Sindrome di Smith Magenis

I nostri figli oltre l’invisibile

Sms è l'acronimo della rara sindrome genetica di Smith Magenis. L’incidenza statistica è uno ogni 25mila persone: il numero dei casi riconosciuti è in crescita negli ultimi anni, ma molte, troppe ancora, sono le diagnosi tardive. La storia di un'associazione di genitori che nella condivisione ha trovato un modo per uscire dalla solitudine e sostenere la ricerca scientifica

di Daria Capitani

A che cosa pensi quando leggi Sms? L’icona di una busta chiusa sullo smartphone. Ci sono almeno 600 persone nel mondo che risponderebbero invece traducendo l’acronimo in Sindrome di Smith Magenis, un disturbo neurocomportamentale a base genetica descritto per la prima volta nel 1982 negli Stati Uniti dalla dottoressa Ann C.M. Smith e da Ruth Ellen Magenis. Se non l’avete mai sentita, un motivo c’è. È una malattia rara, un universo che soltanto in apparenza coinvolge piccoli numeri: si stima che nel mondo circa 300 milioni di persone convivano con una malattia rara (ne ha scritto Nicla Panciera qui).

«La Sms, Smith Magenis Sindrome, è un disturbo genetico complesso, dovuto a un’anomalia sporadica di un tratto del braccio corto del cromosoma numero 17: comporta ritardo motorio e del linguaggio, disturbi del sonno, deficit cognitivo variabile, anomalie craniofacciali e scheletriche, disturbi comportamentali e per questo ha un impatto profondo e significativo sulla vita delle famiglie». A parlare è Stefania Arienti, presidente di Smith Magenis Italia, l’associazione che dal 2015 si spende per la ricerca su una malattia ancora sottodiagnosticata. «L’incidenza statistica è uno ogni 25mila persone. Il numero dei casi riconosciuti è in crescita negli ultimi anni, ma molte, troppe ancora, sono le diagnosi tardive, che precludono spesso la possibilità di strutturare in tempo piani terapeutici adatti alle necessità dei bambini Sms». In collaborazione con il Dipartimento Malattie rare e difetti congeniti del Policlinico Gemelli di Roma, l’associazione si sta adoperando per creare un registro nazionale in cui raccogliere tutti i dati relativi alle espressioni della sindrome e soprattutto alle terapie che hanno dimostrato effetti positivi: «Per noi famiglie, la condivisione è fondamentale», spiega Arienti. Spinge a percorrere chilometri per incontrarsi, dialogare, sensibilizzare insieme sull’importanza della ricerca.

Occhi grandi che riempiono la stanza

Arianna ha due occhi che riempiono la stanza. Vive in provincia di Torino e il suo papà, Fabio Fantone, la racconta così: «Alla Baby-K: da zero a cento in un nanosecondo. Genio e sregolatezza, esuberanza e apatia in un attimo». Giorgia è di Saronno, ha 21 anni, biondina, estroversa gioiosa, golosissima di cioccolata, appassionata di musica e tecnologia, per la quale ha uno spiccato talento. Lorenzo, bolognese, ha dieci anni, ama la pizza, i dolci e i videogiochi. Le loro storie hanno almeno un elemento in comune, l’acronimo Sms.

Una delle ragazze coinvolte nel progetto Oltre l’invisibile insieme allo psicologo clinico non vedente Davide Valacchi.

Arienti, presidente dell’associazione Smith Magenis Italia, descrive così i primi segnali della sindrome: «Nei primi tre/quattro mesi di vita, abbiamo iniziato a notare difficoltà a livello motorio e con i mesi successivi in alcune tappe evolutive». Fantone racconta che «prima di conoscerla per nome, la sindrome si è insinuata attraverso il giudizio e il pregiudizio altrui rispetto alle stranezze della bambina e la colpevolizzazione della nostra genitorialità. È penetrata nelle notti insonni e nei dubbi che generava».

Il trailer della web serie Oltre l’invisibile.

E poi la diagnosi. «Nella nostra famiglia è arrivata con la stessa forza di uno tsunami», ricorda Arienti. «Non esisteva alcuna rete attiva in Italia, abbiamo appreso un po’ di notizie da associazioni estere ma senza opportunità di confronto con altri genitori. Ci siamo sentiti molto soli e lo siamo stati fino al 2014 quando abbiamo deciso di aprire un profilo Social con il nome della sindrome e abbiamo iniziato a interagire con altre famiglie. Di qui il bisogno fortissimo di costituire la nostra associazione». Uno strumento che è tornato utile ad altri genitori, come Ester Montrone: «La diagnosi per mio figlio è arrivata precoce, a 22 mesi, uno shock e una fortuna allo stesso tempo».

Una giornata tipo

«A chi non ha riconosciuto l’accompagnamento definendo i comportamenti dell’allora bimba di nove anni “solo capricci”, ho espresso un solo desiderio: “Provi a stare insieme a lei per sole 24 ore, di fila. Non 24 volte per un’ora ma una volta per 24 ore, e poi sarà lei a dirmi come poter gestire i capricci”. Racconto questo aneddoto per dire che chi non vive il quotidiano non può immaginare o capire», spiega Fantone. «C’è un grado di complessità enorme che non si può raccontare, va vissuto e basta. Quelle che a noi possono sembrare sciocchezze, sono montagne da scalare nella gestione emotiva con loro».

Un momento delle riprese per la web serie “Oltre l’invisibile”.

Quanto è importante fare parte di una rete? «La solitudine è una sensazione che fa parte della mia esperienza ormai da anni e viaggia sul binario parallelo della incomprensione», continua Fantone. «Stiamo in abiti scomodi per noi che li indossiamo, spesso goffi e ridicoli per chi osserva dall’esterno. L’inclusione è come il sociale: tutti ne parlano, in pochi la fanno. Entrare in contatto con chi vive situazioni simili è sicuramente più semplice: basta uno sguardo per capire che la notte non è stata semplice. Poi i percorsi sono sempre personali e non credo ce ne siano di giusti o di sbagliati. L’impegno associazionistico è la stessa cosa: c’è chi è troppo schiacciato dalla fatica personale per guardare fuori dal proprio uscio, chi non ne vuole sapere di condividere e chi non smette di provare a fare qualcosa. E poi c’è chi nel dolore dell’io, cerca di aprirsi a un noi di speranza e di nuove opportunità, per se stessi e per gli altri. Personalmente è questo che mi spinge: pensare e sperare che, oltre alla mia famiglia, possa servire a un benessere collettivo anche di chi ancora non conosciamo».

La ricerca scientifica

Con il Centro malattie rare del Policlinico Gemelli di Roma, l’associazione Smith Magenis Italia ha attivato una sinergia per colmare i vuoti nella definizione di linee guida riconosciute a livello nazionale per diagnosi precoci e indicazioni terapeutiche chiare e condivise. L’impegno costante delle famiglie nella raccolta fondi punta a sostenere questo percorso di ricerca: «Servivano 20mila euro per avviare un progetto di raccolta dati. Ci siamo messi in cammino e abbiamo incontrato il dottor Davide Valacchi, psicologo clinico non vedente che usa il tandem come mezzo di inclusione. È nato un lavoro di squadra grazie alla dottoressa Roberta Onesimo del Gemelli che ci ha permesso di rendere questo studio e il conseguente documento ancora più ricco, vero e dettagliato, aggiungendo ai dati ospedalieri una ricerca del quotidiano raccontato sul campo: direttamente nelle case, nelle scuole e nei centri diurni frequentati dai nostri figli. E così abbiamo raddoppiato il budget di spesa per permettere a Valacchi di svolgere questa ricerca clinica durante tutto il 2023 girando l’Italia in tandem per andare a scoprire le nostre famiglie». Il risultato è oggi visibile su YouTube in una web serie intitilata “Oltre l’invisibile” (si può vedere qui) e realizzata dal regista Riccardo Denaro: «Abbiamo chiesto e bussato a chiunque. Abbiamo creato sinergie meravigliose con privati e altre realtà associative ma a livello economico le raccolte non sono mai abbastanza».

Lo psicologo clinico Davide Valacchi a bordo del tandem con cui è andato a conoscere le famiglie dell’associazione Smith Magenis Italia.

Ci sono tanti modi per raccontare

Le campagne di raccolta fondi hanno trovato varie forme: chi vende la cioccolata, chi fa il mercatino, chi il concerto di beneficenza. Fabio Fantone ha scritto un romanzo, “Sulla Mia Strada”, che racconta con sensibilità e leggerezza la tematica complessa e spesso trascurata delle malattie rare (i proventi spettanti all’autore sono devoluti all’associazione). Ester Montrone ha scelto i versi per lanciare il suo messaggio: con la poesia “Oltre” parteciperà al Concorso nazionale di poesia Dantebus. «Ignorare inteso come il “non conoscere, non sapere” è la prima causa di tutte le fatiche dei nostri ragazzi e delle loro famiglie», spiega Fantone. «Passare informazioni, divulgare, far conoscere credo possa essere una strada reale, concreta, possibile. Farlo attraverso diverse forme d’arte credo abbia la possibilità di trasmettere oltre al contenuto la giusta dose di emozione. Se si riuscisse ad arrivare ai cuori delle persone, offriremmo forse ai nostri ragazzi un mondo migliore nel quale crescere». Il prossimo appuntamento è in Piemonte, in provincia di Torino. Tutte le informazioni qui.

La fotografia in apertura è di Majestic Lukas su Unsplash. Quelle interne all’articolo sono dell’associazione Smith Magenis Italia

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