Welfare

I miei piani contro il racket

Il neopresidente sbloccherà subito i 180 milardi per salvare chi denuncia i cravattari.E alle associazioni che lo accusano di aver scordato i famigliari delle vittimedell'usura...

di Mariateresa Marino

Dal 1990, anno in cui fonda a Palermo l’Acio, associazione di commercianti contro il racket delle estorsioni, Tano Grasso lega il suo nome e la sua attività alla lotta contro ogni forma di “pizzo” che la mafia esige dai commercianti onesti. E proprio in questi giorni Tano Grasso, con la nomina a presidente della Commissione nazionale antiracket e antiusura, voluta dal Consiglio dei ministri, diventa anche il referente “istituzionale” per chi denuncia le estorsioni e per chi è vessato dagli usurai. Una sfida difficile e una «fatica mostruosa», dichiara Grasso, il pioniere dell’associazionismo antiracket, il commerciante di scarpe che 19 anni fa a Capo d’Orlando – in provincia di Messina – si ribellò alla mafia e per la prima volta riunì in associazione le vittime. E per la prima volta, i taglieggiati portarono alla sbarra gli estorsori. E li fecero condannare.
Onorevole Grasso, finalmente sono stati creati gli strumenti operativi per attuare la legge 44 del 1999.
È un segnale importante da parte del governo In realtà il Parlamento ha sempre dato un valore prioritario a questo problema, dapprima con l’approvazione quasi all’unanimità della legge antiracket e adesso con il varo del decreto attuativo che ci consentirà di rendere immediatamente operativa la stessa legge.
Che significato ha la sua nomina a presidente della Commissione?
Essenzialmente ha il valore di un riconoscimento profondo delle nostre battaglie. E dico nostre, perché non è solo Tano Grasso il simbolo di questa lotta, ma tanti come me. Basti ricordare prima di tutti Libero Grassi, e ancora Enzo Lo Sicco, Nino Miceli e tanti altri che hanno creduto nel valore dell’associazionismo, del “fare insieme” le battaglie per poter vincere.
Da quale città partirà il lavoro della Commissione?
Naturalmente da Palermo, la città che ha pianto la morte di Libero Grassi. Bisogna riuscire a sfondare lì il muro d’ombra e d’omertà che ancora resiste. Se le battaglie si cominceranno a vincere lì, dove la mafia è ancora molto forte, avremo già raggiunto importanti risultati.
Alcune associazioni, come l’Adiconsum e la Consulta delle fondazioni antiusura, hanno criticato le novità della legge antiracket, puntando l’indice contro l’impossibilità di accesso ai fondi da parte delle famiglie vittime dei cravattari e contro la mancanza di misure di sostegno agli usurati. Come commenta queste perplessità di una parte dell’associazionismo?
Sulle questioni messe in luce dalle associazioni si può discutere. La Commissione è anche un luogo di confronto e di concertazione sulle misure da prendere in sostegno di tutte le vittime, senza discriminazioni, del racket e dell’usura. Per quanto riguarda l’esclusione delle famiglie dal fondo di solidarietà antiusura, la questione è legata a una diversa logica che ha dettato l’elaborazione della legge antiusura del ’96. Per loro ci sono i 30 miliardi del fondo di solidarietà istituito dopo l’approvazione di quella normativa, contro i 150 del fondo antiracket per le aziende. So che non possono bastare, ma, ripeto, siamo qui per discuterne e decidere strategie nuove di sostegno.
Quale sarà il modello operativo del comitato che andrà a presiedere?
Avrà due compiti fondamentali. Uno riguarda la strategia vera e propria della Commissione, e dunque la capacità di sbloccare subito fondi di solidarietà per dare credibilità al nostro operato e certezze alle vittime. Ma non va trascurato il compito per me ormai “storico”, di mediatore, di raccordo tra le istituzioni e la società civile, in particolare le associazioni. Il principio a cui continuerò a ispirarmi è sempre quello di non combattere da soli contro il racket, ma di denunciare in tanti, attraverso l’associazione, per “annullare”, in un certo senso la paura delle ritorsioni. Bisogna ricordare che chi non denuncia il mafioso che chiede il “pizzo”, lo fa per paura, perché spesso si trova isolato e senza il minimo sostegno. Chi non denuncia il cravattaro, lo fa perché non ha alternative. È anche su queste differenti condizioni che bisogna lavorare. In ogni caso, ciò che le vittime di racket e usura si aspettano è il sostegno dello Stato.
In pratica, come verranno aiutati i commercianti vittime del racket?
Le vittime del pizzo (naturalmente coloro che hanno denunciato l’estorsione) verranno rimborsate subito, nel giro di qualche mese e non di anni come accadeva prima, quando le pratiche di rimborso ristagnavano negli uffici per colpa della burocrazia. Il risarcimento immediato è uno degli obiettivi del lavoro della Commissione. È un segnale di fiducia per la vittima e nello stesso tempo una sfida aperta ai taglieggiatori mafiosi.
Onorevole Grasso, come si può costruire una vera cultura della prevenzione e come si fa a convincere i cittadini ad avere meno paura e più fiducia nelle istituzioni?
Bisogna partire dalla scuola. Va in questa direzione la pubblicazione di un manuale antiracket e antiusura, corredato dalle vignette di Sergio Staino e diffuso in questi mesi nelle scuole. É in questo luogo privilegiato dell’educazione e della formazione che va insegnata la cultura dell’onestà. E poi, bisogna impedire che le persone in difficoltà economiche si rivolgano ai cravattari. Come fare? Per esempio, allargando la rete di solidarietà, di credito alternativo, di fondazioni che servano da sostegno immediato. In questo senso, deve essere lo Stato, e noi della Commissione in quanto “pezzi” delle istituzioni, a fare da garanti. A dare certezze e fiducia.

Risarcire le vittime e favorire le denunce

La legge 44 del 1999, approvata a febbraio dal Parlamento, riscrive la precedente legge antiusura (la 172 del ’92) impantanatasi nelle pastoie burocratiche della distribuzione dei rimborsi alle vittime dei cravattari e degli estortori. Con la nuova legge si volta pagina, anche perché la Commissione il compito di valutare le richieste di contributi e di fare avere in pochi mesi i rimborsi. Il comitato, in carica per quattro anni, comprende rappresentanti dei ministeri dell’Industria, del Tesoro, del Cnel, delle associazioni e della Consap, la concessionaria di servizi assicurativi pubblici. Il Comitato gestirà 150 miliardi del fondo per le vittime del racket, oltre ai 30 miliardi per le vittime dell’usura, “ereditati” dalla legge antiusura 106 del ’96. Per chi è vittima del “pizzo” il rimborso è previsto subito, e alle richieste possono ricorrere tutti coloro che hanno denunciato l’estorsione e che, in conseguenza della denuncia, hanno subito danni. Un finanziamento che aiuta chiunque sia vittima del racket a continuare il proprio lavoro, sorvegliato dello Stato. Un altro obiettivo è di estendere il movimento antiracket e antiusura, con nuove associazioni. Al sud, oggi, ci sono 44 associazioni. Ancora poche se si considera che le regioni più colpite da racket e usura sono Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e Sardegna.

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