (15,5%). Il dato non è comunque molto distante – con le debite e profonde differenze – da quello riferito alle gravidanze naturali, che in condizioni normali e senza l’uso di tecniche anticoncezionali hanno una probabilità del 20% circa di prendere il via.
Con la Pma aumentano anche i casi di malformazioni alla nascita (1,1% sullo 0,4% della media italiana) ma, spiega il Ministero, il follow-up è poco esteso e i dati sono ancora troppo grezzi per trarne conclusioni. Difficile paragonare i dati italiani a quelli europei: diverse le leggi tra i singoli paesi, i parametri di confronto, gli anni di pubblicazione dei risultati. “Solo per dare una tendenza”, ha continuato Scaravelli, la percentuale tra trasferimenti embrionali e gravidanze iniziate con trattamento Fivet in Europa era nel 2005 del 30,3%, in Italia nel 2007 del 25,5% “in crescita”. Il Registro spiega però che in Italia nel 2007 si assiste ad un ulteriore incremento delle donne che accedono alla Pma con un trattamento Fivet, il che si riflette negativamente sui risultati delle tecniche stesse: aumenta infatti l’età media delle pazienti (da 35,4 anni del 2005 a 36 anni del 2007) al di sopra del corrispettivo europeo (33,8 anni di media nel 2005). Per questo secondo Roccella il numero “troppo alto” delle donne in età avanzata che accedono alla Pma è “una tendenza pericolosa: circola l’idea che la Pma possa dare risultati miracolosi, mentre è importante far sapere che con il passare dell’età le speranze di successo diminuiscono sensibilmente”. E’ noto come gli esiti positivi delle procedure siano in rapporto all’età – sottolinea il Registro – e in Italia un ciclo su quattro (il 25,3%) è effettuato da pazienti con età superiore ai 40 anni”. Tenendo conto che la percentuale gravidanze su trasferimenti embrionali per i 40 anni è del 12% (30% a 29 anni, 22% a 35 anni, 6% a 43 anni), conclude in ogni caso il documento, “l’aumento dei nati vivi e delle gravidanze può considerarsi a maggior ragione un risultato più che soddisfacente per l’applicazione delle tecniche Pma nel nostro paese”.
“La legge 40 sulla Pma funziona e lo dimostrano i dati: al contrario di altre è una legge buona, perchè tiene conto delle ricadute sociali, dei fattori etici e della salute delle donne”, ha quindi concluso Roccella, per la quale l’alta percentuale delle gravidanze trigemine “conferma che nella legge non ci sono problemi, semmai ci sono da fare correzioni nelle buone pratiche”. Quanto a futuri miglioramenti della normativa “aspettiamo la sentenza della Corte Costituzionale, poi vedremo. Ma guardando questi dati non c’è l’esigenza”. Critica invece la Società europea di Riproduzione umana e di Embriologia (Eshre): “I dati non solo sono allarmanti, ma sono in controtendenza con quelli del registro europeo, che dimostrano chiaramente come l’Italia sia il fanalino di coda sia nel numero di coppie trattate per milione di abitanti – solo il Montenegro ha dati più bassi – sia in termini di gravidanze plurime. Ancora più allarmante è il tentativo di addossare la responsabilità delle nascite plurime ai centri, quasi generassero una cattiva medicina, non tenendo conto che il fenomeno è stato esasperato proprio dalla applicazione della legge 40”. Per il cattolico Movimento per la vita, infine, “i dati sono di conforto per chi, nonostante le non poche riserve più volte espresse sulla fecondazione artificiale in quanto tale, ha sostenuto e difeso la legge 40: di fronte all`evidenza dei numeri, sarebbe lecito attendersi qualche mea culpa da parte di chi ha osteggiato ed osteggia la legge per semplice pregiudizio ideologico. Ci sono molti spazi per lavorare insieme al fine di ridurre il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale, sulle quali le riserve rimangono immutate”.
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